Diffamazione e Ingiuria a mezzo di Internet

diffamazioneLa Suprema Corte di Cassazione ha in numerose pronunce affermato come i reati di ingiurie e diffamazione possano essere commessi a mezzo di Internet e anche in questo caso si verifica la lesione del bene giuridico della reputazione, dell’onore e del decoro.

In tal senso basterebbe pensare alla cd. trasmissione via e-mail, per rendersi conto che è certamente possibile che un agente, inviando a più persone messaggi atti ad offendere un soggetto, realizzi la condotta tipica del delitto di ingiuria, nel caso in cui il destinatario è lo stesso soggetto offeso o di diffamazione nel caso in cui i destinatari sono persone diverse.

Se invece l’agente immette il messaggio direttamente in rete, l’azione è, ovviamente, altrettanto idonea a ledere il bene giuridico dell’onore.

Per quanto specificamente riguarda il reato di diffamazione, è infatti noto che esso si consuma anche se la comunicazione con più persone e/o la percezione da parte di costoro del messaggio non siano contemporanee (alla trasmissione) e contestuali (tra di loro), ben potendo i destinatari trovarsi persino a grande distanza gli uni dagli altri, ovvero dell’agente.

Ma, mentre, nel caso, di diffamazione commesso, ad esempio, a mezzo posta, telegramma o  e-mail, è necessario che l’agente compili e spedisca una serie di messaggi a più destinatari, nel caso in cui egli crei o utilizzi uno spazio web, la comunicazione deve intendersi effettuata potenzialmente erqa omnes (sia pure nel ristretto ambito di tutti coloro che abbiano gli strumenti, la capacità tecnica e, nel caso di siti a pagamento, la legittimazione, a connettersi).

Partendo da tale premessa, si giunge agevolmente alla conclusione che l’utilizzo di Internet integra una delle ipotesi aggravate di cui all’art.595 comma 3 C.p. .

La particolare diffusività del mezzo usato per propagare il messaggio denigratorio rende l’agente meritevole di un più severo trattamento penale.

Nè la eventualità che tra i fruitori del messaggio vi sia anche la persona nei cui confronti vengono formulate le espressioni offensive può indurre a ritenere che venga,  integrato il delitto di ingiuria aggravata ai sensi dell’art. 594 comma 4 C.p., piuttosto che quello di diffamazione.

Infatti il mezzo di trasmissione/comunicazione adoperato (Internet), certamente consente, in astratto, anche al soggetto vilipeso di percepire direttamente l’offesa, ma il messaggio è diretto ad una cerchia talmente vasta di fruitori, che l’addebito lesivo si colloca in uno dimensione ben più ampia di quella interpersonale tra offensore ed offeso.

D’altronde, anche per i mass media si verifica la medesima situazione.

Un’offesa propagata dai giornali o dalla radiotelevisione è sicuramente percepibile anche dal diretto interessato, ma la fattispecie criminosa che, in tal modo, si realizza è, pacificamente, quella ex articolo 595 C.p.. non quella ex articolo 594 C.p.

Corte di Cassazione n. 44980/2012

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