DIRETTIVA 2012/29/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

DIRETTIVA 2012/29/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

del 25 ottobre 2012
che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che
sostituisce la decisione quadro 2001/220/GA

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 82, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo,
visto il parere del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria,
considerando quanto segue:
(1) L’Unione si è posta l’obiettivo di mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, la cui pietra angolare è il reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie in materia civile e penale.
(2) L’Unione si è impegnata nella protezione delle vittime di reato e nell’istituzione di norme minime in tale ambito e il Consiglio ha adottato la decisione quadro 2001/220/GAI, del 15 marzo 2001, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale. Nell’ambito del programma di Stoccolma — Un’Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini, adottato dal Consiglio europeo durante la sua riunione del 10 e 11 dicembre 2009, la Commissione e gli Stati membri sono stati invitati a esaminare come migliorare la legislazione e le misure concrete di sostegno per la protezione delle vittime, con particolare attenzione all’assistenza e al riconoscimento di tutte le vittime, incluse, in via prioritaria, le vittime del terrorismo.

(3) A norma dell’articolo 82, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), è possibile stabilire norme minime applicabili negli Stati membri al fine di facilitare il riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie e la cooperazione di polizia e giudiziaria nelle materie penali aventi dimensione transnazionale, in particolare per quanto riguarda i diritti delle vittime della criminalità.
(4) Nella risoluzione del 10 giugno 2011 relativa a una tabella di marcia per il rafforzamento dei diritti e della tutela delle vittime, in particolare nei procedimenti penali (6) («la tabella di marcia di Budapest»), il Consiglio ha dichiarato che si dovrebbero intraprendere azioni a livello di Unione per rafforzare i diritti, il sostegno e la tutela delle vittime di reato. A tal fine e in conformità con la citata risoluzione, la presente direttiva mira a rivedere e a integrare i principi enunciati nella decisione quadro 2001/220/GAI e a realizzare significativi progressi nel livello di tutela delle vittime in tutta l’Unione, in particolare nei procedimenti penali.
(5) Nella risoluzione del 26 novembre 2009 sull’eliminazione della violenza contro le donne, il Parlamento europeo ha esortato gli Stati membri a migliorare le normative e le politiche nazionali volte a combattere tutte le forme di violenza contro le donne e ad affrontarne le cause, in particolare mediante misure di prevenzione, e ha invitato l’Unione a garantire a tutte le vittime di violenza il diritto all’assistenza e al sostegno.
(6) Nella risoluzione del 5 aprile 2011 sulle priorità e sulla definizione di un nuovo quadro politico dell’UE in materia di lotta alla violenza contro le donne (8) il Parlamento europeo ha proposto una strategia di lotta alla violenza contro le donne, alla violenza domestica e alla mutilazione genitale femminile come base per futuri strumenti legislativi di diritto penale contro la violenza di genere, compreso un quadro in materia di lotta alla violenza contro le donne (politica, prevenzione, protezione, procedimento giudiziario, provvedimenti e partenariato), cui dovrà far seguito un piano d’azione dell’Unione. La regolamentazione internazionale in materia include la convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW) adottata il 18 dicembre 1979, le raccomandazioni e decisioni del comitato CEDAW e la convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza contro le donne e la violenza domestica, adottata il 7 aprile 2011.

(7) La direttiva 2011/99/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, sull’ordine di protezione europeo, stabilisce un meccanismo per il reciproco riconoscimento delle misure di protezione in materia penale tra gli Stati membri. La direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e la direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, trattano, tra l’altro, le esigenze specifiche delle particolari categorie di vittime della tratta di esseri umani, degli abusi sessuali sui minori, dello sfruttamento sessuale e della pedopornografia.
(8) La decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo, riconosce che il terrorismo costituisce una delle più gravi violazioni dei principi sui quali l’Unione si fonda, incluso il principio della democrazia, e ribadisce che esso costituisce tra l’altro una minaccia al libero esercizio dei diritti dell’uomo.
(9) Un reato è non solo un torto alla società, ma anche una violazione dei diritti individuali delle vittime. Come tali, le vittime di reato dovrebbero essere riconosciute e trattate in maniera rispettosa, sensibile e professionale, senza discriminazioni di sorta fondate su motivi quali razza, colore della pelle, origine etnica o sociale, caratteristiche genetiche, lingua, religione o convinzioni personali, opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, appartenenza a una minoranza nazionale, patrimonio, nascita, disabilità, età, genere, espressione di genere, identità di genere, orientamento sessuale, status in materia di soggiorno o salute. In tutti i contatti con un’autorità competente operante nell’ambito di un procedimento penale e con qualsiasi servizio che entri in contatto con le vittime, quali i servizi di assistenza alle vittime o di giustizia riparativa, si dovrebbe tenere conto della situazione personale delle vittime e delle loro necessità immediate, dell’età, del genere, di eventuali disabilità e della maturità delle vittime di reato, rispettandone pienamente l’integrità fisica, psichica e morale. Le vittime di reato dovrebbero essere protette dalla vittimizzazione secondaria e ripetuta, dall’intimidazione e dalle ritorsioni, dovrebbero ricevere adeguata assistenza per facilitarne il recupero e dovrebbe essere garantito loro un adeguato accesso alla giustizia.
(10) La presente direttiva non affronta le condizioni di soggiorno delle vittime di reati nel territorio degli Stati membri. Gli Stati membri dovrebbero adottare le misure necessarie affinché i diritti previsti dalla presente direttiva non siano subordinati allo status delle vittime in materia di soggiorno nel loro territorio o alla loro cittadinanza o nazionalità. Per contro, la denuncia del reato e la partecipazione al procedimento penale non creano diritti in ordine allo status della vittima in materia di soggiorno.
(11) La presente direttiva stabilisce norme minime. Gli Stati membri possono ampliare i diritti da essa previsti al fine
di assicurare un livello di protezione più elevato.
(12) I diritti previsti dalla presente direttiva fanno salvi i diritti dell’autore del reato. Il termine «autore del reato» si riferisce a una persona che è stata condannata per un reato. Tuttavia, ai fini della presente direttiva, esso si riferisce altresì a una persona indagata o imputata prima dell’eventuale dichiarazione di responsabilità o della condanna e fa salva la presunzione d’innocenza.
(13) La presente direttiva si applica in relazione ai reati commessi nell’Unione e ai procedimenti penali che si svolgono nell’Unione. Essa conferisce diritti alle vittime di reati extraterritoriali solo in relazione a procedimenti penali che si svolgono nell’Unione. Le denunce presentate ad autorità competenti al di fuori dell’Unione, quali le ambasciate, non fanno scattare gli obblighi previsti dalla presente direttiva.
(14) Nell’applicare la presente direttiva, l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente, conformemente alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e alla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti
del fanciullo adottata il 20 novembre 1989. Le vittime minorenni dovrebbero essere considerate e trattate quali detentori a pieno titolo dei diritti previsti dalla presente direttiva e dovrebbero poter esercitare i loro diritti in un modo che tenga conto della loro capacità di formarsi opinioni proprie.
(15) Nell’applicare la presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero garantire che le vittime con disabilità siano in grado di beneficiare pienamente dei diritti da essa previsti su una base di parità con gli altri, tra l’altro agevolando l’accessibilità ai luoghi in cui si svolge il procedimento penale e l’accesso alle informazioni.
(16) Le vittime del terrorismo hanno subito aggressioni destinate fondamentalmente a ledere la società e possono pertanto aver bisogno di un’attenzione, un’assistenza e una protezione speciali, a motivo della particolare natura del reato commesso nei loro riguardi. Le vittime del terrorismo possono trovarsi particolarmente esposte all’opinione pubblica e hanno spesso bisogno di riconoscimento sociale e di essere trattate in modo rispettoso dalla società. Gli Stati membri dovrebbero pertanto tenere particolarmente conto delle necessità delle vittime del terrorismo e cercare di tutelarne la dignità e la sicurezza.

(17) Per violenza di genere s’intende la violenza diretta contro una persona a causa del suo genere, della sua identità di
genere o della sua espressione di genere o che colpisce in modo sproporzionato le persone di un particolare genere. Può provocare un danno fisico, sessuale, emotivo o psicologico, o una perdita economica alla vittima. La violenza di genere è considerata una forma di discriminazione e una violazione delle libertà fondamentali della vittima e comprende la violenza nelle relazioni strette, la violenza sessuale (compresi lo stupro, l’aggressione sessuale e le molestie sessuali), la tratta di esseri umani, la schiavitù e varie forme di pratiche dannose, quali i matrimoni forzati, la mutilazione genitale femminile e i cosiddetti «reati d’onore». Le donne vittime della violenza di genere e i loro figli hanno spesso bisogno di un’assistenza e protezione speciali a motivo dell’elevato rischio di vittimizzazione secondaria e ripetuta, di intimidazione e di ritorsioni connesso a tale violenza.
(18) La violenza nelle relazioni strette è quella commessa da una persona che è l’attuale o l’ex coniuge o partner della vittima ovvero da un altro membro della sua famiglia, a prescindere dal fatto che l’autore del reato conviva o abbia convissuto con la vittima. Questo tipo di violenza potrebbe includere la violenza fisica, sessuale, psicologica o economica e provocare un danno fisico, mentale o emotivo, o perdite economiche. La violenza nelle relazioni strette è un problema sociale serio e spesso nascosto, in grado di causare un trauma fisico e psicologico sistematico dalle gravi conseguenze in quanto l’autore del reato è una persona di cui la vittima dovrebbe potersi fidare. Le vittime di violenza nell’ambito di relazioni strette possono pertanto aver bisogno di speciali misure di protezione. Le donne sono colpite in modo sproporzionato da questo tipo di violenza e la loro situazione può essere peggiore in caso di dipendenza dall’autore del reato sotto il profilo economico, sociale o del diritto di soggiorno.
(19) Una persona dovrebbe essere considerata vittima indipendentemente dal fatto che l’autore del reato sia identificato, catturato, perseguito o condannato e indipendentemente dalla relazione familiare tra loro. È possibile che anche i familiari della vittima subiscano un danno a seguito del reato. In particolare, i familiari di una persona la cui morte sia stata causata direttamente da un reato potrebbero subire un danno a seguito del reato. La presente direttiva dovrebbe pertanto tutelare anche questi familiari vittime indirette del reato. Tuttavia, gli Stati membri dovrebbero poter stabilire procedure per limitare il numero di familiari ammessi a beneficiare dei diritti previsti dalla presente direttiva. Nel caso di un minore, il minore stesso o, a meno che ciò non sia in contrasto con l’interesse superiore del minore, il titolare della responsabilità genitoriale a nome del minore dovrebbero avere la facoltà di esercitare i diritti previsti dalla presente direttiva. La presente direttiva fa salve eventuali procedure e formalità amministrative nazionali richieste per stabilire che una persona è una vittima.

(20) Il ruolo delle vittime nel sistema giudiziario penale e la possibilità per le stesse di partecipare attivamente al procedimento penale variano tra gli Stati membri, a seconda del sistema nazionale, e dipendono da uno o più dei criteri seguenti: se il sistema nazionale prevede lo status giuridico di parte del procedimento penale; se la vittima è obbligata per legge o invitata a partecipare attivamente al procedimento penale, ad esempio in quanto testimone; se la vittima è legittimata a norma del diritto nazionale a partecipare attivamente al procedimento penale e ne ha fatto richiesta, qualora il sistema nazionale non preveda che le vittime abbiano lo status giuridico di una parte del procedimento penale. Gli Stati membri dovrebbero stabilire quale di questi criteri si applica per determinare la portata dei diritti previsti dalla presente direttiva, laddove vi sono riferimenti al ruolo della vittima nel pertinente sistema giudiziario penale.
(21) Le autorità competenti, i servizi di assistenza alle vittime e i servizi di giustizia riparativa competenti dovrebbero fornire informazioni e consigli con modalità quanto più possibile diversificate e in modo da assicurarne la comprensione da parte della vittima. Tali informazioni e consigli dovrebbero essere forniti in un linguaggio semplice e accessibile. È inoltre opportuno garantire che, nel corso del procedimento, la vittima sia a sua volta compresa, tenendo pertanto conto della sua conoscenza della lingua usata per dare le informazioni, dell’età, della maturità, della capacità intellettiva ed emotiva, del grado di alfabetizzazione e di eventuali menomazioni psichiche o fisiche. Si dovrebbe tenere conto in modo particolare dei problemi di comprensione o di comunicazione che possono sorgere a causa di eventuali disabilità, come problemi di udito o difficoltà di linguaggio. Nel corso del procedimento penale si dovrebbe anche tenere conto di eventuali limitazioni della capacità della vittima di comunicare informazioni.
(22) Ai fini della presente direttiva si dovrebbe considerare che il momento in cui è presentata una denuncia rientra nell’ambito del procedimento penale. Ciò dovrebbe comprendere i casi in cui le autorità avviano d’ufficio il procedimento penale a seguito del reato subito da una vittima.
(23) È opportuno che le informazioni sul rimborso delle spese siano fornite sin dal momento del primo contatto con l’autorità competente, ad esempio indicando in forma scritta le condizioni di base per tale rimborso. Gli Stati membri non dovrebbero avere l’obbligo, in questa prima fase del procedimento penale, di decidere se la vittima interessata soddisfi le condizioni per il rimborso delle spese.

(24) All’atto della denuncia di un reato, la polizia dovrebbe rilasciare alle vittime un avviso di ricevimento scritto della loro denuncia che indichi gli elementi essenziali del reato, quali il tipo di reato, l’ora e il luogo in cui è stato commesso e qualsiasi pregiudizio o danno causato dal reato stesso. Tale avviso di ricevimento dovrebbe comprendere un numero di fascicolo nonché l’ora e il luogo della denuncia del reato per servire come prova dell’avvenuta denuncia del reato, ad esempio in relazione a indennizzi assicurativi.
(25) Fatte salve le norme relative ai termini di prescrizione, il ritardo nella denuncia di un reato per paura di ritorsioni, umiliazioni o stigmatizzazione non dovrebbe dar luogo al rifiuto di rilasciare l’avviso di ricevimento dell’avvenuta denuncia da parte della vittima.
(26) Le informazioni fornite dovrebbero essere sufficientemente dettagliate per garantire che le vittime siano trattate in maniera rispettosa e per consentire loro di prendere decisioni consapevoli in merito alla loro partecipazione al procedimento. A tale riguardo, particolarmente importanti sono le informazioni relative allo stato del procedimento. Altrettanto rilevanti sono quelle che servono alle vittime per decidere se chiedere la revisione di una decisione di non esercitare l’azione. Salvo ove diversamente previsto, dovrebbe essere possibile fornire le informazioni comunicate alla vittima in forma orale o scritta, anche per via elettronica.
(27) Le informazioni destinate alla vittima dovrebbero essere fornite all’ultimo recapito postale conosciuto o alle coordinate elettroniche comunicate dalla vittima all’autorità competente. In casi eccezionali, ad esempio qualora un elevato numero di vittime sia coinvolto in un caso, dovrebbe essere possibile fornire le informazioni tramite la stampa, un sito web ufficiale dell’autorità competente o qualsiasi altro canale di comunicazione analogo.
(28) Gli Stati membri non dovrebbero avere l’obbligo di fornire informazioni la cui divulgazione potrebbe pregiudicare il corretto svolgimento di un procedimento o arrecare danno ad un determinato caso o ad una data persona o siano considerate in contrasto con gli interessi essenziali della loro sicurezza.
(29) Le autorità competenti dovrebbero provvedere affinché la vittima ottenga gli estremi aggiornati della persona cui rivolgersi per comunicazioni sul proprio caso, a meno che non abbia espresso il desiderio di non ricevere tali informazioni.

(30) Il riferimento a una «decisione» nel contesto del diritto all’informazione, all’interpretazione e alla traduzione dovrebbe essere inteso solo come riferimento alla pronuncia di colpevolezza o a una pronuncia che metta altrimenti fine al procedimento penale. I motivi di tale decisione dovrebbero essere forniti alla vittima attraverso una copia del documento che contiene tale decisione o attraverso un breve riassunto.
(31) Il diritto all’informazione sull’ora e il luogo di un processo conseguente alla denuncia relativa a un reato subito dalla vittima si dovrebbe applicare anche all’informazione sull’ora e il luogo di un’udienza relativa all’impugnazione di una pronuncia nella causa.
(32) Dovrebbero essere fornite alle vittime, su richiesta, informazioni specifiche sulla scarcerazione o evasione dell’autore del reato, almeno nei casi in cui possa sussistere un pericolo o un rischio concreto di danno per le vittime, salvo se tale notifica comporti un rischio concreto di danno per l’autore del reato, nel qual caso l’autorità competente dovrebbe tenere conto dell’insieme degli altri rischi nel determinare l’azione appropriata. Il riferimento al «rischio concreto di danno per le vittime» dovrebbe comprendere fattori quali la natura e la gravità del reato e il rischio di ritorsioni. Pertanto, non dovrebbe essere applicato alle situazioni in cui siano stati commessi reati minori e vi sia quindi soltanto un debole rischio di danno per le vittime.
(33) Le vittime dovrebbero essere informate in merito all’eventuale diritto di presentare ricorso avverso una decisione di scarcerazione dell’autore del reato, se tale diritto esiste nell’ordinamento nazionale.
(34) Non si può ottenere realmente giustizia se le vittime non riescono a spiegare adeguatamente le circostanze del reato e a fornire prove in modo comprensibile alle autorità competenti. È altrettanto importante garantire che le vittime siano trattate in maniera rispettosa e siano in grado di far valere i propri diritti. Dovrebbe quindi essere messa a disposizione l’interpretazione gratuita durante l’interrogatorio delle vittime e per consentire loro di partecipare attivamente alle udienze, a seconda del ruolo della vittima nel pertinente sistema giudiziario penale. Per quanto riguarda gli altri aspetti del procedimento, la necessità di un servizio di interpretazione e traduzione può variare a seconda delle specifiche questioni, del ruolo della vittima nel pertinente sistema giudiziario penale, del suo coinvolgimento nel procedimento e di altri specifici diritti di cui goda. In questi altri casi, il servizio di interpretazione e di traduzione deve essere fornito solo nella misura in cui serva alla vittima per esercitare i propri diritti.

(35) La vittima dovrebbe avere il diritto di impugnare una decisione che dichiari che non sussiste la necessità di interpretazione o traduzione, conformemente alle procedure previste dal diritto nazionale. Tale diritto non comporta per gli Stati membri l’obbligo di prevedere un meccanismo separato o una procedura di ricorso con cui tale decisione potrebbe essere impugnata e non dovrebbe prolungare irragionevolmente i procedimenti penali. Sarebbe sufficiente un riesame interno della decisione in conformità delle procedure nazionali esistenti.
(36) Il fatto che la vittima parli una lingua non di uso esteso non dovrebbe costituire di per sé un motivo per decidere che l’interpretazione o la traduzione prolungherebbero irragionevolmente il procedimento penale.
(37) L’assistenza dovrebbe essere disponibile dal momento in cui la vittima è nota alle autorità competenti e nel corso di tutto il procedimento penale e per un congruo periodo di tempo dopo il procedimento penale in funzione delle necessità della vittima e conformemente ai diritti previsti dalla presente direttiva. L’assistenza dovrebbe essere fornita in modi diversi, senza formalità eccessive e prevedendo una sufficiente distribuzione geografica in tutto lo Stato membro che consenta a tutte le vittime di accedere a tali servizi. Le vittime che hanno subito un notevole danno per la gravità del reato potrebbero chiedere servizi di assistenza specialistica.
(38) Alle persone particolarmente vulnerabili o in situazioni che le espongono particolarmente a un rischio elevato di danno, quali le persone vittime di violenze reiterate nelle relazioni strette, le vittime della violenza di genere o le persone vittime di altre forme di reato in uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza o in cui non risiedono dovrebbero essere fornite assistenza specialistica e protezione giuridica. I servizi di assistenza specialistica dovrebbero basarsi su un approccio integrato e mirato che tenga conto, in particolare, delle esigenze specifiche delle vittime, della gravità del danno subito a seguito del reato, nonché del rapporto tra vittime, autori dei reato, minori e loro ambiente sociale allargato. Uno dei principali compiti di tali servizi e del loro personale, che svolgono un ruolo importante nell’assistere la vittima affinché si ristabilisca e superi il potenziale danno o trauma subito a seguito del reato, dovrebbe consistere nell’informare le vittime dei diritti previsti dalla presente direttiva cosicché le stesse possano assumere decisioni in un ambiente in grado di assicurare loro sostegno e di trattarle con dignità e in modo rispettoso e sensibile. I tipi di assistenza che questi servizi specialistici dovrebbero offrire potrebbero includere la fornitura di alloggi o sistemazioni sicure, assistenza medica immediata, rinvio ad esame medico e forense a fini di prova in caso di stupro o aggressione sessuale, assistenza psicologica a breve e lungo termine, trattamento del trauma, consulenza legale, patrocinio legale e servizi specifici per i minori che sono vittime dirette o indirette di reati.
(39) Non è richiesto ai servizi di assistenza alle vittime di fornire direttamente vaste competenze specialistiche e professionali. Se necessario, i servizi di assistenza alle vittime dovrebbero aiutare queste ultime a rivolgersi all’assistenza professionale esistente, quali gli psicologi.
(40) Benché l’offerta di assistenza non debba dipendere dal fatto che le vittime abbiano presentato denuncia in relazione a un reato alle autorità competenti, come la polizia, queste sono spesso le più indicate per informare le vittime delle possibilità di aiuto esistenti. Gli Stati membri sono quindi esortati a instaurare condizioni adeguate che consentano di indirizzare le vittime verso gli specifici servizi di assistenza, garantendo al tempo stesso che gli obblighi in materia di protezione dei dati possano essere e siano rispettati. È opportuno evitare una successione di rinvii.
(41) Si dovrebbe ritenere che il diritto delle vittime di essere sentite sia stato garantito qualora alle stesse sia permesso di rendere dichiarazioni o fornire spiegazioni per iscritto.
(42) Non si dovrebbe precludere il diritto delle vittime minorenni di essere sentite in un procedimento penale unicamente in base al fatto che la vittima è un minore o in base all’età della stessa.
(43) Il diritto alla revisione di una decisione di non esercitare l’azione penale dovrebbe essere inteso come riferito a decisioni adottate da pubblici ministeri e giudici istruttori oppure da autorità di contrasto quali gli agenti di polizia, ma non alle decisioni adottate dalla magistratura giudicante. È opportuno che la revisione di una decisione di non esercitare l’azione penale sia svolta da una persona o da un’autorità diversa da quella che ha adottato la decisione originaria, a meno che la decisione iniziale di non esercitare l’azione penale sia stata adottata dalla massima autorità responsabile dell’esercizio dell’azione penale le cui decisioni non possono formare oggetto di revisione, nel qual caso la revisione può essere svolta da tale stessa autorità. Il diritto alla revisione di una decisione di non esercitare l’azione penale non riguarda le procedure speciali, quali i procedimenti contro membri del parlamento o del governo in relazione all’esercizio della loro funzione ufficiale.

(44) Dovrebbe essere considerata come una decisione che mette fine al procedimento penale la situazione in cui il pubblico ministero decide di ritirare le accuse o di interrompere il procedimento.
(45) La decisione del pubblico ministero che si traduce in una composizione extragiudiziale, ponendo così fine al procedimento penale, esclude le vittime dal diritto alla revisione di una decisione di non esercitare l’azione penale solo se la composizione comporta un avvertimento o un obbligo.
(46) I servizi di giustizia riparativa, fra cui ad esempio la
mediazione vittima-autore del reato, il dialogo esteso ai gruppi parentali e i consigli commisurativi, possono essere di grande beneficio per le vittime, ma richiedono garanzie volte ad evitare la vittimizzazione secondaria e ripetuta, l’intimidazione e le ritorsioni. È opportuno quindi che questi servizi pongano al centro gli interessi e le esigenze della vittima, la riparazione del danno da essa subito e l’evitare ulteriori danni. Nell’affidare un caso ai servizi di giustizia riparativa e nello svolgere un processo di questo genere, è opportuno tenere conto di fattori come la natura e la gravità del reato, il livello del trauma causato, la violazione ripetuta dell’integrità fisica, sessuale o psicologica della vittima, gli squilibri di potere, l’età, la maturità o la capacità intellettiva della vittima, che potrebbero limitarne o ridurne la facoltà di prendere decisioni consapevoli o che potrebbero pregiudicare l’esito positivo del procedimento seguito. In linea di principio i processi di giustizia riparativa dovrebbero svolgersi in modo riservato, salvo che non sia concordato diversamente dalle parti o richiesto dal diritto nazionale per preminenti motivi di interesse pubblico. Situazioni quali minacce o qualsiasi altra forma di violenza perpetrate in questo contesto potranno essere ritenute meritevoli di essere segnalate nell’interesse generale.
(47) Non si dovrebbe pretendere che le vittime sostengano spese per partecipare a procedimenti penali. Gli Stati membri dovrebbero essere tenuti a rimborsare soltanto le spese necessarie delle vittime per la loro partecipazione a procedimenti penali e non dovrebbero essere tenuti a rimborsare le spese legali delle vittime. Gli Stati membri dovrebbero poter imporre condizioni in relazione al rimborso delle spese nel quadro del rispettivo diritto nazionale, tra cui termini per la richiesta di rimborso, importi forfettari per le spese di soggiorno e di viaggio e diaria massima per la perdita di retribuzione. Il diritto al rimborso delle spese in un procedimento penale non dovrebbe sussistere in una situazione nella quale una vittima rende una dichiarazione su un reato. Le spese dovrebbero essere rimborsate solo nella misura in cui la vittima è obbligata o invitata dalle autorità competenti ad essere presente e a partecipare attivamente al procedimento penale.
(48) I beni restituibili sequestrati nell’ambito del procedimento penale dovrebbero essere restituiti il più presto possibile
alla vittima del reato, salvo che ricorrano circostanze eccezionali, quali una controversia riguardante la proprietà o laddove il possesso dei beni o il bene stesso siano illegali. Il diritto alla restituzione dei beni non dovrebbe ostacolare il legittimo mantenimento del sequestro ai fini di altri procedimenti giudiziari.
(49) Il diritto di ottenere una decisione in merito al risarcimento da parte dell’autore del reato e la pertinente procedura applicabile dovrebbero applicarsi anche alle vittime residenti in uno Stato membro diverso da quello in cui è stato commesso il reato.
(50) L’obbligo di trasmettere denunce previsto dalla presente direttiva dovrebbe far salva la competenza degli Stati membri ad avviare un procedimento e lascia impregiudicate le norme sui conflitti di competenza relativi all’esercizio della giurisdizione previste dalla decisione quadro 2009/948/GAI del Consiglio, del 30 novembre 2009, sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all’esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali.
(51) Qualora la vittima abbia lasciato il territorio dello Stato membro in cui è stato commesso il reato, tale Stato membro non dovrebbe più essere tenuto a fornire assistenza, sostegno e protezione, eccetto per quanto è direttamente connesso al procedimento penale che ha avviato in relazione al reato interessato, come le misure speciali di protezione durante il procedimento giudiziario. Lo Stato membro di residenza della vittima dovrebbe fornire l’assistenza, il sostegno e la protezione necessari alle esigenze di recupero della vittima.
(52) Dovrebbero sussistere misure per proteggere la sicurezza e la dignità delle vittime e dei loro familiari da vittimizzazione secondaria e ripetuta, da intimidazione e da ritorsioni, quali provvedimenti provvisori o ordini di protezione o di non avvicinamento.

(53) È opportuno limitare il rischio di vittimizzazione secondaria e ripetuta, di intimidazione e di ritorsioni — da parte dell’autore del reato o a seguito della partecipazione al procedimento penale — svolgendo il procedimento in un modo coordinato e rispettoso, che consenta alle vittime di stabilire un clima di fiducia con le autorità. È opportuno che l’interazione con le autorità competenti avvenga nel modo più agevole possibile ma che si limiti al tempo stesso il numero di contatti non necessari fra queste e la vittima, ricorrendo ad esempio a registrazioni video delle audizioni e consentendone l’uso nei procedimenti giudiziari. È opportuno che gli operatori della giustizia abbiano a disposizione una gamma quanto più varia possibile di misure per evitare sofferenza alle vittime durante il procedimento giudiziario, soprattutto a causa di un eventuale contatto visivo con l’autore del reato, i suoi familiari, i suoi complici o i cittadini che
assistono al processo. A tal fine gli Stati membri dovrebbero essere esortati ad adottare, in particolare in relazione ai tribunali e alle stazioni di polizia, misure pratiche e realizzabili per consentire di creare strutture quali ingressi e luoghi d’attesa separati per le vittime. Inoltre, gli Stati membri dovrebbero, nella misura del possibile, organizzare il procedimento penale in modo da evitare i contatti tra la vittima e i suoi familiari e l’autore del reato, ad esempio convocando la vittima e l’autore del reato alle udienze in orari diversi.
(54) Proteggere la vita privata della vittima può essere un mezzo importante per evitare la vittimizzazione secondaria e ripetuta, l’intimidazione e le ritorsioni, e a tal fine è possibile avvalersi di una serie di provvedimenti fra cui, ad esempio, la non divulgazione, o la divulgazione limitata, di informazioni riguardanti la sua identità e il luogo in cui si trova. Tale protezione è particolarmente importante in caso di vittime minorenni e include la non divulgazione dei nomi. Tuttavia, potrebbero esservi situazioni in cui, eccezionalmente, la divulgazione o addirittura l’ampia diffusione di informazioni possono giovare al minore, ad esempio nei casi di rapimento. Le misure volte a proteggere la vita privata e l’immagine della vittima e dei suoi familiari dovrebbero sempre essere conformi al diritto a un equo processo e alla libertà di espressione, quali riconosciuti dagli articoli 6 e 10, rispettivamente, della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
(55) Nel corso dei procedimenti penali alcune vittime sono particolarmente esposte al rischio di vittimizzazione secondaria e ripetuta, di intimidazione e di ritorsioni da parte dell’autore del reato. È possibile che tale rischio derivi dalle caratteristiche personali della vittima o dal tipo, dalla natura o dalle circostanze del reato. Solo una valutazione individuale, svolta al più presto, può permettere di riconoscere efficacemente tale rischio. Tale valutazione dovrebbe essere effettuata per tutte le vittime allo scopo di stabilire se corrono il rischio di vittimizzazione secondaria e ripetuta, di intimidazione e di ritorsioni e di quali misure speciali di protezione hanno bisogno.
(56) Le valutazioni individuali dovrebbero tenere conto delle caratteristiche personali della vittima, quali età, genere, identità o espressione di genere, appartenenza etnica, razza, religione, orientamento sessuale, stato di salute, disabilità, status in materia di soggiorno, difficoltà di comunicazione, relazione con la persona indagata o dipendenza da essa e precedente esperienza di reati. Dovrebbero altresì tenere conto del tipo o della natura e delle circostanze dei reati, ad esempio se si tratti di reati basati sull’odio, generati da danni o commessi con la discriminazione quale movente, violenza sessuale, violenza in una relazione stretta, se l’autore del reato godesse di una posizione di autorità, se la residenza della vittima sia in una zona ad elevata criminalità o controllata da gruppi criminali o se il paese d’origine della vittima non sia lo Stato membro in cui è stato commesso il reato.
(57) Le vittime della tratta di esseri umani, del terrorismo, della criminalità organizzata, della violenza nelle relazioni strette, di violenza o sfruttamento sessuale, della violenza di genere, di reati basati sull’odio, e le vittime disabili e le vittime minorenni tendono a presentare un elevato tasso di vittimizzazione secondaria e ripetuta, di intimidazione e di ritorsioni. Occorre prestare particolare attenzione quando si valuta se tali vittime corrano il rischio di tale vittimizzazione, intimidazione o di ritorsioni e presumere che trarranno vantaggio da misure speciali di protezione.
(58) È opportuno che le vittime identificate come vulnerabili al rischio di vittimizzazione secondaria e ripetuta, di intimidazione e di ritorsioni possano godere di adeguate misure di protezione durante il procedimento penale. Il preciso carattere di queste misure dovrebbe essere determinato attraverso la valutazione individuale, tenendo conto dei desideri della vittima. La portata di queste misure dovrebbe essere determinata lasciando impregiudicati i diritti della difesa e nel rispetto della discrezionalità giudiziale. Le preoccupazioni e i timori delle vittime in relazione al procedimento dovrebbero essere fattori chiave nel determinare l’eventuale necessità di misure particolari.
(59) Necessità e vincoli operativi immediati possono rendere impossibile assicurare, per esempio, che le audizioni della vittima siano effettuate sempre dallo stesso operatore di polizia; esempi di questi vincoli sono malattia, maternità o congedo parentale. Inoltre, locali opportunamente concepiti per le audizioni delle vittime potrebbero non essere disponibili, ad esempio per causa di rinnovo. Nel caso di tali vincoli operativi o pratici può non essere possibile provvedere al trattamento specialistico delle vittime.

(60) Quando, conformemente alla presente direttiva, deve essere nominato un tutore o un rappresentante per il minore, queste funzioni potrebbero essere svolte dalla stessa persona o da una persona giuridica, un’istituzione o un’autorità.
(61) È opportuno che i funzionari coinvolti in procedimenti penali che possono entrare in contatto personale con le vittime abbiano accesso e ricevano un’adeguata formazione sia iniziale che continua, di livello appropriato al tipo di contatto che intrattengono con le vittime, cosicché siano in grado di identificare le vittime e le loro esigenze e occuparsene in modo rispettoso, sensibile, professionale e non discriminatorio. È opportuno che le persone che possono essere implicate nella valutazione individuale per identificare le esigenze specifiche di protezione delle vittime e determinare la necessità di speciali misure di protezione ricevano una formazione specifica sulle modalità per procedere a tale valutazione. Gli Stati membri dovrebbero garantire tale formazione per i servizi di polizia e il personale giudiziario. Parimenti, si dovrebbe promuovere una formazione per gli avvocati, i pubblici ministeri e i giudici e per gli operatori che forniscono alle vittime sostegno o servizi di giustizia riparativa. Tale obbligo dovrebbe comprendere la formazione sugli specifici servizi di sostegno cui indirizzare le vittime o una specializzazione qualora debbano occuparsi di vittime con esigenze particolari e una formazione specifica in campo psicologico, se del caso. Ove necessario, tale formazione dovrebbe essere sensibile alle specificità di genere. Le azioni degli Stati membri in materia di formazione dovrebbero essere completate da orientamenti, raccomandazioni e scambio di buone prassi, conformemente alla tabella di marcia di Budapest.
(62) Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare le organizzazioni della società civile, comprese le organizzazioni non governative riconosciute e attive che lavorano con le vittime di reato, e collaborare strettamente con esse, in particolare per quanto riguarda le iniziative politiche, le campagne di informazione e sensibilizzazione, i programmi nel campo della ricerca e dell’istruzione, e la formazione, nonché la verifica e valutazione dell’impatto delle misure di assistenza e di protezione di tali vittime. Per prestare alle vittime di reato assistenza, sostegno e protezione adeguate è opportuno che i servizi pubblici operino in maniera coordinata e intervengano a tutti i livelli amministrativi: a livello dell’Unione e a livello nazionale, regionale e locale. Le vittime andrebbero assistite individuando le autorità competenti e indirizzandole ad esse al fine di evitare la ripetizione di questa pratica. Gli Stati membri dovrebbero prendere in considerazione lo sviluppo di «punti unici d’accesso» o «sportelli unici», che si occupino dei molteplici bisogni delle vittime allorché sono coinvolte in un procedimento penale, compreso il bisogno di ricevere informazioni, assistenza, sostegno, protezione e risarcimento.

(63) Al fine di incoraggiare e agevolare la segnalazione di reati e di permettere alle vittime di rompere il ciclo della vittimizzazione ripetuta, è essenziale che siano a loro disposizione servizi di sostegno affidabili e che le autorità competenti siano pronte a rispondere alle loro segnalazioni in modo rispettoso, sensibile, professionale e, non discriminatorio. Ciò potrebbe accrescere la fiducia delle vittime nei sistemi di giustizia penale degli Stati membri e ridurre il numero dei reati non denunciati. Gli operatori preposti a raccogliere denunce di reato presentate da vittime dovrebbero essere adeguatamente preparati ad agevolare la segnalazione di reati, e dovrebbero essere poste in essere misure che consentano a parti terze, comprese le organizzazioni della società civile, di effettuare le segnalazioni. Dovrebbe essere possibile avvalersi di tecnologie di comunicazione, come la posta elettronica, videoregistrazioni o moduli elettronici in linea per la presentazione delle denunce.
(64) La raccolta sistematica e adeguata di dati statistici è un elemento riconosciuto essenziale per la definizione di politiche efficaci in ordine ai diritti previsti dalla presente direttiva. Al fine di agevolare la valutazione dell’attuazione della presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero comunicare alla Commissione i dati statistici relativi all’applicazione delle procedure nazionali in materia di vittime di reato, compresi almeno il numero e il tipo dei reati denunciati e, nella misura in cui tali dati sono noti e disponibili, il numero, il sesso e l’età delle vittime. Dati statistici pertinenti possono includere i dati registrati dalle autorità giudiziarie e dalle autorità di contrasto e, per quanto possibile, i dati amministrativi raccolti dai servizi di assistenza sanitaria e di assistenza sociale e dalle organizzazioni pubbliche e non governative di assistenza alle vittime o dai servizi di giustizia riparativa e di altro tipo che lavorano con le vittime di reato. I dati giudiziari possono includere informazioni sul reato denunciato, il numero di casi oggetto di indagine e le persone processate e condannate. I dati amministrativi inerenti a servizi possono includere, per quanto possibile, informazioni sulle modalità di ricorso delle vittime ai servizi offerti dalle autorità statali e dalle organizzazioni di assistenza pubbliche e private, quali il numero di casi di rinvio da parte della polizia ai servizi di assistenza alle vittime, il numero delle vittime che chiedono, ottengono o non ottengono assistenza o giustizia riparativa.
(65) La presente direttiva è volta a modificare e ad ampliare le disposizioni della decisione quadro 2001/220/GAI. Poiché le modifiche da apportare sono considerevoli per quantità e natura, a fini di chiarezza è opportuno sostituire completamente la suddetta decisione quadro in relazione agli Stati membri che partecipano all’adozione della presente direttiva.

(66) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In particolare, è volta a promuovere il diritto alla dignità, alla vita, all’integrità fisica e psichica, alla libertà e alla sicurezza, il rispetto della vita privata e della vita familiare, il diritto di proprietà, il principio di non-discriminazione, il principio della parità tra donne e uomini, i diritti dei minori, degli anziani e delle persone con disabilità e il diritto a un giudice imparziale.
(67) Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire stabilire norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a motivo della portata e degli effetti potenziali, essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea (TUE). La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(68) I dati personali trattati nell’ambito dell’attuazione della presente direttiva dovrebbero essere protetti conformemente alla decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, sulla protezione dei dati personali trattati nell’ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, e conformemente ai principi stabiliti dalla convenzione del Consiglio d’Europa del 28 gennaio 1981 sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale, che tutti gli Stati membri hanno ratificato.
(69) La presente direttiva non incide sulle disposizioni di più ampia portata contenute in altri atti giuridici dell’Unione che trattano in modo più mirato le specifiche esigenze di particolari categorie di vittime quali le vittime della tratta degli esseri umani e i minori vittime di abuso e sfruttamento sessuale e pedopornografia.
(70) A norma dell’articolo 3 del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al TUE e al TFUE, detti Stati membri hanno notificato che desiderano partecipare all’adozione e all’applicazione della presente direttiva.
(71) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al TUE e al TFUE, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente direttiva, non è da essa vincolata, né è soggetta alla sua applicazione.

(72) Il 17 ottobre 2011 il Garante europeo della protezione dei dati ha espresso un parere basato sull’articolo 41, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

CAPO 1
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Obiettivi

1. Scopo della presente direttiva è garantire che le vittime di reato ricevano informazione, assistenza e protezione adeguate e possano partecipare ai procedimenti penali.
Gli Stati membri assicurano che le vittime siano riconosciute e trattate in maniera rispettosa, sensibile, personalizzata, professionale e non discriminatoria, in tutti i contatti con servizi di assistenza alle vittime o di giustizia riparativa o con un’autorità competente operante nell’ambito di un procedimento penale. I diritti previsti dalla presente direttiva si applicano alle vittime in maniera non discriminatoria, anche in relazione al loro status in materia di soggiorno.
2. Gli Stati membri assicurano che nell’applicazione della presente direttiva, se la vittima è un minore, sia innanzitutto considerato l’interesse superiore del minore e si proceda a una valutazione individuale. Si privilegia un approccio rispettoso delle esigenze del minore, che ne tenga in considerazione età, maturità, opinioni, necessità e preoccupazioni. Il minore e il titolare della potestà genitoriale o altro eventuale rappresentante legale sono informati in merito a eventuali misure o diritti specificamente vertenti sui minori.

Articolo 2
Definizioni

1. Ai fini della presente direttiva si intende per:
a) «vittima»:
i) una persona fisica che ha subito un danno, anche fisico, mentale o emotivo, o perdite economiche che sono stati causati direttamente da un reato;
ii) un familiare di una persona la cui morte è stata causata direttamente da un reato e che ha subito un danno in conseguenza della morte di tale persona;

b) «familiare»: il coniuge, la persona che convive con la vittima in una relazione intima, nello stesso nucleo familiare e in modo stabile e continuo, i parenti in linea diretta, i fratelli e le sorelle, e le persone a carico della vittima;
c) «minore»: una persona di età inferiore agli anni diciotto;
d) «giustizia riparativa»: qualsiasi procedimento che permette alla vittima e all’autore del reato di partecipare attivamente, se vi acconsentono liberamente, alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato con l’aiuto di un terzo imparziale.
2. Gli Stati membri possono stabilire procedure:
a) per limitare il numero di familiari ammessi a beneficiare dei diritti previsti dalla presente direttiva tenendo conto delle circostanze specifiche di ciascun caso; e
b) in relazione al paragrafo 1, lettera a), punto ii), per determinare quali familiari hanno la priorità in relazione all’esercizio dei diritti previsti dalla presente direttiva.

CAPO 2
IINFORMAZIONI E SOSTEGNO
Articolo 3
Diritto di comprendere e di essere compresi

1. Gli Stati membri adottano le misure adeguate per assistere la vittima, fin dal primo contatto e in ogni ulteriore necessaria interazione con un’autorità competente nell’ambito di un procedimento penale, incluso quando riceve informazioni da questa, a comprendere e a essere compresa.
2. Gli Stati membri provvedono a che le comunicazioni fornite alla vittima siano offerte oralmente o per iscritto in un linguaggio semplice e accessibile. Tali comunicazioni tengono conto delle personali caratteristiche della vittima, comprese eventuali disabilità che possano pregiudicare la sua facoltà di comprendere o di essere compreso.
3. Gli Stati membri consentono alla vittima di essere accompagnata da una persona di sua scelta nel primo contatto con
un’autorità competente, laddove, in conseguenza degli effetti del reato, la vittima necessiti di assistenza per comprendere o essere compresa, a condizione che ciò non pregiudichi gli interessi della vittima o l’andamento del procedimento.

Articolo 4
Diritto di ottenere informazioni fin dal primo contatto con
un’autorità competente

1. Gli Stati membri provvedono a che alla vittima siano offerte fin dal primo contatto con un’autorità competente, senza indebito ritardo, e affinché possa accedere ai diritti previsti dalla presente direttiva, le informazioni seguenti:

a) il tipo di assistenza che può ricevere e da chi, nonché, se del caso, informazioni di base sull’accesso all’assistenza sanitaria, ad un’eventuale assistenza specialistica, anche psicologica, e su una sistemazione alternativa;
b) le procedure per la presentazione di una denuncia relativa ad un reato e il ruolo svolto dalla vittima in tali procedure;
c) come e a quali condizioni è possibile ottenere protezione, comprese le misure di protezione;
d) come e a quali condizioni è possibile avere accesso all’assistenza di un legale, al patrocinio a spese dello Stato e a qualsiasi altra forma di assistenza;
e) come e a quali condizioni è possibile l’accesso a un risarcimento;
f) come e a quali condizioni ha diritto all’interpretazione e alla traduzione;
g) qualora risieda in uno Stato membro diverso da quello in cui è stato commesso il reato, quali sono le misure, le procedure o i meccanismi speciali a cui può ricorrere per tutelare i propri interessi nello Stato membro in cui ha luogo il primo contatto con l’autorità competente;
h) le procedure disponibili per denunciare casi di mancato rispetto dei propri diritti da parte dell’autorità competente operante nell’ambito di un procedimento penale;
i) a chi rivolgersi per comunicazioni sul proprio caso;
j) i servizi di giustizia riparativa disponibili;
k) come e a quali condizioni le spese sostenute in conseguenza della propria partecipazione al procedimento penale possono essere rimborsate.
2. L’entità o il livello di dettaglio delle informazioni di cui al paragrafo 1 possono variare in base alle specifiche esigenze e circostanze personali della vittima, nonché al tipo o alla natura del reato. Ulteriori informazioni dettagliate possono essere fornite nelle fasi successive, in funzione delle esigenze della vittima e della pertinenza di tali informazioni in ciascuna fase del procedimento.

Articolo 5
Diritti della vittima al momento della denuncia

1. Gli Stati membri provvedono a che la vittima ottenga un avviso di ricevimento scritto della denuncia formale da essi presentata alla competente autorità di uno Stato membro che indichi gli elementi essenziali del reato interessato.
2. Gli Stati membri assicurano che la vittima che intende presentare una denuncia relativa a un reato e non comprende o non parla la lingua dell’autorità competente abbia la possibilità di presentare la denuncia utilizzando una lingua che comprende o ricevendo la necessaria assistenza linguistica.
3. Gli Stati membri assicurano che la vittima che non comprende o non parla la lingua dell’autorità competente disponga, qualora ne faccia richiesta, della traduzione gratuita, in una lingua che comprende, dell’avviso di ricevimento scritto della sua denuncia di cui al paragrafo 1.

Articolo 6
Diritto di ottenere informazioni sul proprio caso

1. Gli Stati membri provvedono a che la vittima sia informata, senza indebito ritardo, del proprio diritto di ricevere le seguenti informazioni sul procedimento avviato a seguito della denuncia relativa a un reato da essa subito e provvedono a che la stessa ottenga, previa richiesta, tali informazioni:
a) un’eventuale decisione di non esercitare l’azione penale o di non proseguire le indagini o di non perseguire l’autore del reato;
b) la data e il luogo del processo e la natura dei capi d’imputazione a carico dell’autore del reato.
2. Gli Stati membri provvedono a che, secondo il ruolo nel pertinente sistema giudiziario penale, la vittima sia informata, senza indebito ritardo, del proprio diritto di ricevere le seguenti informazioni sul procedimento penale avviato a seguito della denuncia relativa a un reato da essa subito e provvedono a che la stessa ottenga, previa richiesta, tali informazioni:
a) l’eventuale sentenza definitiva di un processo;
b) le informazioni che consentono alla vittima di essere al corrente dello stato del procedimento, salvo in casi eccezionali in cui tale comunicazione potrebbe pregiudicare il corretto svolgimento del procedimento.
3. Le informazioni di cui al paragrafo 1, lettera a), e al paragrafo 2, lettera a), includono la motivazione o una breve sintesi della motivazione della decisione in questione, eccetto il caso di una decisione della giuria o di una decisione qualora le motivazioni siano riservate, nel qual caso le stesse non sono fornite in base alla legge nazionale.
4. La volontà della vittima di ottenere o di non ottenere informazioni vincola l’autorità competente, a meno che tali informazioni non debbano essere comunicate a motivo del diritto della vittima a partecipare attivamente al procedimento penale. Gli Stati membri consentono alla vittima di modificare in qualunque momento la sua volontà e ne tengono conto.
5. Gli Stati membri garantiscono alla vittima la possibilità di essere informata, senza indebito ritardo, della scarcerazione o dell’evasione della persona posta in stato di custodia cautelare, processata o condannata che riguardano la vittima. Gli Stati membri garantiscono che la vittima riceva altresì informazioni circa eventuali pertinenti misure attivate per la sua protezione in caso di scarcerazione o evasione dell’autore del reato.
6. La vittima, previa richiesta, riceve le informazioni di cui al paragrafo 5 almeno nei casi in cui sussista un pericolo o un rischio concreto di danno nei suoi confronti, salvo se tale notifica comporta un rischio concreto di danno per l’autore del reato.

Articolo 7
Diritto all’interpretazione e alla traduzione

1. Gli Stati membri assicurano che la vittima che non comprende o non parla la lingua del procedimento penale in questione sia assistita, previa richiesta, da un interprete secondo il ruolo della vittima previsto nel pertinente sistema giudiziario penale nell’ambito del procedimento penale, gratuitamente, almeno durante le audizioni o gli interrogatori della vittima nel corso del procedimento penale dinanzi alle autorità inquirenti e giudiziarie, inclusi gli interrogatori di polizia, così come per la sua partecipazione attiva alle udienze, comprese le necessarie udienze preliminari.
2. Fatti salvi i diritti della difesa e nel rispetto della discrezionalità giudiziale, è possibile utilizzare tecnologie di comunicazione quali la videoconferenza, il telefono o internet, a meno che la presenza fisica dell’interprete non sia necessaria perché la vittima possa esercitare correttamente i suoi diritti o comprendere il procedimento.
3. Gli Stati membri assicurano che alla vittima che non comprende o non parla la lingua del procedimento penale in questione sia fornita, secondo il ruolo della vittima previsto nell’ambito del procedimento penale dal pertinente sistema giudiziario penale, previa richiesta, la traduzione delle informazioni essenziali affinché possa esercitare i suoi diritti nel procedimento penale in una lingua da essa compresa, gratuitamente, nella misura in cui tali informazioni siano rese accessibili alla vittima. Le traduzioni di tali informazioni comprendono almeno la decisione che mette fine al procedimento penale relativo al reato da essa subito e, previa richiesta della vittima, la motivazione o una breve sintesi della motivazione della decisione, eccetto il caso di una decisione della giuria o di una decisione le cui motivazioni siano riservate, nel qual caso le stesse non sono fornite in base al diritto nazionale.

4. Gli Stati membri assicurano che alla vittima che ha diritto a informazioni sulla data e sul luogo del processo, a norma
dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b),e che non comprende la lingua dell’autorità competente, sia fornita la traduzione delle informazioni che ha diritto a ricevere, previa richiesta.
5. La vittima può presentare una richiesta motivata affinché un documento sia considerato fondamentale. Non vi è l’obbligo di tradurre i passaggi di documenti fondamentali che non sono rilevanti allo scopo di consentire alle vittime di partecipare attivamente al procedimento penale.
6. In deroga ai paragrafi 1 e 3, è possibile fornire una traduzione orale o un riassunto orale di documenti fondamentali, anziché una traduzione scritta, a condizione che tale traduzione orale o riassunto orale non pregiudichi l’equità del procedimento.
7. Gli Stati membri provvedono affinché l’autorità competente valuti se le vittime necessitino dell’interpretazione o della traduzione, come previsto ai paragrafi 1 e 3. La vittima può impugnare una decisione di non fornire l’interpretazione o la traduzione. Le norme procedurali di tale impugnazione sono determinate dal diritto nazionale.
8. L’interpretazione e la traduzione e l’eventuale esame di un’impugnazione avverso una decisione di non fornire l’interpretazione o la traduzione a norma del presente articolo non prolungano irragionevolmente il procedimento penale.

Articolo 8
Diritto di accesso ai servizi di assistenza alle vittime

1. Gli Stati membri provvedono a che la vittima, in funzione delle sue esigenze, abbia accesso a specifici servizi di assistenza riservati, gratuiti e operanti nell’interesse della vittima, prima, durante e per un congruo periodo di tempo dopo il procedimento penale. I familiari hanno accesso ai servizi di assistenza alle vittime in conformità delle loro esigenze e dell’entità del danno subito a seguito del reato commesso nei confronti della vittima.
2. Gli Stati membri agevolano l’indirizzamento delle vittime da parte dell’autorità competente che ha ricevuto la denuncia e delle altre entità pertinenti verso gli specifici servizi di assistenza.
3. Gli Stati membri adottano misure per istituire servizi di assistenza specialistica gratuiti e riservati in aggiunta a, o come parte integrante di, servizi generali di assistenza alle vittime, o per consentire alle organizzazioni di assistenza alle vittime di avvalersi di entità specializzate già in attività che forniscono siffatta assistenza specialistica. In funzione delle sue esigenze specifiche, la vittima ha accesso a siffatti servizi e i familiari vi hanno accesso in funzione delle loro esigenze specifiche e dell’entità del danno subito a seguito del reato commesso nei confronti della vittima.
4. I servizi di assistenza alle vittime e gli eventuali servizi di assistenza specialistica possono essere istituiti come organizzazioni pubbliche o non governative e possono essere organizzati su base professionale o volontaria.
5. Gli Stati membri assicurano che l’accesso a qualsiasi servizio di assistenza alle vittime non sia subordinato alla presentazione da parte della vittima di formale denuncia relativa a un reato all’autorità competente.

Articolo 9
Assistenza prestata dai servizi di assistenza alle vittime

1. I servizi di assistenza alle vittime, di cui all’articolo 8, paragrafo 1, forniscono almeno:
a) informazioni, consigli e assistenza in materia di diritti delle vittime, fra cui le possibilità di accesso ai sistemi nazionali di risarcimento delle vittime di reato, e in relazione al loro ruolo nel procedimento penale, compresa la preparazione in vista della partecipazione al processo;
b) informazioni su eventuali pertinenti servizi specialistici di assistenza in attività o il rinvio diretto a tali servizi;
c) sostegno emotivo e, ove disponibile, psicologico;
d) consigli relativi ad aspetti finanziari e pratici derivanti dal reato;
e) salvo ove diversamente disposto da altri servizi pubblici o privati, consigli relativi al rischio e alla prevenzione di vittimizzazione secondaria e ripetuta, di intimidazione e di ritorsioni.
2. Gli Stati membri incoraggiano i servizi di assistenza alle vittime a prestare particolare attenzione alle specifiche esigenze delle vittime che hanno subito un notevole danno a motivo della gravità del reato.

3. Salvo ove diversamente disposto da altri servizi pubblici o privati, i servizi di assistenza specialistica di cui all’articolo 8, paragrafo 3, sviluppano e forniscono almeno:
a) alloggi o altra eventuale sistemazione temporanea a vittime bisognose di un luogo sicuro a causa di un imminente rischio di vittimizzazione secondaria e ripetuta, di intimidazione e di ritorsioni;
b) assistenza integrata e mirata a vittime con esigenze specifiche, come vittime di violenza sessuale, vittime di violenza di genere e vittime di violenza nelle relazioni strette, compresi il sostegno per il trauma subito e la relativa consulenza.

CAPO 3
PARTECIPAZIONE AL PROCEDIMENTO PENALE
Articolo 10
Diritto di essere sentiti

1. Gli Stati membri garantiscono che la vittima possa essere sentita nel corso del procedimento penale e possa fornire elementi di prova. Quando la vittima da sentire è un minore, si tengono in debito conto la sua età e la sua maturità.
2. Le norme procedurali in base alle quali la vittima può essere sentita nel corso del procedimento penale e può fornire elementi di prova sono stabilite dal diritto nazionale.

Articolo 11
Diritti in caso di decisione di non esercitare l’azione penale

1. Gli Stati membri garantiscono alla vittima, secondo il ruolo di quest’ultima nel pertinente sistema giudiziario penale, il diritto di chiedere il riesame di una decisione di non esercitare l’azione penale. Le norme procedurali per tale riesame sono determinate dal diritto nazionale.
2. Laddove, a norma del diritto nazionale, il ruolo della vittima nel pertinente sistema giudiziario penale è stabilito soltanto in seguito alla decisione di esercitare l’azione penale contro l’autore del reato, gli Stati membri garantiscono almeno alle vittime di gravi reati il diritto di chiedere il riesame di una decisione di non esercitare l’azione penale. Le norme procedurali per tale riesame sono determinate dal diritto nazionale.
3. Gli Stati membri provvedono a che la vittima sia informata, senza indebito ritardo, del proprio diritto di ricevere e di ottenere informazioni sufficienti per decidere se chiedere il riesame di una decisione di non esercitare l’azione penale, previa richiesta.
4. Qualora la decisione di non esercitare l’azione penale sia adottata dalla massima autorità responsabile dell’esercizio dell’azione penale avverso le cui decisioni non è possibile chiedere la revisione secondo il diritto nazionale, la revisione può essere svolta dalla stessa autorità.

5. I paragrafi 1, 3 e 4 non si applicano a una decisione di non esercitare l’azione penale se tale decisione si traduce in una composizione extragiudiziale, sempre che il diritto nazionale disponga in tal senso.

Articolo 12
Diritto a garanzie nel contesto dei servizi di giustizia riparativa

1. Gli Stati membri adottano misure che garantiscono la protezione delle vittime dalla vittimizzazione secondaria e ripetuta, dall’intimidazione e dalle ritorsioni, applicabili in caso di ricorso a eventuali servizi di giustizia riparativa. Siffatte misure assicurano che una vittima che sceglie di partecipare a procedimenti di giustizia riparativa abbia accesso a servizi di giustizia riparativa sicuri e competenti, e almeno alle seguenti condizioni:
a) si ricorre ai servizi di giustizia riparativa soltanto se sono nell’interesse della vittima, in base ad eventuali considerazioni di sicurezza, e se sono basati sul suo consenso libero e informato, che può essere revocato in qualsiasi momento;
b) prima di acconsentire a partecipare al procedimento di giustizia riparativa, la vittima riceve informazioni complete e
obiettive in merito al procedimento stesso e al suo potenziale esito, così come informazioni sulle modalità di controllo dell’esecuzione di un eventuale accordo;
c) l’autore del reato ha riconosciuto i fatti essenziali del caso;
d) ogni accordo è raggiunto volontariamente e può essere preso in considerazione in ogni eventuale procedimento penale ulteriore;
e) le discussioni non pubbliche che hanno luogo nell’ambito di procedimenti di giustizia riparativa sono riservate e possono essere successivamente divulgate solo con l’accordo delle parti o se lo richiede il diritto nazionale per preminenti motivi di interesse pubblico.
2. Gli Stati membri facilitano il rinvio dei casi, se opportuno, ai servizi di giustizia riparativa, anche stabilendo procedure o orientamenti relativi alle condizioni di tale rinvio.

Articolo 13
Diritto al patrocinio a spese dello Stato

Gli Stati membri garantiscono che le vittime che sono parti del procedimento penale abbiano accesso al patrocinio a spese dello Stato. Le condizioni o le norme procedurali in base alle quali le vittime accedono al patrocinio a spese dello Stato sono stabilite dal diritto nazionale.

Articolo 14
Diritto al rimborso delle spese

Gli Stati membri concedono alle vittime che partecipano al procedimento penale la possibilità di ottenere il rimborso delle spese sostenute a seguito di tale attiva partecipazione, secondo il ruolo della vittima nel pertinente sistema giudiziario penale. Le condizioni o le norme procedurali in base alle quali le vittime possono ottenere il rimborso sono stabilite dal diritto nazionale.

Articolo 15
Diritto alla restituzione dei beni

Gli Stati membri provvedono a che, in seguito a una decisione di un’autorità competente, i beni restituibili sequestrati nell’ambito del procedimento penale siano resi senza ritardo alle vittime, tranne quando il procedimento penale imponga altrimenti.
Le condizioni o le norme procedurali in base alle quali tali beni sono restituiti alle vittime sono stabilite dal diritto nazionale.

Articolo 16
Diritto di ottenere una decisione in merito al risarcimento da parte dell’autore del reato nell’ambito del procedimento
penale

1. Gli Stati membri garantiscono alla vittima il diritto di ottenere una decisione in merito al risarcimento da parte dell’autore del reato nell’ambito del procedimento penale entro un ragionevole lasso di tempo, tranne qualora il diritto nazionale preveda che tale decisione sia adottata nell’ambito di un altro procedimento giudiziario.
2. Gli Stati membri promuovono misure per incoraggiare l’autore del reato a prestare adeguato risarcimento alla vittima.

Articolo 17
Diritti delle vittime residenti in un altro Stato membro

1. Gli Stati membri garantiscono che le proprie autorità competenti siano in grado di adottare le misure appropriate
per ridurre al minimo le difficoltà derivanti dal fatto che la vittima è residente in uno Stato membro diverso da quello in
cui è stato commesso il reato, in particolare per quanto concerne lo svolgimento del procedimento. A tal fine le autorità
dello Stato membro in cui è stato commesso il reato devono essere in grado, in particolare:
a) di raccogliere la deposizione della vittima immediatamente dopo l’avvenuta denuncia relativa al reato all’autorità competente;
b) di ricorrere nella misura del possibile, per l’audizione delle vittime che risiedono all’estero, alle disposizioni relative alla videoconferenza e alla teleconferenza di cui alla convenzione del 29 maggio 2000 relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea.

2. Gli Stati membri assicurano che la vittima di un reato perpetrato in uno Stato membro diverso da quello in cui essa risiede possa sporgere denuncia presso le autorità competenti dello Stato membro di residenza qualora non sia stata in grado di farlo nello Stato membro in cui è stato commesso il reato o, in caso di reato grave ai sensi del diritto nazionale di tale Stato membro, qualora non abbia desiderato farlo.
3. Gli Stati membri provvedono affinché l’autorità competente dinanzi alla quale la vittima presenta la denuncia la trasmetta senza indugio all’autorità competente dello Stato membro in cui è stato commesso il reato, qualora la competenza ad avviare il procedimento non sia esercitata dallo Stato membro in cui è stata presentata la denuncia.

CAPO 4
PROTEZIONE DELLE VITTIME E RICONOSCIMENTO DELLE
VITTIME CON SPECIFICHE ESIGENZE DI PROTEZIONE
Articolo 18
Diritto alla protezione

Fatti salvi i diritti della difesa, gli Stati membri assicurano che sussistano misure per proteggere la vittima e i suoi familiari da vittimizzazione secondaria e ripetuta, intimidazione e ritorsioni, compreso il rischio di danni emotivi o psicologici, e per salvaguardare la dignità della vittima durante gli interrogatori o le testimonianze. Se necessario, tali misure includono anche procedure istituite ai sensi del diritto nazionale ai fini della protezione fisica della vittima e dei suoi familiari.

Articolo 19
Diritto all’assenza di contatti fra la vittima e l’autore del reato

1. Gli Stati membri instaurano le condizioni necessarie affinché si evitino contatti fra la vittima e i suoi familiari, se necessario, e l’autore del reato nei locali in cui si svolge il procedimento penale, a meno che non lo imponga il procedimento penale.
2. Gli Stati membri provvedono a munire i nuovi locali giudiziari di zone di attesa riservate alle vittime.

Articolo 20
Diritto delle vittime alla protezione durante le indagini penali

Fatti salvi i diritti della difesa e nel rispetto della discrezionalità giudiziale, gli Stati membri provvedono a che durante le indagini penali:
a) l’audizione della vittima si svolga senza indebito ritardo dopo la presentazione della denuncia relativa a un reato presso l’autorità competente;
b) il numero delle audizioni della vittima sia limitato al minimo e le audizioni abbiano luogo solo se strettamente necessarie ai fini dell’indagine penale;

c) la vittima possa essere accompagnata dal suo rappresentante legale e da una persona di sua scelta, salvo motivata decisione contraria;
d) le visite mediche siano limitate al minimo e abbiano luogo solo se strettamente necessarie ai fini del procedimento penale.

Articolo 21
Diritto alla protezione della vita privata

1. Gli Stati membri provvedono a che le autorità competenti possano adottare, nell’ambito del procedimento penale, misure atte a proteggere la vita privata, comprese le caratteristiche personali della vittima rilevate nella valutazione individuale di cui all’articolo 22, e l’immagine della vittima e dei suoi familiari.
Gli Stati membri provvedono altresì affinché le autorità competenti possano adottare tutte le misure legali intese ad impedire la diffusione pubblica di qualsiasi informazione che permetta l’identificazione di una vittima minorenne.
2. Per proteggere la vita privata, l’integrità personale e i dati personali della vittima, gli Stati membri, nel rispetto della libertà d’espressione e di informazione e della libertà e del pluralismo dei media, incoraggiano i media ad adottare misure di autoregolamentazione.

Articolo 22
Valutazione individuale delle vittime per individuarne le specifiche esigenze di protezione

1. Gli Stati membri provvedono affinché le vittime siano tempestivamente oggetto di una valutazione individuale, conformemente alle procedure nazionali, per individuare le specifiche esigenze di protezione e determinare se e in quale misura trarrebbero beneficio da misure speciali nel corso del procedimento penale, come previsto a norma degli articoli 23 e 24, essendo particolarmente esposte al rischio di vittimizzazione secondaria e ripetuta, di intimidazione e di ritorsioni.
2. La valutazione individuale tiene conto, in particolare, degli elementi seguenti:
a) le caratteristiche personali della vittima;
b) il tipo o la natura del reato; e
c) le circostanze del reato.
3. Nell’ambito della valutazione individuale è rivolta particolare attenzione alle vittime che hanno subito un notevole danno a motivo della gravità del reato, alle vittime di reati motivati da pregiudizio o discriminazione che potrebbero essere correlati in particolare alle loro caratteristiche personali, alle vittime che si trovano particolarmente esposte per la loro relazione e dipendenza nei confronti dell’autore del reato. In tal senso, sono oggetto di debita considerazione le vittime del terrorismo, della criminalità organizzata, della tratta di esseri umani, della violenza di genere, della violenza nelle relazioni strette, della violenza o dello sfruttamento sessuale o dei reati basati sull’odio e le vittime con disabilità.
4. Ai fini della presente direttiva si presume che i minori vittime di reato abbiano specifiche esigenze di protezione essendo particolarmente esposti al rischio di vittimizzazione secondaria e ripetuta, di intimidazione e di ritorsioni. Per determinare se e in quale misura debbano avvalersi delle misure speciali di cui agli articoli 23 e 24, i minori vittime di reato sono oggetto di una valutazione individuale come previsto nel paragrafo 1 del presente articolo.
5. La portata della valutazione individuale può essere adattata secondo la gravità del reato e il grado di danno apparente
subito dalla vittima.
6. La valutazione individuale è effettuata con la stretta partecipazione della vittima e tiene conto dei suoi desideri, compresa la sua eventuale volontà di non avvalersi delle misure speciali secondo il disposto degli articoli 23 e 24.
7. Qualora gli elementi alla base della valutazione individuale siano mutati in modo sostanziale, gli Stati membri provvedono affinché questa sia aggiornata durante l’intero corso del procedimento penale.

Articolo 23
Diritto alla protezione delle vittime con esigenze specifiche di protezione nel corso del procedimento penale

1. Fatti salvi i diritti della difesa e nel rispetto della discrezionalità giudiziale, gli Stati membri provvedono a che le vittime con esigenze specifiche di protezione che si avvalgono delle misure speciali individuate sulla base di una valutazione individuale di cui all’articolo 22, paragrafo 1, possano avvalersi delle misure di cui ai paragrafi 2 e 3 del presente articolo. Una misura speciale prevista a seguito di una valutazione individuale può non essere adottata qualora esigenze operative o pratiche non lo rendano possibile o se vi è urgente bisogno di sentire la vittima e in caso contrario questa o un’altra persona potrebbero subire un danno o potrebbe essere pregiudicato lo svolgimento del procedimento.
2. Durante le indagini penali le vittime con esigenze specifiche di protezione individuate a norma dell’articolo 22, paragrafo 1, possono avvalersi delle misure speciali seguenti:
a) le audizioni della vittima si svolgono in locali appositi o adattati allo scopo;
b) le audizioni della vittima sono effettuate da o tramite operatori formati a tale scopo;

c) tutte le audizioni della vittima sono svolte dalle stesse persone, a meno che ciò sia contrario alla buona amministrazione della giustizia;
d) tutte le audizioni delle vittime di violenza sessuale, di violenza di genere o di violenza nelle relazioni strette, salvo il
caso in cui siano svolte da un pubblico ministero o da un giudice, sono svolte da una persona dello stesso sesso della vittima, qualora la vittima lo desideri, a condizione che non risulti pregiudicato lo svolgimento del procedimento penale.
3. Durante il procedimento giudiziario le vittime con esigenze specifiche di protezione individuate a norma dell’articolo 22, paragrafo 1, possono avvalersi delle misure seguenti:
a) misure per evitare il contatto visivo fra le vittime e gli autori dei reati, anche durante le deposizioni, ricorrendo a mezzi adeguati fra cui l’uso delle tecnologie di comunicazione;
b) misure per consentire alla vittima di essere sentita in aula senza essere fisicamente presente, in particolare ricorrendo ad appropriate tecnologie di comunicazione;
c) misure per evitare domande non necessarie sulla vita privata della vittima senza rapporto con il reato; e
d) misure che permettano di svolgere l’udienza a porte chiuse.

Articolo 24
Diritto dei minori a beneficiare di protezione nel corso del
procedimento penale

1. Se la vittima è un minore gli Stati membri, oltre alle misure di cui all’articolo 23, provvedono affinché:
a) nell’ambito delle indagini penali tutte le audizioni del minore vittima di reato possano essere oggetto di registrazione audiovisiva e tali registrazioni possano essere utilizzate come prova nei procedimenti penali;
b) nell’ambito delle indagini penali e del procedimento, secondo il ruolo della vittima nel pertinente sistema giudiziario penale, le autorità competenti nominino un rappresentante speciale per i minori vittime di reato qualora, ai sensi del diritto nazionale, i titolari della responsabilità genitoriale non siano autorizzati a rappresentare il minore vittima di reato in ragione di un conflitto di interesse con quest’ultimo oppure il minore vittima di reato non sia accompagnato o sia separato dalla famiglia;
c) i minori vittime di reato, qualora abbiano diritto a un avvocato, godano del diritto alla consulenza e rappresentanza legale, in nome proprio, nell’ambito di procedimenti in cui sussiste, o potrebbe sussistere, un conflitto di interessi tra il minore vittima di reato e i titolari della potestà genitoriale.
Le norme procedurali per le registrazioni audiovisive di cui al primo comma, lettera a), e la loro utilizzazione sono determinate dal diritto nazionale.
2. Ove l’età della vittima risulti incerta e vi sia motivo di ritenere che si tratti di un minore, ai fini della presente direttiva
si presume che la vittima sia un minore.

CAPO 5
ALTRE DISPOSIZIONI
Articolo 25
Formazione degli operatori

1. Gli Stati membri provvedono a che i funzionari suscettibili di entrare in contatto con la vittima, quali gli agenti di polizia e il personale giudiziario, ricevano una formazione sia generale che specialistica, di livello appropriato al tipo di contatto che intrattengono con le vittime, che li sensibilizzi maggiormente alle esigenze di queste e dia loro gli strumenti per trattarle in modo imparziale, rispettoso e professionale.
2. Fatta salva l’indipendenza della magistratura e le differenze nell’organizzazione del potere giudiziario nell’ambito dell’Unione, gli Stati membri richiedono che i responsabili della formazione di giudici e pubblici ministeri coinvolti nei procedimenti penali offrano l’accesso a una formazione, sia generale che specialistica, che li sensibilizzi maggiormente alle esigenze delle vittime.
3. Con il dovuto rispetto per l’indipendenza della professione forense, gli Stati membri raccomandano che i responsabili della formazione degli avvocati offrano l’accesso a una formazione, sia generale che specialistica, che sensibilizzi maggiormente questi ultimi alle esigenze delle vittime.
4. Attraverso i loro servizi pubblici o finanziando organizzazioni che sostengono le vittime, gli Stati membri incoraggiano iniziative che consentano a coloro che forniscono servizi di assistenza alle vittime e di giustizia riparativa di ricevere un’adeguata formazione, di livello appropriato al tipo di contatto che intrattengono con le vittime, e rispettino le norme professionali per garantire che i loro servizi siano forniti in modo imparziale, rispettoso e professionale.
5. A seconda delle mansioni svolte e della natura e del livello dei contatti fra l’operatore e le vittime, la formazione mira ad abilitare l’operatore a riconoscere le vittime e a trattarle in maniera rispettosa, professionale e non discriminatoria.

Articolo 26
Cooperazione e coordinamento dei servizi

1. Gli Stati membri adottano azioni adeguate per facilitare la cooperazione tra Stati membri al fine di migliorare l’accesso delle vittime ai diritti previsti dalla presente direttiva e dal diritto nazionale. Tale cooperazione persegue almeno i seguenti obiettivi:
a) scambio di migliori prassi;
b) consultazione in singoli casi; e
c) assistenza alle reti europee che lavorano su questioni direttamente pertinenti per i diritti delle vittime.
2. Gli Stati membri adottano azioni adeguate, anche attraverso internet, intese a sensibilizzare circa i diritti previsti dalla
presente direttiva, riducendo il rischio di vittimizzazione e riducendo al minimo gli effetti negativi del reato e i rischi di vittimizzazione secondaria e ripetuta, di intimidazione e di ritorsioni, in particolare focalizzandosi sui gruppi a rischio come i minori, le vittime della violenza di genere e della violenza nelle relazioni strette. Tali azioni possono includere campagne di informazione e sensibilizzazione e programmi di ricerca e di istruzione, se del caso in cooperazione con le pertinenti organizzazioni della società civile e con altri soggetti interessati.

CAPO 6
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 27
Recepimento

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 16 novembre 2015.
2. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

Articolo 28
Comunicazione di dati e statistiche

Entro il 16 novembre 2017, e successivamente ogni tre anni, gli Stati membri trasmettono alla Commissione i dati disponibili relativi al modo e alla misura in cui le vittime hanno avuto accesso ai diritti previsti dalla presente direttiva.

Articolo 29
Relazione

Entro il 16 novembre 2017 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione in cui valuta in che misura gli Stati membri abbiano adottato le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva, compresa una descrizione delle misure adottate ai sensi degli articoli 8, 9 e 23, corredata se del caso di proposte legislative.

Articolo 30
Sostituzione della decisione quadro 2001/220/GAI

La decisione quadro 2001/220/GAI è sostituita in relazione agli Stati membri che partecipano all’adozione della presente direttiva, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini per il recepimento nel diritto nazionale.
In relazione agli Stati membri che partecipano all’adozione della presente direttiva, i riferimenti alla suddetta decisione quadro si intendono fatti alla presente direttiva.

Articolo 31
Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Articolo 32
Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente ai trattati.

Fatto a Strasburgo, il 25 ottobre 2012
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
A. D. MAVROYIANNIS

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