Diritto di Cronaca. Film diretto da Sydney Pollack

Diritto di CronacaDiritto di Cronaca (titolo originale Absence of Malice) è un film drammatico del 1981 che con la regia di Sydney Pollack e l’interpretazione di Paul Newman, Sally Field e Melinda Dillon ottiene ben tre nomination agli Oscar nel 1982 e due nomination al Golden Globe sempre nello stesso anno. La pellicola cinematografica affronta la questione sociale dell’informazione giornalistica e della libertà di stampa, con riguardo alla tutela della reputazione altrui, tematica oggetto di perenni dibattiti pubblici e giuridici, ora come allora.

Diritto di Cronaca è ambientato a Miami, in Florida, dove a seguito della morte di un sindacalista, una giovane giornalista del luogo Megan Carter (alias Sally Field) dopo aver preso contatti con la polizia e dietro la manipolazione dell’investigatore Rosen, inizia una inchiesta parallela su Michael Gallager (alias Paul Newman), grossista di liquori, perfetto responsabile del delitto in quanto figlio di un mafioso. I due protagonisti principali, legati sul piano privato da una relazione amorosa ma distanti sul piano pubblico, con una serie di articoli scritti da Megan Carter e pubblicati sul “Miami Standard” nei quali Michael Gallager viene indicato quale unico colpevole, conducono lo spettatore nell’abisso del dovere e del potere dell’informazione giornalistica, dalla verità della notizia di interesse pubblico al rispetto dell’onore e della reputazione delle persone interessate dalla stessa.

Alcune riflessioni giuridiche.

Come recentemente ricordato dal giudice delle leggi (ordinanza n. 132 del 2020), nell’ambito della libertà di manifestazione del pensiero, diritto fondamentale riconosciuto come “coessenziale al regime di libertà garantito dalla Costituzione” (Corte Cost. sentenza n. 11 del 1968), vera e propria “pietra angolare dell’ordine democratico” (Corte Cost. sentenza n. 84 del 1969) e “cardine di democrazia nell’ordinamento generale” (Corte Cost. sentenza n. 126 del 1985 e, di recente, Corte Cost. sentenza n. 206 del 2019), la libertà di stampa “assume un’importanza peculiare, in ragione del suo ruolo essenziale nel funzionamento del sistema democratico (sentenza n. 1 del 1981), nel quale al diritto del giornalista di informare corrisponde un correlativo “diritto all’informazione” dei cittadini: un diritto quest’ultimo “qualificato in riferimento ai princìpi fondanti della forma di Stato delineata dalla Costituzione, i quali esigono che la nostra democrazia sia basata su una libera opinione pubblica e sia in grado di svilupparsi attraverso la pari concorrenza di tutti alla formazione della volontà generale“, e “caratterizzato dal pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie […] in modo tale che il cittadino possa essere messo in condizione di compiere le sue valutazioni avendo presenti punti di vista differenti e orientamenti culturali contrastanti (Corte Cost.. sentenza n. 112 del 1993, richiamata dalla sentenza n. 155 del 2002)” (Corte Cost., sentenza n. 206 del 2019).

Non v’è dubbio pertanto che l’attività giornalistica meriti di essere “salvaguardata contro ogni minaccia o coartazione, diretta o indiretta” (Corte Cost. sentenza n. 172 del 1972) che possa indebolire la sua vitale funzione nel sistema democratico, ponendo indebiti ostacoli al legittimo svolgimento del suo ruolo di informare i consociati e di contribuire alla formazione degli orientamenti della pubblica opinione, anche attraverso la critica aspra e polemica delle condotte di chi detenga posizioni di potere.

Quali sono i confini tra il diritto d’informare (la collettività) con la rilevanza pubblica della notizia e l’altrui vita privata, con conseguente rispetto e tutela della stessa.

L’ordinamento italiano (art. 51 C.p.) ispirato al principio “qui iure suo utitur neminem laedit” garantisce il diritto di cronaca (così come il diritto di critica e di satira) escludendone l’imputabilità (del giornalista) purchè condizionato all’esistenza dei seguenti presupposti: la verità oggettiva della notizia pubblicata; l’interesse pubblico alla conoscenza del fatto (cosiddetta pertinenza); la correttezza formale dell’esposizione (cosiddetta continenza).

Al riguardo va rammentato che, ai fini dello scrutinio circa la sussistenza dell’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca e l’osservanza dei limiti del medesimo, bisogna avere riguardo alla verità, quale risulta al momento in cui la notizia viene diffusa e non già a quanto venga successivamente accertato; sicché l’eventuale discrepanza tra i fatti narrati e quelli effettivamente accaduti non esclude che possa essere invocato l’esercizio del diritto di cronaca, anche sotto il profilo della putatività, quando l’agente, pur avendo assolto tutti gli oneri connessi all’obbligo di un adeguato controllo delle notizie che intende diffondere, si trovi ad avere una percezione difettosa o erronea della realtà (Cass., Sez. 5, n. 8894 del 22/05/2000).

Con riferimento al diritto di critica, la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di puntualizzare che esso non si concreta, come quello di cronaca, nella mera narrazione veritiera di fatti, ma si esprime in un giudizio che, come tale, non può che essere soggettivo rispetto ai fatti stessi, fermo restando che il fatto presupposto ed oggetto della critica deve corrispondere a verità, sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze oggettive, così come accade per il diritto di cronaca (Cass., 6 Aprile 2011, n. 7847).

Ed ancora più precisamente, si è affermato che l’esimente del diritto di critica è configurabile quando il discorso giornalistico abbia un contenuto prevalentemente valutativo e si sviluppi nell’alveo di una polemica intensa e dichiarata su temi di rilevanza sociale, senza trascendere in attacchi personali, finalizzati all’unico scopo di aggredire la sfera morale altrui, non richiedendosi neppure, a differenza di quanto si verifica con riguardo al diritto di cronaca, che la critica sia formulata con riferimento a precisi dati fattuali, sempre che il nucleo ed il profilo essenziale dei fatti non siano strumentalmente travisati e manipolati (Cass., Sez. 5, n. 11662 del 6/2/2007).

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