Il concetto del dissenso fonda le sue radici in ambito costituzionale e si pone quale forma di garanzia per la tutela dei diritti e delle libertà costituzionali, sui quali si erige l’ordinamento democratico.
L’orizzonte molto ampio del dissenso assume un particolare rilievo con riferimento al diritto di critica e al diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero come stabilito dall’art. 21 della Costituzione Italiana: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione“.
Il dissenso, in tale ottica, è una manifestazione esplicita e in forma critica di una propria idea o parere contrario all’interno di una determinata tematica, che può essere sociale, culturale o politica.
Del resto, la critica in ambito lavorativo e professionale è al centro della riflessione recente della giurisprudenza di legittimità che ha mostrato ampie aperture nel senso della valorizzazione del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero anche di forte dissenso, purché questo non implichi, da un lato, la manipolazione della verità oggettiva dei fatti, dall’altro, il superamento della forma espositiva corretta, strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione, e la gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione (cit. Cass. n.15624/2021).
Non rientrano, dunque, necessariamente e di per sé nell’alveo della punibilità l’utilizzo di termini che, sebbene oggettivamente offensivi, hanno anche il significato di mero giudizio critico negativo di cui si deve tenere conto alla luce del complessivo contesto in cui il termine viene utilizzato; piuttosto, una critica veicolata anche attraverso toni espressivi forti ed offensivi diviene diffamatoria quando travalica i limiti predetti (cfr., da ultimo, Cass., Sez. 5, n. 17243 del 19/2/2020).
Menzione a parte merita la complessa problematica dell’hate speech.
Ma quale è il reale confine tra diritto di critica o manifestazione del pensiero e reato di diffamazione?
Invero, più volte la giurisprudenza di legittimità ha sottolineato, sia in tema di diffamazione a mezzo stampa e diritto di cronaca che in ambito di critica politica (cfr., per tutte, Cass., Sez. 5, n. 57005 del 27/9/2018; Cass., Sez. 5, n. 7798 del 27/11/2018), che, ai fini dell’applicazione dell’esimente dell’esercizio del diritto di critica è necessario che l’autore dello scritto o delle propalazioni non abbia manipolato le notizie o non le abbia rappresentate in forma incompleta, in maniera tale che, per quanto il risultato complessivo contenga un nucleo di verità, l’operazione stravolga il fatto nella sua rappresentazione: è lo stravolgimento del fatto, la sua manipolazione che ne travisi strumentalmente il senso, che impedisce l’attivarsi del diritto espressione della libertà di manifestazione del pensiero tutelata dall’art. 21 della Costituzione (per tale prospettiva, cfr. soprattutto Cass., Sez. 5, n. 31263 del 14/9/2020, e Cass., Sez. 5, n. 11662 del 6/2/2007) – (cit. Cass. n.15624/2021).