Donna Olimpia, all’anagrafe Olimpia Maidalchini, (Viterbo, 26 Maggio 1591 – San Martino al Cimino, 26 Settembre 1657), è stata una delle più grandi protagoniste femminili della Roma del Seicento.
Avida, assetata di denaro e di potere, arrogante, temeraria fino alla sua morte Donna Olimpia rimane tuttora una figura leggendaria nella cultura popolare romana.
Destinata a diventare suora e a trascorrere la sua vita in un convento Donna Olimpia si oppone a tale sorte accusando di abusi sessuali la sua guida spirituale. Ciò le consente di ritirarsi dal convento e di sposare, certamente non per amore, il nobile e facoltoso proprietario terriero Paolo Nini, che per sua fortuna muore dopo solo tre anni di matrimonio lasciandola ancora giovane e molto ricca.
Qualche anno più tardi sposa il nobile Pamphilio Pamphilj, con lo scopo di entrare a far parte della nobile famiglia romana e si trasferisce a vivere nel palazzo di famiglia sito a Piazza Navona. In particolare ciò a cui Donna Olimpia ambisce è la diretta parentela con il fratello del marito, Giovanni Battista, futuro Papa Innocenzo X.
Il rapporto tra Donna Olimpia e il cognato, che nel frattempo viene eletto Papa Innocenzo X, alimenta i pettegolezzi e le maldicenze del popolo romano che insinua che tra i due ci fosse qualcosa di più di un semplice rapporto affettivo-spirituale. Nel contempo con la morte del marito avvenuta nel 1639 e l’elezione del cognato con il nome di papa Innocenzo X, Donna Olimpia diventa la donna più potente, più odiata e più venerata di Roma, accumulando negli anni beni e ricchezze. Il popolo romano conia per lei l’appellativo di “la Papessa” e ancora con disprezzo la “Pimpaccia”.
Quando nel 1655, il papa Innocenzo X muore Donna Olimpia è costretta a lasciare Roma e si ritira portando con sè la maggior parte dei suoi beni nelle sue tenute viterbesi di San Martino al Cimino dove muore nel 1657.
La leggenda narra che la notte del sette Gennaio (data della morte di Innocenzo X) una carrozza con una donna al suo interno corre a tutta velocità dal palazzo di Piazza Navona fino a Ponte Sisto, per poi gettarsi nelle fredde acque del Tevere.