Elemento soggettivo nell’omicidio preterintenzionale
Dispositivo dell’art. 584 Codice Penale
Chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli 581 e 582, cagiona la morte di un uomo, è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni.
Muovendosi in una prospettiva coerente con i valori costituzionali, la giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. 5, n. 5515 del 18/01/2019, non massimata) ha rilevato come l’incriminazione di cui all’art. 584 cod. pen. presenta caratteri distintivi che definiscono la configurazione dell’elemento soggettivo, al pari di quella dell’elemento oggettivo, avendo il legislatore inteso presidiare con una sanzione specifica e particolarmente severa quelle fattispecie che si caratterizzino per la commissione di atti di diretta aggressione all’integrità fisica del soggetto passivo: vale a dire per la commissione di condotte che, per loro intrinseca natura, esprimono più di ogni altra il pericolo che vengano innescati processi causali in grado di degenerare nell’uccisione di colui che le subisce (Cass., Sez. 5, n. 35015 del 03/05/2016).
La soluzione si colloca nel solco dell’orientamento tradizionale della Corte di legittimità, in forza del quale (v., ad es., Sez. 5, n. 51233 del 09/10/2019,), ai fini dell’integrazione dell’omicidio preterintenzionale, è necessario che l’autore dell’aggressione abbia commesso atti diretti a percuotere o ledere e che esista un rapporto di causa ed effetto tra gli atti predetti e l’evento letale, senza necessità che la serie causale che ha prodotto la morte rappresenti lo sviluppo dello stesso evento di percosse o di lesioni voluto dall’agente (Sez. 5, n.41017 del 12/07/2012, n. 1008 del 1986). Il che, del resto, si accorda pienamente col tradizionale principio causa causae est causa causati che, pur temperato dal criterio di regolarità causale, è anch’esso riconosciuto applicabile dalla giurisprudenza (v. Sez. I, n. 654 del 18/04/1966). Siffatta impostazione ermeneutica rende anche ragione dell’ulteriore regula iuris, che è agevole trarre da altro precedente giurisprudenziale (Sez. 5, n. 3946/03 del 03/12/2003), secondo cui deve ritenersi realizzato il nesso causale quando la morte sia conseguenza di una specifica situazione di pericolo cagionata dalla condotta intenzionale del reo, volta a percuotere o ledere il soggetto passivo.
La medesima Sez. 5 n. 51233 del 09/10/2019, traendo da tale premessa le necessarie conseguenze quanto ai risvolti psicologici, aggiunge «come sia ormai superata, nella giurisprudenza di legittimità, la teoria per la quale in passato si
riteneva che l’omicidio preterintenzionale fosse punibile a titolo di dolo misto a colpa. Si è, infatti, pervenuti, all’approdo interpretativo secondo cui l’elemento psicologico del reato in questione è costituito soltanto dalla volontà di infliggere percosse o provocare lesioni; in tal senso si è espressa, invero, del tutto condivisibilmente, questa Corte nell’affermare la tesi secondo cui, in tema di omicidio preterintenzionale, l’elemento soggettivo è costituito, non già da dolo e responsabilità oggettiva né da dolo misto a colpa, ma unicamente dal dolo di percosse o lesioni, in quanto la disposizione di cui all’art. 43 cod. pen. assorbe la prevedibilità di evento più grave nell’intenzione di risultato (Sez. 5, n. 13673 del 08/03/2006)».
Nello stesso senso si è espressa Sez. 5, n. 791 del 18/10/2012 – dep. 08/01/2013, che ha approfondito il tema sul piano della compatibilità di siffatta conclusione con l’art. 27 Cost., in un consapevole confronto con le ampie riflessioni sviluppate, quanto alla responsabilità ex art. 586 cod. pen., da Sez. U, n. 22676 del 22/01/2009).
In altri termini, l’evento morte deve costituire il prodotto della specifica situazione di pericolo generata dal reo con la condotta intenzionale volta a ledere o percuotere una persona, con la conseguenza che se la morte della vittima è del tutto estranea all’area di rischio attivato con la condotta iniziale, intenzionalmente diretta a percuotere o provocare lesioni, ed è, invece, conseguenza di un comportamento successivo, l’evento mortale non può essere imputato a titolo preterintenzionale, ma deve essere punito a titolo di colpa, in quanto effetto di una serie causale diversa da quella avente origine dall’evento di percosse o lesioni dolose (Sez. 5, n. 5155 del 18/01/2019).
Ciò implica che la prevedibilità ex lege dell’evento morte rispetto alle lesioni deve essere verificata anche alla luce della collocazione del primo nell’area di rischio innescata dalla condotta lesiva: collocazione normalmente ravvisabile ma astrattamente suscettibile di essere messa in discussione in casi limite; (cit. Corte di Cassazione, Sez. V, 21/01/2022, n. 15269)