La tutela della garanzia per i vizi dell’oggetto della compravendita viene analizzata dalla giurisprudenza di legittimità nella sentenza della Suprema Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, n.18672 del 2019.
Una parte rilevante delle disposizioni codicistiche in tema di vendita concerne le garanzie cui il venditore è tenuto nei confronti del compratore e, in particolare, la garanzia per evizione, la garanzia per vizi (artt. 1490-1496 C.c.), la mancanza di qualità (art. 1497 C.c.) e la garanzia di buon funzionamento (art. 1512 C.c.).
La riconducibilità di tutte tali ipotesi ad un medesimo fondamento è tuttora discussa in dottrina e giurisprudenza, così come non è del tutto pacifica la natura giuridica delle stesse, anche in ragione della disciplina articolata e non univoca predisposta dal legislatore. Le questioni prospettate attengono alla garanzia per il c.d. vizio redibitorio, cioè il vizio che rende la cosa venduta inidonea all’uso cui è destinata o ne diminuisce in modo apprezzabile il valore (art. 1490 C.c.). Tale garanzia è espressamente contemplata dall’art. 1476, n. 3, C.c. che la include tra le obbligazioni principali del venditore. Gli effetti della garanzia sono delineati dal comma 1 dell’art. 1492 C.c. il quale prevede che, nei casi di cui all’art. 1490 C.c., il compratore può domandare a sua scelta la risoluzione del contratto (azione redibitoria), ovvero la riduzione del prezzo (azione estimatoria, o quanti minoris), salvo che, per determinati vizi, gli usi escludano la risoluzione. La scelta tra le due forme di tutela può avvenire fino al momento della proposizione della domanda giudiziale e da tale momento è irrevocabile.
Alla risoluzione del contratto conseguono effetti restitutori in quanto il venditore è tenuto a restituire il prezzo e a rimborsare al compratore le spese e i pagamenti sostenuti per la vendita, mentre il compratore deve restituire la cosa, a meno che questa non sia perita a causa dei vizi (art. 1493 C.c.).
L’art. 1494 C.c. riconosce, inoltre, al compratore il diritto al risarcimento del danno, a meno che il venditore non dimostri di aver ignorato senza sua colpa l’esistenza dei vizi. Il venditore è, altresì, tenuto a risarcire i danni derivanti dai vizi (art. 1494, comma 2, C.c.).
Si ritiene che, mentre la responsabilità risarcitoria del venditore presuppone che egli versi in una situazione di colpa, i rimedi di cui all’art. 1492 C.c., invece, prescindono da questa e sono azionabili per il fatto oggettivo della esistenza dei vizi.
La garanzia resta esclusa se, al momento della conclusione del contratto, il compratore era a conoscenza dei vizi o questi erano facilmente riconoscibili secondo l’ordinaria diligenza, a meno che il venditore abbia dichiarato che la cosa ne era esente (art. 1491 C.c.).
La garanzia può anche essere esclusa o limitata pattiziamente ma tale patto non vale se il venditore abbia in malafede taciuto al compratore i vizi da cui era affetta la cosa (art. 1490, comma 2 C.c.).
L’esercizio delle azioni previste dall’art. 1492 C.c. (cc.dd. azioni edilizie) è circoscritto temporalmente attraverso la previsione di un duplice termine, di decadenza e di prescrizione. Infatti, ai sensi dell’art. 1495, comma 1, C.c., il compratore decade dal diritto di garanzia se non denuncia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta, ma le parti possono stabilire convenzionalmente un termine diverso. Nel caso in cui il venditore abbia riconosciuto l’esistenza del vizio o lo abbia occultato, la denuncia non è necessaria.
L’art. 1495, comma 3, C.c. prevede, inoltre, un breve termine di prescrizione disponendo che l’azione si prescrive in ogni caso in un anno dalla consegna. Tuttavia, convenuto in giudizio per l’esecuzione del contratto, il compratore può sempre far valere la garanzia, purché il vizio sia stato denunciato entro il termine di decadenza e prima che sia decorso un anno dalla consegna. Agli stessi termini si ritiene soggetta anche l’azione di risarcimento del danno.
L’art. 1497 C.c. contempla, altresì, in favore del compratore un rimedio per la mancanza di qualità promesse o essenziali per l’uso cui è destinata, soggetto anch’esso ai termini di decadenza e prescrizione di cui all’art. 1495 C.c.
Proprio al fine di svincolare l’acquirente dai limiti imposti dall’art. 1495 C.c. ed assicurargli una tutela più ampia, la giurisprudenza ha elaborato la figura dell’ aliud pro alio datum, la quale ricorre quando vi è diversità qualitativa tra la cosa consegnata e quella pattuita, ovvero anche in ipotesi di vizi di particolare gravità. In tal caso la tutela del compratore è assicurata attraverso i rimedi ordinari dell’azione di risoluzione e di esatto adempimento secondo il termine di prescrizione ordinario, oltre che con il risarcimento del danno.
Parte della dottrina (seguita pure da un circoscritto filone giurisprudenziale), sempre al fine di garantire una tutela più ampia al compratore e ispirandosi alla normativa comunitaria relativa ai beni di consumo, si era anche orientata a riconoscere al compratore l’azione di esatto adempimento, cioè la possibilità di agire in giudizio per ottenere la riparazione o sostituzione del bene. Tale possibilità è stata, tuttavia, espressamente esclusa dalla giurisprudenza di legittimità (Cassazione Sezioni Unite, sentenza n. 19702 del 2012), affermando che il compratore non dispone, neppure a titolo di risarcimento del danno in forma specifica, di un’azione “di esatto adempimento” per ottenere dal venditore l’eliminazione dei vizi della cosa venduta, rimedio che gli compete soltanto in particolari ipotesi di legge (garanzia di buon funzionamento, vendita dei beni di consumo) o qualora il venditore si sia specificamente impegnato alla riparazione del bene.
Per quanto concene la natura giuridica della responsabilità della garanzia per i vizi, la stessa ha costituito oggetto di ampie e diversificate tesi, che hanno spaziato tra quella che individua nella garanzia una vera e propria assicurazione contrattuale a quella che la colloca nell’ambito della teoria dell’errore, quale vizio del consenso, ovvero da quella che ha posto riferimento all’istituto della presupposizione a quella che ha ravvisato un caso particolare di applicazione delle regole sulla responsabilità precontrattuale.
All’interno della dottrina prevalente risultano, poi, diversificate le opinioni in ordine all’identificazione dell’obbligazione da ritenere inadempiuta, nel caso di vizi della cosa oggetto di compravendita.
Sul punto è intervenuto un risolutivo inquadramento operato dalle Sezioni Unite con la recente sentenza n. 11748 del 3 Maggio 2019.
Con essa è stata ricondotta ad un tipo di responsabilità per inadempimento che deriva dall’inesatta esecuzione del contratto sul piano dell’efficacia traslativa per effetto delle anomalie che inficiano il bene oggetto dell’alienazione, ovvero che lo rendano inidoneo all’uso cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore, e sempre che i vizi siano preesistenti alla conclusione del contratto, tenuto anche conto che, ai sensi dell’art. 1477, comma 1, C.c., il bene deve essere consegnato dal venditore nello stato in cui si trovava al momento della vendita.
Corte di Cassazione Civile Sent. Sez. U Num. 18672 Anno 2019