Gaspara Stampa

gaspara stampaGaspara Stampa (Padova, 1523 – Venezia, 23 Aprile 1554) è stata una famosa poetessa e donna di lettere del Sedicesimo secolo.

Appartenente ad una famiglia borghese di origine milanese Gaspara Stampa trascorre, a seguito della morte del padre, la sua infanzia e adolescenza nella città di Venezia con la madre, la sorella Cassandra e il fratello Baldassarre. Nella città lagunare nonostante le ristrettezze economiche della famiglia, riesce a studiare e ad istruirsi trasformandosi con il passare degli anni in una donna colta e raffinata.

La sua bellezza e il suo fascino attira gli uomini intellettuali nonchè nobili e artisti dell’epoca, con la conseguenza che al sua casa diventa uno dei più rinomati luoghi culturali e mondani dell’alta società veneziana.

Si presume che la sua indole anticonformista e estroversa la porti a intraprendere diverse relazioni amorose sebbene il suo unico grande amore, storicamente accertato, rimane quello manifestato verso il conte Collaltino di Collalto, un militare e poeta italiano. Un amore fortemente passionale e tormentato ma quasi certamente unilaterale considerata la personalità infedele del conte. Il rapporto amoroso si lacera definitivamente quando il conte Collaltino di Collalto la abbandona per recarsi in Francia al servizio del re, lasciando nella completa disperazione la giovane donna.

A questo ardente e profondo sentimento amoroso durato circa tre anni (dal 1548 al 1551) Gaspara Stampa dedica le sue celebri “Rime” realizzate secondo lo schema petrarchesco e fatte pubblicare dalla sorella Cassandra nel 1554. Si tratta nella specie di trecentoundici composizioni dove Gaspara Stampa ripercorre i suoi sentimenti amorosi verso il conte Collaltino di Collalto, passando dalla passione alla gelosia, dalla nostalgia all’angoscia per l’abbandono.

Muore a Venezia il 23 aprile 1554 a seguito di una febbre intestinale, ma non si esclude il possibile suicidio per una depressione amorosa.

Qualche anno dopo, nel 1557 il conte Collaltino di Collalto sposa Giulia Torelli di Cassei e dal matrimonio nascono due figli.

Voi, ch’ascoltate in queste meste rime,
in questi mesti, in questi oscuri accenti
il suon degli amorosi miei lamenti
e de le pene mie tra l’altre prime,
ove fia chi valor apprezzi e stime,
gloria, non che perdon, de’ miei lamenti
spero trovar fra le ben nate genti,
poi che la lor cagione è sì sublime.
E spero ancor che debba dir qualcuna:
– Felicissima lei, da che sostenne
Per sì chiara cagion danno sì chiaro!
Deh, perché tant’amor, tanta fortuna
Per s’ nobil signor a me non venne,
ch’anch’io n’andrei con tanta donna a paro?


(sonetto di apertura della Rime).

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