La gelosia morbosa di un coniuge nei confronti dell’altro, integrante plurime condotte violente ed intimidatorie, può configurare il delitto di maltrattamenti in famiglia?
Nella “vita di coppia“, come “contrassegnata dalla gelosia del marito (o di uno dei coniugi) e dalle liti scaturenti per tale ragioni“, sono ravvisabili i presupposti del delitto di maltrattamenti. Tale conclusione si pone secondo una linea di continuità rispetto al consolidato insegnamento del giudice di legittimità, alla stregua del quale il reato di maltrattamenti in famiglia è integrato non soltanto dalle percosse, lesioni, ingiurie, minacce o privazioni, ma anche dagli atti di vessazione psicologica che si risolvano in una vera e propria, durevole, sofferenza morale (Cass. Sez. 6, n. 44700 del 08/10/2013; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 10994 del 06/12/2012).
A questo riguardo, nel caso di specie, il Tribunale aveva congruamente rilevato come l’assillare costantemente la congiunta con continui comportamenti ossessivi e maniacali, ispirati da una gelosia morbosa, e tali da provocare in modo diretto importanti limitazioni e condizionamenti nella vita quotidiana e nelle scelte lavorative nonché un intollerabile stato d’ansia – quali, come dato atto nella sentenza di primo grado, l’insistente contestazione di tradimenti insistenti, la ricerca incessante di tracce di relazioni extra-coniugali con ispezione costante del telefono della donna per verificarne le comunicazioni, la verifica degli orari di rientro a casa ed il controllo degli spostamenti, i ripetuti insulti con uso di parole scurrili facenti esplicito riferimento alle ipotizzata infedeltà (“buttana, troia“), i più volte prospettati dubbi circa l’effettiva paternità della loro figlia con conseguenti reiterate richieste di test diagnostici per la verifica del DNA, nonché le pressioni affinché la persona offesa abbandonasse il mestiere di assistente di volo ritenuto dal marito non adatto a “donne per bene” -, certamente sostanzi la situazione di abituale vessazione psicologica sanzionata dalla fattispecie incriminatrice dell’art. 572 C.p., in quanto espressione di un evidente spirito di prevaricazione e fonte di un’intensa e perdurante sofferenza morale.
Corte di Cassazione, Sez. VI Penale, sentenza 14 maggio 2015, n. 20126