La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza in commento si sofferma sulla questione relativa al reato di imbrattamento di cose di interesse storico ed artistico ai sensi dell’art. 639 C.p.
Il caso sottoposto all’esame della Suprema Corte di legittimità trae le mosse dalla mera affissione di manifesti su beni di interesse storico ed artistico.
A parere della giurisprudenza di legittimità la condotta di imbrattamento ex articolo 639 C.p., specie ove incidente, come nel caso di specie, su cose di interesse storico e artistico, deve interpretarsi in modo rigoroso, proprio tenendo conto dell’alto valore per l’appunto storico e artistico della cosa stessa.
Tale condotta trova corrispondenza peraltro nella previsione di una mirata circostanza aggravante che sottolinea della relativa condotta il particolare disvalore giuridico e sociale.
Invero la condotta di imbrattamento presuppone che l’evento conseguente consista in un pregiudizio sul versante della pulizia, nettezza, tale da rendere sudicia, sporca la superficie interessata.
Può aggiungersi anche che il reato contestato costituisce una forma sussidiaria rispetto al delitto di danneggiamento, dal quale si differenzia perché il danno suo costitutivo, pur avendo una certa rilevanza, sia di facile e completa eliminazione.
Nel caso di specie occorre affermare che, pur se nessun danno è conseguito alla affissione dei manifesti su beni di interesse storico ed artistico, e anche se non è stato necessario alcuna particolare attività di ripristino, pur tuttavia la colla necessaria per l’affissione ha imbrattato la superficie oggetto di un particolare, specifico impegno di tutela giuridico – penale.
Sotto il profilo soggettivo, ovvero per quanto concerne il dolo del reato, può ben dirsi che l’ elemento psicologico può ritenersi in re ipsa per il fatto che l’ uso della colla imbratta, secondo la ricostruzione normativa, per definizione la superficie sulla quale è apposta.
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 2 Num. 845 Anno 2013