Il reato di violenza sessuale trova una specifica disciplina giuridica nell’art. 609 bis C.p. che stabilisce:
“Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da sei a dodici anni.
Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:
1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi”.
Il delitto de quo presuppone una attività coercitiva sulla vittima ai fini del compimento dell’atto sessuale mediante violenza (fisica) o minaccia, intesa come violenza morale, e abuso di autorità.
L’ipotesi di minore gravità nel reato di violenza sessuale di cui al terzo comma dell’art. 609 bis C.p. attiene, in particolare, ai mezzi, alle modalità, alle circostanze dell’azione delittuosa, laddove la libertà personale o sessuale della vittima sia stata compressa in maniera meno grave.
L’ipotesi di cui al terzo comma dell’art. 609 bis C.p., secondo consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità, è configurabile solamente quando non vi sia stata una intensa lesione del bene protetto, e cioè una significativa compromissione della libertà sessuale, tenendo conto del grado di coartazione esercitato sulla vittima, delle sue condizioni fisiche e mentali, delle caratteristiche psicologiche valutate in relazione all’età (sul punto cit. Cass., Sez. 3, n. 19336 del 27/03/2015; Cass., Sez. 3, n. 39445, del 1/7/2014); (sul punto cit. Cass. Penale, Sez. III, n. 5512 del 2020: in cui ai fini mancato riconoscimento della ipotesi di minore gravità contemplata dal terzo comma dell’art. 609 bis C.p. è stata valutata, per converso, la gravità della invasione della sfera di libertà sessuale della vittima; la gravità della lesione/invasione è stata ricavata, in modo del tutto logico e conforme a detto orientamento interpretativo, dalle conseguenze psicofisiche riportate dalla vittima, giudicate di entità tale da impedire di ritenere il fatto di minore gravità).