Con la sentenza che si riporta in commento la Suprema Corte di Cassazione affronta la questione inerente l’iscrizione di ipoteca sui beni facenti parte del fondo patrimoniale a seguito del mancato pagamento di tributi.
La vicenda si snoda in due direzioni: da una parte l’iscrizione di ipoteca, da parte dell’agente della riscossione, a norma dell’art. 77 d.P.R. 29 settembre 1973 n.602 sui beni immobili facenti parte di un fondo patrimoniale a seguito del mancato pagamento dei tributi; dall’altra parte il presupposto che i beni facenti parte del fondo patrimoniale non sono passibili di esecuzione forzata a norma dell’art. 170 C.c. e pertanto su di essi non può essere iscritta l’ipoteca funzionale al pignoramento, (in tal senso il dispositivo dell’art. 170 C.c. afferma che “l’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia“).
Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di riscossione coattiva delle imposte, l’iscrizione di ipoteca prevista dall’art. 77 d.P.R. 29 settembre 1973 n.602 è ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall’art. 170 C.c., sicché è legittima solo se l’obbligazione tributaria sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità a tali bisogni, ma grava sul debitore che intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale l’onere di provare l’estraneità del debito alle esigenze familiari e la consapevolezza del creditore. (Cass. Sez. 5, n. 22761 del 09/11/2016; Cass. n. 8881 del 2018).
Ne consegue che i debiti erariali non sono, per loro natura, estranei al soddisfacimento dei bisogni familiari. Al contrario, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, in tema di fondo patrimoniale, il criterio identificativo dei debiti per i quali può avere luogo l’esecuzione sui beni del fondo va ricercato non già nella natura dell’obbligazione ma nella relazione tra il fatto generatore di essa e i bisogni della famiglia, sicché anche un debito di natura tributaria sorto per l’esercizio dell’attività imprenditoriale può ritenersi contratto per soddisfare tale finalità, fermo restando che essa non può dirsi sussistente per il solo fatto che il debito derivi dall’attività professionale o d’impresa del coniuge, dovendosi accertare che l’obbligazione sia sorta per il soddisfacimento dei bisogni familiari (nel cui ambito vanno incluse le esigenze volte al pieno mantenimento ed all’univoco sviluppo della famiglia) ovvero per il potenziamento della capacità lavorativa, e non per esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi. (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 3738 del 24/02/2015).
Corte di Cassazione Civile Sent. Sez. 5 Num. 34274 Anno 2019