La Fuga in Egitto è un dipinto (olio su tela, cm 79×60,5) realizzato intorno al 1736 circa dal pittore romano Stefano Pozzi ed attualmente conservato presso il Museo di Palazzo Chigi di Ariccia (Collezione Lemme), Roma.
Stefano Pozzi (Roma, 9 Novembre 1699 – Roma, 1768) è stato un pittore italiano del Settecento, nuovo interprete del classicismo romano verso il neoclassicismo, con una formazione marattesca. Stefano Pozzi, ancora giovanissimo diventa allievo di Andrea Procaccini e poi di Agostino Masucci, entrambi seguaci di Carlo Maratta, e si afferma nel panorama romano entrando anche far parte dell’Accademia di San Luca nel 1736.
Tra le sue principali opere occorre citare l’affresco raffigurante la “Gloria di Sant’Apollinare” (databile 1748 -1768, Basilica di Sant’Apollinare, Roma); l’affresco con “Motivi decorativi vegetali con giochi di putti e sirene” (databile 1758 – 1768, Palazzo Colonna, Roma); il dipinto raffigurante “Beato Bernardo Tolomei assiste gli appestati” (databile 1744-1745, Chiesa di Santa Francesca Romana, Roma); gli affreschi raffiguranti Puttini in volo e le Tre virtù Cardinali, (databili 1743-1750, Palazzo Colonna); sei ovali (databili 1736, Chiesa di San Silvestro al Quirinale, Roma); il dipinto raffigurante “Maria offerta a Dio da suo padre Gioacchino” nella Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola in Campo Marzio; le decorazioni nella Sala degli specchi a Palazzo Doria-Pamphili, con la Toletta di Venere e le Allegorie dei Quattro elementi (databili 1767-1768); l’affresco raffigurante il Coro di angeli musicanti (databili 1734-1742, volta dell’abside del Duomo di Napoli).
Il dipinto La Fuga in Egitto raffigura l’episodio narrato nel Vangelo secondo Matteo (2,13-23) con la Vergine Maria e San Giuseppe, il quale tiene in braccio il Bambino, mentre camminano, mano nella mano, nella notte per fuggire in Egitto, mentre sul lato sinistro si intravede un angelo e l’asinello, e in alto compaiono teste di puttini alati che accompagno il viaggio.
Nell’opera domina una eleganza compositiva e classicheggiante, propria dell’artista settecentesco; si rileva, altresì, un rinnovato equilibrio narrativo e cromatico di una tematica sacra ampiamente trattata dai suoi predecessori.