La natura della riconciliazione tra i coniugi si ricava dal ripristino della “comunione spirituale e materiale” propria del matrimonio, e, per converso, trova fondamento nell’art. 1 della Legge 1 dicembre 1970, n. 898, che stabilisce che Il giudice pronuncia lo scioglimento del matrimonio contratto a norma del codice civile, quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione di cui al successivo art. 4, accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l’esistenza di una delle cause previste dall’art. 3.
Peraltro, ai fini della riconciliazione non è sufficiente la mera coabitazione, ma è necessario il ripristino della comunione di vita e d’intenti materiale e spirituale che costituisce il nucleo del vincolo coniugale (Cass. n. 19497 del 2005).
In materia di rilevanza giuridica della riconciliazione fra i coniugi dopo la separazione la giurisprudenza di legittimità ritiene che la cessazione degli effetti della separazione si determina a seguito di riconciliazione, che non può consistere nel mero ripristino della situazione “quo ante“, ma nella ricostituzione del consorzio familiare attraverso la ricomposizione della comunione coniugale di vita, vale a dire la ripresa di relazioni reciproche, oggettivamente rilevanti, tali da comportare il superamento di quelle condizioni che avevano reso intollerabile la prosecuzione della convivenza e che si concretizzino in un comportamento non equivoco incompatibile con lo stato di separazione (cfr. Cass. civ. sezione 1 n. 28655 del 24 dicembre 2013).
L’art. 154 C.c. stabilisce che la riconciliazione determina l’abbandono della domanda di separazione personale. Il successivo art. 157 C.c. ne regola gli effetti successivamente alla sentenza con la quale è stata dichiarata la separazione personale. In nessuna delle due norme la riconciliazione può essere ricondotta ad un fatto impeditivo, qualificabile come eccezione in senso stretto, trattandosi della sopravvenienza di una nuova condizione da accertarsi officiosamente dal giudice, ancorché sulla base delle deduzioni e allegazioni delle parti. Il regime giuridico è nettamente diverso nel giudizio di divorzio in quanto l’art. 3, comma quinto così come sostituito dalla Legge 74 del 1987, stabilisce espressamente che l’interruzione della separazione, in quanto fatto specificamente impeditivo alla realizzazione della condizione temporale stabilita nella medesima disposizione, deve essere eccepita dalla parte convenuta. Ne consegue, limitatamente a questa ipotesi, l’improponibilità per la prima volta in appello dell’eccezione (Cass. 23510 del 2010). (Cassazione civile, Sez. I, 17 Settembre 2014, n. 19535)