Con la Legge n. 75 del 1958, art. 3, comma 5, che punisce chiunque compia atti di lenocinio, sia personalmente in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia a mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, il legislatore ha inteso incriminare talune forme specifiche di invito al libertinaggio consistente nel favorire consapevolmente, vuoi sotto forma di attività di intermediazione, vuoi con l’induzione diretta, la prostituzione (Cass., Sez. 3, n.15275 del 20.2.2007; Cass., Sez. 3, n. 26343 del 18/03/2009; e, a contrario, Cass., Sez. 3, n. 48981 del 21/10/2014). (Cass., Sez. III, n. 16292 del 12-04-2018)
Occorre evidenziare che compiere atti di lenocinio (Cass. Pen. n. 48981/2014) significa porre in essere attività dirette a procacciare clienti alla prostituta senza necessità di un particolare fine di lucro, e il mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità è lo strumento attraverso cui si realizza il reato de quo.
Il reato previsto dall’art. 3, comma 1, n. 5, intende sanzionare l’attività “di intermediazione .. diretta a favorire gli incontri tra cliente e prostituta e, quindi in definitiva, a favorire la prostituzione“, avendo come bene offeso la moralità pubblica (Cass. Sez. 3, n. 15275 del 20 febbraio 2007; Cass., Sez. 3, n. 32506/2012).
Ne consegue che non integra il reato di favoreggiamento della prostituzione la condotta di chi pubblica sul sito web gli annunci di donne che si offrono per incontri sessuali, senza porre in essere nessuna cooperazione, ma limitandosi a ricevere l’annuncio e svolgendo un semplice servizio a favore di queste e non della prostituzione. (Cass., Sez. III, sentenza 03/02/2012 n. 4443), (sul punto ancora Cass., Sez. III, n. 16292 del 12-04-2018 nell’ipotesi di pubblicizzazione su siti internet a carattere pornografico l’attività di induzione alla prostituzione di alcune ragazze mediante indicazione delle prestazioni offerte e dei relativi contatti telefonici al fine di promuoverne l’attività medesima. Nel caso di specie l’attività posta in essere dall’imputato, si concretizzava nell’aver ricercato, assumendone direttamente l’iniziativa, le donne che invitava al libertinaggio adoperandosi per l’inserimento degli avvisi pubblicitari sul proprio sito internet e nell’aver cooperato concretamente ad allestirne la pubblicità interessandosi, al fine evidentemente di rendere più allettante l’offerta e di facilitare l’approccio con un maggior numero di clienti, alle foto delle donne da pubblicare, che aveva scattato lui stesso od avvalendosi dell’attività di un suo collaboratore. Per converso, non si era ritenuto trattarsi di una attività simile a quella svolta da molti quotidiani che pubblicano annunci pubblicitari del genere, solitamente considerati come un normale servizio svolto a favore della persona della prostituta e non della prostituzione bensì perché l’imputato aveva svolto, oltre a quella della mera pubblicazione, una attività ulteriore e diversa, consistente nell’aver offerto un contributo intenzionale all’attività di prostituzione eccedendo i limiti dell’ordinaria prestazione di servizi).
Ne consegue che è del tutto irrilevante il numero delle prestazioni effettuate a fronte di un’attività che di per sé si profila illecita, ricorrendo il reato di lenocinio non solo quando si induca una donna a prostituirsi per la prima volta, ma, anche quando si rafforza la sua determinazione a fare commercio del proprio corpo. (Cass., Sez. III, n. 16292 del 12-04-2018)