Misure alternative alla detenzione carceraria

Misure alternative alla detenzione carceraria Defendendi Il principio di offensività Reato continuato Atti sessuali con minorenne Particolare tenuità del fatto Il reato di furto Regime di procedibilità per taluni reati Ricettazione Omicidio preterintenzionale beni culturaliLe misure alternative alla detenzione carceraria agiscono sul fronte dell’esecuzione della pena, privativa e limitativa della libertà. La loro disciplina è contenuta nella Legge 26 Luglio 1975, n. 354 laddove si afferma che “Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto delle dignità della persona“.

Le misure alternative alla detenzione carceraria sono l’affidamento i prova ai servizi sociali, la semilibertà, la liberazione anticipata e la detenzione domiciliare.

L’affidamento in prova al servizio sociale, disciplinato dall’art. 47 Legge 26 Luglio 1975, n. 354, è una misura alternativa alla detenzione carceraria che attua la finalità costituzionale rieducativa della pena e che può essere adottata, entro la generale cornice di ammissibilità prevista dalla legge, allorché, sulla base dell’osservazione della personalità del condannato condotta in istituto, o del comportamento da lui serbato in libertà, si ritenga che essa, anche attraverso l’adozione di opportune prescrizioni, possa contribuire alla risocializzazione prevenendo il pericolo di ricaduta nel reato. (Cass., Sez. 1 n. 3285/2020).
Il giudizio in merito alla ammissione all’affidamento si fonda, dunque, sull’osservazione dell’evoluzione della personalità registratasi successivamente al fatto-reato, nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale: è infatti consolidato, presso la giurisprudenza di legittimità, l’indirizzo ermeneutico secondo cui “In tema di affidamento in prova al servizio sociale, ai fini del giudizio prognostico in ordine al buon esito della prova, il giudice, pur non potendo prescindere dalla natura e gravità dei reati commessi, dai precedenti penali e dai procedimenti penali eventualmente pendenti, deve valutare anche la condotta successivamente serbata dal condannato” (Cass., Sez. 1, n. 44992 del 17/09/2018). In tal senso depone il tenore letterale dell’art. 47, commi 2 e 3, Legge 26 Luglio 1975, n. 354, nella parte in cui condiziona l’affidamento al convincimento che esso, anche attraverso le prescrizioni impartite al condannato, contribuisca alla sua rieducazione ed assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati. (Cass., Sez. 1, n. 3285/2020).

Il processo di emenda deve essere significativamente avviato, ancorché non sia richiesto il già conseguito ravvedimento, che caratterizza il diverso istituto della liberazione condizionale, previsto dal codice penale (Cass., Sez. 1, n. 43687 del 07/10/2010; Cass., Sez. 1, n. 26754 del 29/05/2009; Cass., Sez. 1, n. 3868 del 26/06/1995).
Se il presupposto dell’emenda non è riscontrato, o non lo è nella misura reputata adeguata, il condannato, qualora lo consentano il limite di pena, diversamente stabilito con riferimento alle varie ipotesi disciplinate dall’art. 47- ter Legge 26 Luglio 1975, n. 354, ed il titolo di reato, può essere comunque ammesso alla detenzione domiciliare, alla sola condizione che sia scongiurato il pericolo di commissione di nuovi reati (Cass., Sez. 1, n. 14962 del 17/03/2009).

In tal caso la pena può essere espiata nella propria abitazione o in altro luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza, quando trattasi di persona che, al momento dell’inizio dell’esecuzione della pena, o dopo l’inizio della stessa, abbia compiuto i settanta anni di età purché non sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza né sia stato mai condannato con l’aggravante di cui all’ articolo 99 del codice penale. (art. 47- ter Legge 26 Luglio 1975, n. 354).
Il fine rieducativo si attua, in tal caso, mediante una misura dal carattere più marcatamente contenitivo, saldandosi alla tendenziale sfiducia ordinamentale sull’efficacia del trattamento penitenziario instaurato rispetto a pene di contenuta durata. (Cass., Sez. 1 n. 3285/2020).

Per quel che concerne la semilibertà, possono essere espiate in regime di semilibertà la pena dell’arresto e la pena della reclusione non superiore a sei mesi, se il condannato non è affidato in prova al servizio sociale. (art. 50 Legge 26 Luglio 1975, n. 354).

La semilibertà attua la de-carcerazione solo parziale del condannato, ammesso a svolgere fuori dall’istituto, per parte del giorno, attività lavorativa (o altra attività risocializzante), l’ammissione al relativo regime, pure ancorato a requisiti legali di pena, presuppone una prognosi favorevole, in relazione ai progressi trattamentali compiuti (o, comunque, allo svolto percorso di emancipazione dalla devianza), in ordine alla mera possibilità di un suo graduale reinserimento nella società, secondo quanto previsto dall’art. 50 Legge 26 Luglio 1975, n. 354. (Cass., Sez. 1 n. 3285/2020).

La liberazione anticipata è un beneficio che può essere concesso al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione, … quale riconoscimento di tale partecipazione, e ai fini del suo più efficace reinserimento nella società. Si tratta di una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata. A tal fine è valutato anche il periodo trascorso in stato di custodia cautelare o di detenzione domiciliare. (art. 54 Legge 26 Luglio 1975, n. 354).

Sotto il profilo processuale occorre affermare che rientra nella discrezionalità del giudice di merito l’apprezzamento in ordine all’idoneità o meno, ai fini della risocializzazione e della prevenzione della recidiva, delle misure alternative — alla cui base vi è la comune necessità di una prognosi positiva, seppur differenziata nei termini suindicati, frutto di un unitario accertamento ( Cass., Sez. 1, n. 16442 del 10/02/2010) — e l’eventuale scelta di quella ritenuta maggiormente congrua nel caso concreto.
Le relative valutazioni non sono censurabili in sede di legittimità, se sorrette da motivazione adeguata e rispondente a canoni logici (Cass., Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992), basata su esaustiva, ancorché se del caso sintetica, ricognizione degli incidenti elementi di giudizio. (Cass. n. 3285/2020).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *