Normale tollerabilità delle immissioni

 tollerabilità delle immissioni Vizi della cosa locata Diffamazione Diffamazione tramite la rete Internet Preliminare di vendita Casellario giudiziale Rilascio dell'immobile locato lavori di straordinaria amministrazione Garanzia per i vizi revoca della sanzione sostitutiva Paternità dell'opera Esimente della verità putativa Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale Diritto di cronaca Sincronizzazione Animali da compagnia Traduzione Obbligazione naturale Modifica del programma di trattamento Format di un programma televisivo Plagio Giurisdizione Relazione investigativa Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d'arte Detenzione del bene Discriminazione direttaLa Suprema Corte di Cassazione con la sentenza in commento affronta la questione inerente la normale tollerabilità delle immissioni con riferimento al disposto dell’art. 844 C.c., nonché della Legge 26 ottobre 1995 n. 447 (legge quadro sull’inquinamento acustico) e del DD.PP.CC.MM. dell’ 1° Marzo 1991 e 14 Novembre 1997.

La fattispecie si sviluppa in ambito condominiale e, più specificatamente trae origine dall’installazione da parte di un condomino di un grosso macchinario per il condizionamento dell’area sul terrazzino condominiale senza il consenso del condominio, potenzialmente idoneo a cagionare un inquinamento acustico oltre i limiti della normale tollerabilità, e in subordine a deturpare l’estetica dell’edificio.

Sia il giudice di primo grado che quello di secondo grado affermano che le immissioni provenienti, dall’impianto di condizionamento d’area non superavano la normale tollerabilità; l’installazione del condizionatore nella parte di tetto comune non configurava un abuso e non comprometteva il decoro estetico, la stabilità e la sicurezza dell’immobile e non era lesivo dei diritti degli altri condomini.

La questione viene pertanto rimessa al giudizio della Suprema Corte di Cassazione, rilevando, per quello che in questa sede interessa, la violazione e falsa applicazione del disposto dell’art. 844 C.c., nonché della Legge 26 ottobre 1995 n. 447 (legge quadro sull’inquinamento acustico) e del DD.PP.CC.MM. dell’ 1° Marzo 1991 e 14 Novembre 1997. Si ritiene che questi provvedimenti normativi, fissando i limiti oltre i quali la fonte rumorosa è da considerarsi di per sé illecita, contengono norme volte a tutelare l’interesse pubblico ambientale e non già a regolamentare i rapporti tra i privati. Piuttosto, l’indagine per l’individuazione della normale tollerabilità delle immissioni avrebbe dovuto essere compiuta avuto riguardo sia alla condizione dei luoghi (come prescritto letteralmente dal citato art. 844 C.c.), sia all’attività normalmente svolte in un determinato contesto ambientale.

Invero, secondo la giurisprudenza di legittimità, in materia di immissioni, mentre è senz’altro illecito il superamento dei limiti di accettabilità stabiliti dalla leggi e dai regolamenti che, disciplinando le attività produttive, l’eventuale rispetto degli stessi non può far considerare senz’altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi alla stregua dei principi di cui all’art. 844 C.c.

Tale principio, nella sua prima parte, si basa sull’evidente considerazione che, se le emissioni acustiche superano, per la loro particolare intensità e capacità diffusiva, la soglia di accettabilità prevista dalla normativa speciale a tutela di interessi della collettività, così pregiudicando la quiete pubblica, a maggior ragione le stesse, ove si risolvano in immissioni nell’ambito della proprietà del vicino, ancor più esposto degli altri, in ragione della vicinanza, ai loro effetti dannosi, devono per ciò solo considerarsi intollerabili ai sensi dell’art. 844 C.c. e, pertanto, illecite, anche, sotto il profilo civilistico.

Tuttavia, però, l’eventuale rispetto dei limiti previsti dalla legge non può fare considerare, senz’altro, lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi in relazione alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia da quel complesso di suoni di origine varia e spesso non identificabile, continui e caratteristici del luogo, sui quali vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo). In buona sostanza, la valutazione ex art. 844 C.c., diretta a stabilire se i rumori restano compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell’uomo medio e, dall’altro, alla situazione locale.

In ultimo, tale valutazione non può avvenire esclusivamente alla stregua della disciplina pubblicistica in materia di inquinamento acustico.

Ne consegue che, il danno conseguente alle immissioni illecite sussiste in “re ipsa“, senza necessità che lo stesso sia dimostrato. Orbene, secondo il consolidato orientamento di legittimità l’accertamento del superamento della soglia di normale tollerabilità di cui all’articolo 844 C.c., comporta nella liquidazione del danno da immissioni, sussistente in “re ipsa“, l’esclusione di qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell’uso, in quanto venendo in considerazione, in tale ipotesi, unicamente l’illiceità del fatto generatore del danno arrecato a terzi, si rientra nello schema dell’azione generale di risarcimento danni di cui all’articolo 2043 del Codice Civile e specificamente, per quanto concerne il danno alla salute, nello schema del danno non patrimoniale, risarcibile ai sensi dell’articolo 2059 C.c.

Corte di Cassazione Civile Sent. Sez. 2 Num. 9660 Anno 2015

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