Secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità, in materia di contraffazione, alterazione e uso di segni distintivi di opere dell’ingegno o di prodotti industriali e commercio di prodotti con segni falsi, l’interesse giuridico tutelato dagli artt. 473 e 474 C.p., è innanzitutto la pubblica fede in senso oggettivo, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi o segni distintivi che individuano le opere dell’ingegno o i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione, e non l’affidamento del singolo.
Sicché, ai fini dell’integrazione dei reati non è necessaria la realizzazione di una situazione tale da indurre il cliente in errore sulla genuinità del Prodotto.
Sotto il profilo oggettivo, è sufficiente che il marchio o il segno distintivo, di cui si assume la falsità, sia stato depositato, registrato o brevettato, nelle forme previste dalle leggi interne o dalle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale, all’esito della prevista procedura, in quanto la falsificazione delle opere dell’ingegno può aversi soltanto se siano state formalmente riconosciute come tali.
Come da tempo evidenziato dalla migliore dottrina penalistica, il reato di cui all’art. 473 C.p., ha natura di reato plurioffensivo, destinato a tutelare non solo quel particolare bene giuridico, di natura immateriale e collettiva, rappresentato dalla pubblica fede, ma anche altri beni meritevoli di protezione, quali le privative sui marchi registrati, l’interesse alla regolarità del commercio e dell’industria e, più in generale, l’economia nazionale, secondo una condivisibile tendenza volta ad assicurare effettività ai principi costituzionali in materia di iniziativa economica e di proprietà privata.
In questa prospettiva si colloca la giurisprudenza di legittimità, che ha evidenziato come, in tema di oggettività giuridica, nei delitti contro la fede pubblica deve riconoscersi, oltre a un’offesa alla fiducia collettiva in determinati atti, simboli o documenti anche un’ulteriore attitudine offensiva degli atti stessi in riguardo alla concreta incidenza che esercitano nella sfera giuridica del singolo privato.
I delitti previsti dal titolo VII del vigente Codice Penale, pertanto non tutelano solo la fede pubblica, ma anche gli specifici interessi concreti dei soggetti che subiscono un pregiudizio dalla attività di falsificazione o di utilizzazione dei beni frutto della falsificazione.
Può, dunque, sostenersi che l’art. 473 C.p., appresta una tutela anticipata alla pluralità di interessi che possono essere pregiudicati dalle attività di falsificazione o di utilizzazione dei prodotti contraffatti in esso contemplate, che prescinde dalla immissione sul mercato dei suddetti prodotti, in quanto il bene oggetto, della falsificazione, una volta registrato, è per sua natura destinato alla circolazione nel libero mercato, anche se non ancora inserito nel relativo circuito commerciale.
In questo senso si sono espressi una serie di condivisibili arresti della giurisprudenza di legittimità, secondo cui l’uso di marchi e segni distintivi punito dall’art. 473 C.p., essendo inteso a determinare un collegamento tra il marchio contraffatto e un certo prodotto, precede l’immissione in circolazione dell’oggetto falsamente contrassegnato e se ne distingue.
Corte di Cassazione Sent. Num. 18289 Anno 2016