Posizione di garanzia
La posizione di garanzia trova fondamento nell’art. 40 comma 2, cod. pen.
La giurisprudenza di legittimità si è specificamente soffermata sulla nozione – e sui criteri di selezione – del soggetto che versa in posizione di garanzia, in coerenza con i principi di tassatività e determinatezza che presiedono alla formulazione delle norme penali: si tratta, in realtà, di un’elaborazione imposta dalla funzione incriminatrice direttamente svolta dalla “clausola” di cui all’art. 40, comma 2, cod. pen., per il caso di inosservanza degli obblighi impeditivi da parte del soggetto individuato come garante.
Al riguardo, la Corte regolatrice ha osservato che si delinea, una posizione di garanzia, nei sensi ora indicati, a condizione che: (a) un bene giuridico necessiti di protezione, poiché il titolare da solo non è in grado di proteggerlo; (b) una fonte giuridica -anche negoziale – abbia la predetta finalità di tutela; (c) tale obbligo di protezione gravi su una o più persone specificamente individuate; (d) queste ultime siano dotate di poteri atti ad impedire la lesione del bene garantito ovvero siano ad esse riservati mezzi idonei a sollecitare gli interventi necessari ad evitare che l’evento dannoso sia cagionato.
In tale ambito ricostruttivo, la Suprema Corte ha anche precisato che un soggetto può dirsi titolare di una posizione di garanzia se ha la possibilità, con la propria condotta, di influenzare il decorso degli eventi, indirizzandoli verso uno sviluppo idoneo ad impedire la lesione del bene giuridico garantito (Sez. 4, n. 38991 del 10/06/2010, Quaglierini, Rv. 248849).
In verità, sin dagli anni novanta del secolo scorso, la giurisprudenza è venuta elaborando la “teoria del garante“, muovendo dall’osservazione – e dalla valorizzazione – del significato, profondo, anche in riferimento al principio solidaristico di matrice costituzionale (ex art. 2 Cost.) che deve riconoscersi agli “obblighi di garanzia“, discendenti dallo speciale vincolo di tutela che lega il soggetto garante, rispetto ad un determinato bene giuridico, per il caso in cui il titolare dello stesso bene sia incapace di proteggerlo autonomamente (Sez. 4, n. 4793 del 06/12/1990, dep. 29/04/1991, Bonetti, Rv. 191792).
Per quanto rileva in questa sede, occorre altresì evidenziare che la Suprema Corte ha chiarito che, nell’individuazione dei reali destinatari degli obblighi protettivi, vengono in rilievo le funzioni in concreto esercitate dal soggetto agente; che spetta all’interprete procedere alla selezione delle diverse posizioni di garanzia, per tutti i casi della vita – non tipizzati dal legislatore – corrispondenti ad una situazione di passività, in cui versi il titolare del bene protetto; e che l’interprete deve individuare il contenuto degli obblighi impeditivi specificamente riferibili al soggetto che versa in posizione di garanzia (cfr. Sez. U, ri. 9874 del 01/07/1992, Giuliani, Rv. 191185).
Nella materia di interesse, è stato pertanto affermato il condiviso principio di diritto in forza del quale, ai fini dell’operatività della clausola di equivalenza di cui all’art. 40, cpv. cod. pen., nell’accertamento degli obblighi impeditivi gravanti sul soggetto che versa in posizione di garanzia, l’interprete deve tenere presente la fonte da cui scaturisce l’obbligo giuridico protettivo, che può essere la legge, il contratto, la precedente attività svolta, o altra fonte obbligante; in tale ambito ricostruttivo, al fine di individuare lo specifico contenuto dell’obbligo, si è in particolare chiarito che occorre valutare sia le finalità protettive fondanti la stessa posizione di garanzia, sia la natura dei beni dei quali è titolare il soggetto garantito, che costituiscono l’obiettivo della tutela rafforzata, alla cui effettività mira la clausola di equivalenza (Sez. 4, n. 9855 del 27/01/2015, Chiappa, Rv. 26244001).
La giurisprudenza ha poi considerato che occorre delimitare lo specifico ambito in cui si esplica l’obbligo di governare le situazioni pericolose in capo al garante (la cosiddetta area di rischio), così da conformare il relativo obbligo protettivo, giuridicamente rilevante ai fini della operatività dell’imputazione dell’evento lesivo (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 26110701). Il rilievo muove dalla considerazione che la selezione dei garanti – i quali non costituiscono un numerus clausus – viene in concreto a dipendere dalla operatività della richiamata clausola di equivalenza, in combinato disposto con le molteplici fattispecie ad evento naturalistico causalmente orientate, che possono essere declinate nella corrispondente fattispecie omissiva impropria.
Sviluppando tali principi, si è in particolare considerato che in tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante mediante un comportamento concludente dell’agente, consistente nella presa in carico del bene protetto (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, cit.; Sez. 4, n. 2536 del 23/10/2015, dep. 2016, Bearzi, Rv. 26579701).
Tali valutazioni discendono dal superamento della cosiddetta concezione formale della posizione di garanzia, di talché il ruolo protettivo può avere una fonte normativa non necessariamente di diritto pubblico ma anche di natura privatistica, anche non scritta e addirittura trarre origine da una situazione di fatto, cioè da un atto di volontaria determinazione, che costituisca il dovere di intervento e il corrispondente potere giuridico, che consente al soggetto garante, attivandosi, di impedire l’evento.
Corte di Cassazione Penale, Sez. 4, 14 marzo 2024, n. 10652