Possesso ingiustificato di cose: delitto di Ricettazione
Secondo l’orientamento della Suprema Corte di Cassazione (cf. Cass., Sez. 2 sentenza n. 43427 del 13/10/2016) secondo cui “risponde di ricettazione l’imputato, che, trovato nella disponibilità della refurtiva, in assenza di elementi probatori univocamente indicativi del suo coinvolgimento nella commissione del furto, non fornisca una spiegazione attendibile dell’origine della predetta disponibilità” (cf., ex multis, Cass., Sez. 2, sentenza n. 20193 del 19/04/2017).
Infatti il mero possesso ingiustificato di cose sottratte consente di configurare il delitto di ricettazione, in assenza di elementi probatori indicativi della riconducibilità del possesso alla commissione del furto: all’elemento della contiguità temporale tra la sottrazione e l’utilizzazione delle cose sottratte, il Giudice di merito, con apprezzamento insindacabile in sede di legittimità, può
infatti contrapporre, ai fini della qualificazione giuridica del fatto come ricettazione, e non come furto, l’assenza di indicazioni sul punto da parte dell’imputato.
Ciò non si traduce in una inversione dell’onere della prova, né incide sul diritto al silenzio dell’imputato: piuttosto prende atto dell’impossibilità di provare la sottrazione, in assenza di elementi che giustifichino l’inquadramento della detenzione come esito diretto del furto, piuttosto che come quello della ricezione di cose illecite. Per essere ridotta a elemento di prova del reato di furto l’evidenza della detenzione deve essere infatti accompagnata da ulteriori elementi indicativi della “immediata“, nel senso letterale di “non mediata“, riconducibilità della detenzione al furto. Tra tali elementi possono essere ricomprese anche le eventuali indicazioni provenienti dall’imputato. A fronte della prova della detenzione, prospettare tali elementi equivale a inquadrare la condotta in fattispecie meno grave, fermo restando che l’accusato può scegliere di esercitare il diritto al silenzio, quale essenziale e irrinunciabile declinazione del diritto di difesa.
Dunque, non si richiede all’imputato di provare la provenienza del possesso delle cose, bensì soltanto di fornire una attendibile spiegazione dell’origine del possesso delle cose medesime, assolvendo non a onere probatorio, bensì a un onere di allegazione di elementi, che potrebbero costituire l’indicazione di un tema di prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice, e che comunque siano valutabili dal Giudice di merito secondo i principi del libero convincimento (in tal senso, Cass., Sez. U., n. 35535 del 12/07/2007, in motivazione).
Corte di Cassazione, Sez. II, sentenza n. 4799 del 10 febbraio 2022