Principio di presunzione di innocenza nell’ordinamento dell’Unione Europea

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Il principio di presunzione di innocenza oltre che nell’ordinamento italiano è parimenti presente anche nell’ordinamento dell’Unione Europea.

Esso è enunciato, anzitutto, dall’art. 48, comma 1, CDFUE, che, con norma corrispondente all’art. 6, paragrafo 2, CEDU, stabilisce che «ogni imputato è considerato innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata». Inoltre, tale tutela è riconosciuta dalla direttiva 2016/343/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, che – come già ricordato – è in corso di recepimento in forza della legge n. 53 del 2021.

L’art. 3 della direttiva prevede, infatti, che «gli Stati membri assicurano che agli indagati e imputati sia riconosciuta la presunzione di innocenza fino a quando non ne sia stata legalmente provata la colpevolezza».

Il successivo art. 4, paragrafo 1, primo periodo, stabilisce che «gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che, fino a quando la colpevolezza di un indagato o imputato non sia stata legalmente provata, le dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza non presentino la persona come colpevole».

Quanto al significato e alla portata che ha il principio in esame nell’ordinamento europeo, essi sono sostanzialmente sovrapponibili a quelli che il medesimo principio assume nell’ordinamento convenzionale, non potendo l’ordinamento dell’Unione riconoscere una protezione che sia meno estesa (art. 52, comma 3, CDFUE).

La Corte di giustizia ha precisato, al riguardo, che, per chiarire «come debba stabilirsi se una persona sia presentata o meno come colpevole in una decisione giudiziaria, ai fini dell’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2016/343», occorre ispirarsi alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’art. 6, paragrafo 2, CEDU (Corte di giustizia, sentenza 5 settembre 2019, in causa C-377/18).

CORTE COSTITUZIONALE sentenza n. 182 del 2021

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