Rapina

Rapina Travisamento della prova forma dell'impugnazione Mancata assunzione di una prova decisiva Sentenza predibattimentale di proscioglimento Il principio di ne bis in idem Incidente probatorio Reato continuato Induzione indebita a dare o promettere utilità Attenuante del ravvedimento operoso Attenuante della collaborazione processuale Attenuanti generiche La sospensione condizionale della pena Prova e indizi Responsabilità Applicazione della pena su richiesta delle parti Misure alternative alla detenzione carceraria Defendendi Il principio di offensività Reato continuato Atti sessuali con minorenne Particolare tenuità del fatto Il reato di furto Regime di procedibilità per taluni reati Ricettazione Omicidio preterintenzionale beni culturaliIl reato di rapina trova una specifica disciplina nell’art. 628 Codice Penale che recita:

Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 927 a euro 2.500.

Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità.

La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 2.000 a euro 4.000:

1) se la violenza o minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite;
2) se la violenza consiste nel porre taluno in stato d’incapacità di volere o di agire;
3) se la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa parte dell’associazione di cui all’articolo 416 bis;
3-bis) se il fatto è commesso nei luoghi di cui all’articolo 624 bis o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;
3-ter) se il fatto è commesso all’interno di mezzi di pubblico trasporto;
3-quater) se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro;
3-quinquies) se il fatto è commesso nei confronti di persona ultrasessantacinquenne.

Il reato di rapina si caratterizza per due elementi la violenza o la minaccia ai fini dell’impossessamento del bene; elementi che differenziano il reato di rapina dal reato di furto. Sul punto occorre richiamare il principio costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui “integra il reato di furto con strappo la condotta di violenza immediatamente rivolta verso la cosa e solo in via del tutto indiretta verso la persona che la detiene, mentre ricorre il delitto di rapina quando la violenza sia stata esercitata per vincere la resistenza della persona offesa, giacché in tal caso è la violenza stessa – e non lo strappo – a costituire il mezzo attraverso il quale si realizza la sottrazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la qualificazione come rapina del fatto commesso dall’imputato, che, mediante violenza consistita nello strattonare e scaraventare per terra la persona offesa, si impossessava dell’orologio da questa detenuto)” (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 2553 del 19/12/2014). 

La giurisprudenza di legittimità con orientamento consolidato ritiene che in tema di rapina la minaccia costitutiva del reato, oltre che palese, esplicita e determinata, può essere manifestata in modi e forme differenti, ovvero in maniera implicita, larvata, indiretta e indeterminata, essendo solo necessario che sia idonea a incutere timore e a coartare la volontà del soggetto passivo, in relazione alle circostanze concrete, alla personalità dell’agente, alle condizioni soggettive della vittima e alle condizioni ambientali in cui questa versa (Cass., Sez. 2, n. 27649 del 09/03/2021; Cass., n.11922 del 12/12/2012; Cass., n. 44347 del 25/11/2010). (Cass., Sez. 2 n. 37862/2021).

La rapina può qualificarsi come “propria” o “impropria”. La prima (ex art. 628 comma 1, C.p.) si verifica quando la violenza o la minaccia alla persona è contestuale all’impossessamento del bene, con conseguente sottrazione a chi lo detiene; la seconda (ex art. 628 comma 2 c:p.) si verifica quando la violenza o la minaccia sono immediatamente successive alla sottrazione del bene, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa o l’impunità.

Da ciò si evidenzia la scelta del legislatore di determinare la pena in modo indifferenziato per il reato di rapina propria e per quello di rapina impropria, trattandosi del medesimo reato avente ad oggetto, in entrambi i casi, la violenza o la minaccia alla persona, il fine di lucro e, dunque, la stessa oggettività giuridica. (Cass., n. 37768/2021).

Sotto il profilo delle circostanze aggravanti secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità il delitto di lesioni personali, commesso per eseguire il delitto di rapina, è procedibile d’ufficio e non a querela di parte, ricorrendo, in tali ipotesi, l’aggravante del nesso teleologico ai sensi del combinato disposto degli artt. 585, 576, primo comma, n. 1 e 61, primo comma, n. 2, C.p. (Cass., Sez. 2, n. 22081 del 03/07/2020);

Sotto il profilo delle circostanze attenuanti secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità ai fini della configurabilità dell’attenuante del danno di speciale tenuità (ex art. 62 n. 4 C.p.) con riferimento al delitto di rapina, non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissimo valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona, attesa la natura plurioffensiva del delitto ex art. 628, il quale lede non solo il patrimonio, ma anche la libertà e l’integrità fisica e morale della persona aggredita per la realizzazione del profitto. (Cass., Sez. 2 n. 37862/2021)
Ne consegue che, solo ove la valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale tenuità può farsi luogo all’applicazione dell’attenuante, sulla base di un apprezzamento riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità, se immune da vizi logico-giuridici (Cass., Sez. 2, n. 50987 del 17/12/2015; Cass., n. 50660 del 05/10/2017). (Cass., Sez. 2 n. 37862/2021).

Quanto alla ulteriore attenuante di cui all’art. 62 n. 6 C.p., si è ritenuta circostanza non idonea la restituzione della refurtiva in conformità all’indirizzo secondo cui, in tema di circostanza attenuante del risarcimento del danno, il carattere integrale dello stesso nel delitto di rapina va verificato in funzione del duplice oggetto della condotta dell’agente in relazione all’interesse leso, dovendo in esso quindi ricomprendersi, oltre al danno cagionato contro il patrimonio dall’azione diretta all’impossessamento della cosa, anche quello fisico o morale, prodotto alla incolumità personale od alla libertà individuale della persona offesa (Cass., Sez. 2, n. 6479 del 13/01/2011). 

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