Reati commessi da più persone in danno reciproco.
Incompatibilità a testimoniare.
Le indagini di uffici diversi del pubblico ministero si considerano collegate: ….b) se si tratta di reati dei quali gli uni sono stati commessi in occasione degli altri, o per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l’impunità, o che sono stati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre, ovvero se la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un’altra circostanza.
E ampiamente consolidata, nella giurisprudenza della Corte di legittimità, l’affermazione che l’incompatibilità a testimoniare, in capo a coloro che ricoprono contestualmente la veste di imputati e persone offese di reati reciproci, non sussiste in relazione a quei reati che, seppur formalmente tali – nel senso, cioè, di essere stati commessi “da più persone in danno reciproco le une delle altre“, così come recita l’art. 371 co. 2 lett. b) cod. proc. pen. – siano tuttavia stati consumati in contesti spaziali e temporali del tutto distinti ed estranei e perciò non riconducibili alla previsione della disposizione codicistica testé citata.
Invero, se così non fosse, si lascerebbe spazio alla possibilità di denunce strumentalmente finalizzate a creare situazioni di incompatibilità a testimoniare, così venendo inammissibilmente ad incidere sul corretto esercizio della giurisdizione penale, laddove la negazione ai soggetti che versano nella descritta situazione di “reciprocità” della piena capacità di testimoniare deve ritenersi costituzionalmente legittima unicamente se il presupposto dell’incompatibilità sia ancorato ad un elemento oggettivo, come tale non soggettivamente determinabile a piacimento: dunque, soltanto se i reati siano stati commessi reciprocamente nel medesimo contesto causale, di spazio e tempo, dovendosi per l’effetto escludere, nel solco di una interpretazione costituzionalmente orientata, le ipotesi il cui il vincolo della reciprocità sia determinato dal comportamento di uno dei soggetti coinvolti (si vedano in tal senso Cass., Sez. 2, sent. n. 26819 del 10.04.2008; la parte motiva di Cass., Sez. 5, sent. n. 1898 del 28.10.2010 – dep. 2011, non massimata sul punto; Sez. 3, sent. n. 26409 dell’08.05.2013; Sez. 2, sent. n. 4128 del 09.01.2015). Né, d’altro canto, potrebbe qui essere utilmente richiamata l’ipotesi del collegamento probatorio, in effetti parimenti contemplata dal già citato art. 371, co. 2 lett. b), cod. proc. pen., posto che essa si ricollega all’evenienza che “un unico elemento di fatto proietti la sua efficacia probatoria in relazione ad una molteplicità di illeciti penali e non quando semplicemente la prova dei reati connessi discenda dalla medesima fonte” (cfr. Sez. 5, sent. n. 10445 del 14.12.2011 – dep. 2012).
Corte di Cassazione Penale sentenza Sez. 2 n. 23778 del 2021