Reati concernenti gli stupefacenti e lavoro di pubblica utilità

reati concernenti gli stupefacentiLa Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione relativa alla sussistenza dei presupposti ai fini dell’applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, nell’ambito di reati concernenti gli stupefacenti.

L’art. 75, comma 5-bis del, del D.P.R. n. 309 del 1990 recita testualmente “Nell’ipotesi di cui al comma 5, limitatamente ai reati di cui al presente articolo commessi da persona tossicodipendente o da assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice, con la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, su richiesta dell’imputato e sentito il pubblico ministero, qualora non debba concedersi il beneficio della sospensione condizionale della pena, può applicare, anziché le pene detentive e pecuniarie, quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalità ivi previste”.

Se ne deduce che, in ambito di reati concernenti gli stupefacenti, nel quadro della discrezionale applicazione dell’istituto della pena alternativa (art. 73 comma 5-bis: “...il giudice può applicare...”), il giudice di merito abbia il dovere, anche in rapporto alle peculiari finalità di emenda e reinserimento sociale della sanzione penale (art. 27 Cost.), di verificare e ricercare, se necessario, ex officio, gli elementi utili per una esauriente delibazione della richiesta dell’interessato, sul quale non può gravare l’onere probatorio di fornire la piena dimostrazione della sussistenza di tutte le condizioni normative per accedere al beneficio dell’alternativa esecuzione della pena.

L’esercizio di tale dovere di ricerca e controllo di idonei dati informativi (stato di tossicomania; eventuale iscrizione ad un SERT e/o sottoposizione a programmi terapeutici di recupero; orientamenti e attitudini lavorative del richiedente; anteriori o attuali occupazioni lavorative; ecc.), richiede, quale specifica precondizione funzionale, che il giudice di merito sia in concreto posto in grado di attivarsi efficacemente in base a precisate, se pur sommarie, indicazioni provenienti dallo stesso imputato.

A tal fine il requisito pregiudiziale dell’istituto previsto dall’art. 73 comma 5-bis, l’essere l’imputato “persona tossicodipendente”, non può discendere, ove non già aliunde risultante dagli atti, da un generico labiale assunto dello stesso imputato.

Di tal che i pur doverosi accertamenti del giudice di merito in tanto si rendono utilmente esperibili, in quanto siano indotti da una responsabile richiesta dell’imputato, sorretta almeno da tracce di reale esistenza di elementi meritevoli di approfondimento e verifica da parte del giudice per i fini di cui all’art. 73 comma 5-bis.

Trova dunque applicazione il principio, affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di reati concernenti gli stupefacenti, perché sorga l’obbligo del giudice di verificare l’esistenza dei presupposti per l’applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, è necessario che l’imputato indichi in modo sufficientemente preciso l’esistenza di elementi utili ai fini dell’accertamento delle condizioni normative richieste e non è sufficiente, a tal fine, la mera affermazione dell’imputato del proprio stato di tossicodipendenza.

Corte di Cassazione Sent. Num. 45223 Anno 2016

Corte di Cassazione Ord. Num. 48396 Anno 2013

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *