Il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, C.p.P. può essere proposto per i seguenti motivi:
a) esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri;
b) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale;
c) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza;
d) mancata assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta anche nel corso dell’istruzione dibattimentale limitatamente ai casi previsti dall’articolo 495, comma 2;
e) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame.
Mentre i primi 4 commi si traducono in errores in iudicando il comma 5 fa valere i c.d. vizi di motivazione, sotto il profilo della illogicità e della contraddittorietà.
A tale proposito, giova ribadire che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione, il sindacato di legittimità sul discorso giustificativo della decisione è limitato a verificare che i giudici di merito abbiano supportato la decisione con un logico apparato argomentativo e che abbiano affrontato esplicitamente o implicitamente i punti rilevanti del thema decidendum, non potendo – il suddetto sindacato – estendersi al compito di sostituire la logica ed adeguata valutazione dei primi giudici con altre autonome valutazioni o di raffrontarla con altri modelli logici o valutativi, magari altrettanto giustificabili (cfr., ex multis, Cass., Sez. Un. 23/6/2000 n. 12; Cass., Sez. Un. 2/7/1997 n. 6402; Cass., Sez. Un. 22/10/1996).
Altresì, giova premettere e ribadire che l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione essere limitato a riscontrare l’esistenza di un logico e complessivo apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza o l’inconferenza fattuale delle argomentazioni di cui il Giudice di merito si sia avvalso per sottolineare il suo convincimento ovvero la loro rispondenza alle acquisizioni processuali, e ciò al fine di evitare che il controllo demandato alla Cassazione, anzichè “sui requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità della motivazione“, si eserciti muovendo dagli atti del processo sul contenuto della decisione (cfr. Cass. Sez. 3^, sent. 12657 del 2006). Per tale ragione, la motivazione può essere censurata quando essa sia mancante, contraddittoria ovvero manifestamente illogica e tali vizi devono risultare dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame.
La motivazione, dunque, si considera mancante non solo quando è completamente omessa, ma anche quando è apparente o priva di singoli momenti esplicativi in ordine ai temi sui quali deve vertere il giudizio. Si considera manifestamente illogica allorchè l’incoerenza è evidente, ovvero di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi“, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi di diritto (cfr. Cass., Sez. Un. 23/6/2000 n. 12; conf. Cass., Sez. Un. 16/12/1999 n. 24). Cass., Sez. III, sent. 5 novembre 2007, n. 40542.