La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente la ripartizione del trattamento di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite, entrambi aventi i requisiti per la relativa pensione.
Secondo i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità la ripartizione del trattamento di reversibilità, in caso di concorso tra coniuge divorziato e coniuge superstite, deve essere effettuata ponderando, con prudente apprezzamento, in armonia con la finalità solidaristica dell’istituto, il criterio principale della durata dei rispettivi matrimoni, con quelli correttivi, eventualmente presenti, della durata della convivenza prematrimoniale, delle condizioni economiche e dell’entità dell’assegno divorzile (Cass., 28 aprile 2020, n. 8263).
Più in particolare, la ripartizione del trattamento di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite, entrambi aventi i requisiti per la relativa pensione, va effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei matrimoni, anche ponderando ulteriori elementi correlati alla finalità solidaristica dell’istituto, tra i quali la durata delle convivenze prematrimoniali, dovendosi riconoscere alla convivenza «more uxorio» non una semplice valenza «correttiva» dei risultati derivanti dall’applicazione del criterio della durata del rapporto matrimoniale, bensì un distinto ed autonomo rilievo giuridico, ove il coniuge interessato provi stabilità ed effettività della comunione di vita prematrimoniale. (Cass., 26 febbraio 2020, n. 5268; Cass., 7 dicembre 2011, n. 26358).
Ai fini, poi, della ripartizione del trattamento di reversibilità vanno considerati pure l’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge, le condizioni economiche dei due aventi diritto e la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali, senza mai confondere, però, la durata delle convivenza con quella del matrimonio, cui si riferisce il criterio legale, né individuare nell’entità dell’assegno divorzile un limite legale alla quota di pensione attribuibile all’ex coniuge, data la mancanza di qualsiasi indicazione normativa in tal senso (Cass., 21 settembre 2012, n. 16093; Cass., 21 giugno 2012, n. 10391).
In conclusione, il giudice deve tenere conto dell’elemento temporale (durata del matrimonio), la cui valutazione non può in nessun caso mancare – ma che, al contempo, non può divenire esclusivo nell’apprezzamento del giudice -, e deve tenere conto (alla luce della sentenza interpretativa di rigetto della Corte Costituzionale n. 419 del 4 novembre 1999) di ulteriori elementi, correlati alla finalità solidaristica che presiede al trattamento di reversibilità, da individuare facendo riferimento all’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge ed alle condizioni economiche dei due, nonché alla durata delle rispettive convivenze prematrimoniali; non tutti tali elementi, peraltro, devono necessariamente concorrere né essere valutati in egual misura, rientrando nell’ambito del prudente apprezzamento del giudice di merito la determinazione della loro rilevanza in concreto (Corte Cass., 30 marzo 2004, n. 6272; Cass., 7 dicembre 2011, n. 26358; Cass., 15 ottobre 2020, n. 22399).
Corte di Cassazione Ord. Sez. 1, n. 41960 del 30/12/2021