Rissa virtuale in Internet: dalla Diffamazione al Flaming

rissa virtualeIl Tribunale di Teramo si pronuncia sulla questione del reato di diffamazione in Internet, relativa ad una serie di messaggi offensivi intercorsi tra minori sul sito Web denominato Facebook, da cui era scaturita una vera e propria rissa virtuale con frasi forti e spesso ingiuriose.

Facebook include tra i servizi la possibilità per gli utenti di ricevere ed inviare messaggi e di scrivere sulla bacheca di altri utenti e consente di impostare l’accesso ai vari contenuti del proprio profilo attraverso una serie di “livelli” via via più ristretti e/o restrittivi.

L’attività di c.d. “tagging” consente poi di copiare messaggi e foto pubblicati in bacheca e nel profilo altrui, che di fatto sottrae questo materiale dalla disponibilità dell’autore e sopravvive alla stessa sua eventuale cancellazione dal Social Network.

Se ne ricava che la “rissa virtuale” tra minori essendosi verificata in Internet non conosce limiti alla potenziale diffusione.

Sussiste in primis una responsabilità genitoriale dei minori.

I genitori, per andare esenti dalla responsabilità di cui all’art. 2048 C.c., devono dimostrare non solo di avere adempiuto all’onere educativo indicato loro dall’art. 147 cc, che non consiste solo nella mera indicazione di regole, conoscenze o moduli di comportamento, bensì pure nel fornire alla prole gli strumenti indispensabili alla costruzione di relazioni umane effettivamente significative per la migliore realizzazione della loro personalità, ma anche di avere poi effettivamente e concretamente controllato che i figli abbiano assimilato l’educazione loro impartita.

In sostanza ai fini dell’esonero dalla loro responsabilità, i genitori devono fornire la prova liberatoria di non aver potuto impedire il fatto.

Prova che si concretizza nella dimostrazione di avere esercitato sui figli una vigilanza adeguata all’età.

Trattandosi di una vera e propria “rissa virtuale” la stessa ha avuto certamente una causa scatenante, una iniziale condotta ingiuriosa e  diffamatoria dalla quale il tutto a presso le mosse.

Appare evidente allora come la prima offesa scatenante abbia assunto, in termini giuridici, i caratteri della vera e propria “provocazione“.

Una spinta emotiva a contro ingiuriare, e ciò non solo con riguardo alla destinataria diretta dell’ingiuria, ma anche per chi, comprensibilmente, ha sentito offeso l’onore della propria amica ed ha così deciso, nella sua immaturità, di rimediare, non senza tracimare con atteggiamento tipicamente infantile, fino ad allestire addirittura un gruppo finalizzato alla risposta offensiva.

L’esimente della provocazione di cui all’art. 599 C.p. esclude la punibilità dei reati di ingiuria e diffamazione, non anche tuttavia la natura di illecito civile del fatto e la conseguente obbligazione risarcitoria del danno subito dal soggetto leso.

L’attenuante della provocazione non ha incidenza sulla liquidazione dei danni patrimoniali, non potendo trovare applicazione l’art. 1227, 1° comma C.c. atteso che non è ipotizzabile il concorso di colpa del danneggiato nella produzione dell’evento lesivo.

La provocazione infatti, anche se induce una spinta emotiva, non si inserisce nel rapporto causale vero e proprio tra il fatto che produce il danno e il suo autore

In relazione invece ai danni non patrimoniali la provocazione è tutt’altro che irrilevante.

Il danno non patrimoniale trae origine dall’art. 2059 C.c., alla luce del quale simile pregiudizio deve essere risarcito “solo nei casi determinati dalla legge“.

Tale possibilità risarcitoria sembrava limitata alle sole ipotesi di reato, così come previsto dall’art. 185 C.p.  ma a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale può ormai dirsi del tutto superata questa interpretazione limitativa, di talché ogni lesione di valori di rilievo costituzionale inerente la persona comporta il ristoro del danno non patrimoniale sofferto.

L’attenuante della provocazione pur non avendo alcuna incidenza sulla liquidazione dei danni patrimoniali, può avere invece consistenza in relazione ai danni non patrimoniali e ciò non in termini di concorso di colpa, bensì come uno degli elementi che possono influire sulla liquidazione, necessariamente equitativa, di tali danni, affidata al criterio discrezionale del giudice di merito.

Il Giudice ai fini della liquidazione in via equitativa del danno non patrimoniale dovrà tenere conto in particolare della iniziale condotta offensiva che ha determinato e innescato l’effetto valanga costituito dal proferimento delle offese, che gli amici della persona offesa, in una malintesa e infantile funzione di solidale soccorso,  hanno poi reagito, creando una vera e propria “rissa virtuale”.

Tribunale  Teramo n. 18 /2012

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *