Riti speciali: differenza tra la messa alla prova e il rito abbreviato

riti specialiL’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, previsto dalla Legge n. 67 del 28 aprile 2014, si colloca, all’interno del Codice di Procedura Penale, nell’alveo dei riti speciali, trattandosi di un procedimento alternativo rispetto al rito ordinario, instaurato per scelta dell’imputato (a differenza del processo minorile, nel quale si prescinde dal consenso dell’imputato).

Sul piano sostanziale, invece, esso è inquadrato nell’ambito delle cause di estinzione del reato, effetto che si consegue con l’esito positivo della prova, quale contropartita offerta dall’ordinamento rispetto alla mancata celebrazione del processo.

Il nuovo istituto, come sottolineato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 24 del 26 novembre 2015, ha dunque effetti sostanziali, perché dà luogo all’estinzione del reato, ma è connotato da un’intrinseca dimensione processuale, in quanto consiste in un nuovo procedimento speciale, alternativo al giudizio ordinario, nel corso del quale il giudice decide con ordinanza sulla richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova.

L’art. 464-bis C.p.P., in tal senso, stabilisce i termini entro i quali, a pena di decadenza, l’imputato può formulare la richiesta: sono termini diversi, articolati secondo la tipologia delle sequenze procedimentali dei vari riti speciali (procedimento con citazione diretta a giudizio o giudizio direttissimo; giudizio immediato o procedimento per decreto).

Pur in mancanza di una specifica disposizione di raccordo con il giudizio abbreviato, deve ritenersi che la connotazione di rito alternativo assegnata dal legislatore al nuovo istituto e la sostanziale analogia fra i termini finali di richiesta della sospensione con messa alla prova e quelli entro i quali può essere avanzata la richiesta di rito abbreviato precludono, in assenza di un’espressa previsione di convertibilità dell’un rito nell’altro, la possibilità di coltivare o ripercorrere altre strade di definizione alternativa del giudizio, secondo il principio “electa una via, non datur recursus ad alteram“, già applicato dalla giurisprudenza al tema dei rapporti tra giudizio abbreviato e patteggiamento

L’alternatività dei su indicati modelli procedimentali presuppone la facoltà dell’imputato di operare una scelta tra i possibili percorsi decisori, imponendogli un’esplicita opzione tra l’uno o l’altro procedimento, dovendosi pertanto escludere che, una volta celebrato il giudizio di primo grado nelle forme del rito abbreviato, egli possa dedurre, in sede di appello, l’ingiustificato diniego della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova.

Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 6 Num. 22545 Anno 2017

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