La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che in questo articolo si riporta in commento si sofferma ad analizzare la questione relativa alla determinazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida nella misura massima prevista dalla legge a fronte di una pena stabilita nel minimo edittale dal Giudice di primo grado in relazione al reato previsto e punito dall’art. 186, comma 7, Codice della Strada.
Invero, il Giudice di primo grado a fronte dell’imputazione di cui all’articolo 186, comma 7, Codice della Strada, pronunciava su richiesta delle parti sentenza di applicazione di pena ai sensi dell’ art. 444 Codice di Procedura Penale (patteggiamento), sostituita ai sensi dell’ art. 186, comma 9-bis nella sanzione del lavoro di pubblica utilità.
Disponeva inoltre, la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, determinata in due anni.
A parere della giurisprudenza di legittimità il Giudice, nel determinare la durata della sospensione della patente di guida, sanzione che, data la natura amministrativa attribuitale, rimane comunque estranea al rito speciale del “patteggiamento”, dispone di un potere discrezionale.
Ma comunque nell’ambito di tale potere discrezionale il Giudice, allorché intende fissare la durata della sospensione della patente di guida in misura notevolmente distante dai minimi previsti dalla legge, o addirittura nei massimi, ha il dovere di indicare le ragioni della sua decisione.
Ne consegue che non è sufficiente indicare nella motivazione della sentenza semplicemente la durata della sanzione accessoria applicata senza nulla chiarire circa le ragioni per le quali si è ritenuto di applicarla nella misura massima prevista dalla legge.
E’ appena il caso di rammentare che per il reato contestato non sarebbe prevista l’applicazione del raddoppio della sospensione della patente neppure nel caso in cui il veicolo condotto dal soggetto attivo appartenga a terzo estraneo .
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 24108 Anno 2016