Il principio di diritto processuale tempus regit actum (locuzione latina: ogni atto è regolato dalla legge del tempo in cui esso si verifica) regola l’azione processuale secondo la disciplina vigente al momento in cui viene compiuta.
Un problema sorge nel caso di una modifica normativa che coinvolga una azione processuale ancora pendente, e con riguardo alle garanzie dell’imputato.
Il principio del tempus regít actum svolge l’essenziale funzione di ordinare la successione di leggi nel tempo in ambito procedurale garantendo l’applicazione uniforme delle regole processuali che subirebbero confusive ed ingestibili discontinuità ove si procedesse alla importazione in ambiente processuale del principio della lex mitíor che regola la successione delle leggi penali nel tempo in ambito sostanziale, (Cass., n. 9876/ 2021).
Occorre chiedersi se la modificazione in peius della forbice edittale del reato per cui si procede, intervenuta in un tempo successivo alla sua consumazione, ma antecedente all’esercizio dell’azione penale nei casi in cui tale modifica si risolva in un aumento del massimo edittale in misura superiore ai quattro anni imponga la necessità di esercitare l’azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio o se, invece, debba procedersi con citazione diretta. (Cass., n. 9876/ 2021).
Secondo il dispositivo di cui all’art. 550 C.p.P.: “Il pubblico ministero esercita l’azione penale con la citazione diretta a giudizio quando si tratta di contravvenzioni ovvero di delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa, sola o congiunta alla predetta pena detentiva“.
In altri termini occorre chiedersi se il rinvio disposto dall’art. 550 C.p.P. al massimo edittale debba intendersi come “fisso” ovvero individuabile in quello previsto dalla legge penale nel momento in cui si esercita l’azione penale o, invece, come “mobile“, ovvero riferibile alla pena applicabile all’imputato sulla base dei criteri indicati dall’art. 2 C.p. (Cass., n. 9876/ 2021).
Si osserva che la violazione delle regole previste dall’art. 550 C.p.P. lede il diritto di difesa solo se l’illegittimità genera una contrazione della garanzie processuali attraverso l’eliminazione della fase dell’udienza preliminare; diverso è il caso in cui l’errore nella scelta della forma di esercizio dell’azione penale renda il rito “più garantito” attraverso la celebrazione dell’udienza preliminare anche nei casi in cui la stessa non è prevista.
Non a caso l’art. 550 comma 3 C.p.P. prevede una nullità relativa limitatamente al caso in cui si sia proceduto con citazione diretta invece che con richiesta di rinvio a giudizio e non nel caso inverso.
Così in relazione al reato di atti persecutori, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che quando è in predicato la successione di leggi processuali nel tempo, non opera il principio di retroattività della legge più favorevole ritenendo legittima la citazione diretta a giudizio per un reato di “stalking” commesso prima della modifica normativa che, aumentando il limite edittale della pena, ha introdotto la necessità dell’udienza preliminare (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 35588 del 03/04/2017).
La norma del codice di procedura penale che regola i casi in cui è necessario procedere con citazione diretta distinguendoli da quelli in cui si procede con la richiesta di rinvio a giudizio è di stretta procedura non versandosi in uno dei casi in cui la norma seppur qualificata come procedurale ha le caratteristiche della norma sostanziale.
Sul punto si è condivisibilmente rilevato che il rito che contempla l’udienza preliminare rappresenta “un’alternativa procedimentale maggiormente garantita per l’imputato, sicché l’eventuale passaggio per l’udienza preliminare, anche ove essa non fosse stata necessaria, non determina alcuna nullità” (Cass., Sez. U., Sentenza n. 48590 del 18/04/2019). E che la Corte costituzionale (chiamata a pronunciarsi sulla questione di costituzionalità dell’art. 33- sexies C.p.P., prospettata con riferimento agli artt. 2, 34 e 111 Cost. relativamente alla mancata previsione della restituzione in termini dell’imputato per la richiesta di riti alternativi nel caso in cui il giudice dell’udienza preliminare abbia erroneamente disposto il rinvio a giudizio, anziché ordinare la restituzione degli atti al pubblico ministero affinché procedesse con citazione diretta) ha escluso il dubbio di costituzionalità osservando che il rito con udienza preliminare offre, nel suo complesso, maggiori garanzie all’imputato rispetto al rito con citazione diretta, sicché deve escludersi che l’adozione della sequenza processuale non richiesta per il titolo di reato, ma comunque più garantita, possa comportare la violazione dei diritti della difesa (Corte Cost., ord. n.183 del 2003).
Si ribadisce l’inderogabilità del principio del tempus regit actum che regola i rapporti di successione di leggi nel tempo in ambito procedurale anche nei casi in cui la norma di procedura faccia riferimento a limiti di pena indicati da norme sostanziali (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 18297 del 04/03/2020; Cass., Sez. U., Sentenza n. 48590 del 18/04/2019; Cass., Sez. U., Sentenza n. 44895 del 17/07/2014), – (Cass., n. 9876/ 2021).
Si ritiene pertanto che il rinvio contenuto nell’art. 550 C.p.P. al limite di pena dei quattro anni debba essere inteso come “fisso“, ovvero riferito alla norma vigente nel momento in cui si esercita l’azione penale, e non come “mobile” ovvero collegato alla norma di diritto penale sostanziale in concreto applicabile all’imputato sulla base dei criteri che regolano la successione delle leggi penali nel tempo indicati dall’art. 2 C.p. Tuttavia nei casi in cui l’errore nella scelta della forma di esercizio dell’azione penale si risolva in un accrescimento delle garanzie, ovvero nella celebrazione dell’udienza preliminare, non si verifica alcuna lesione del diritto di difesa; diversamente nei casi in cui l’erronea scelta di procedere con citazione diretta privi l’imputato della garanzia processuale correlata alla celebrazione dell’udienza preliminare si verifica una lesione del diritto difesa che configura una nullità con regime di eccepibilità vincolato (la nullità deve essere eccepita entro il termine indicato dall’art. 550 comma 3 C.p.P.). (Cass., n. 9876/ 2021).