Illudere una donna affermando di essere celibe e di aver ottenuto il divorzio dal precedente matrimonio allo scopo di portare avanti una relazione sentimentale con lei non può integrare la condotta delittuosa di tentata bigamia. Il reato deve essere quello di sostituzione di persona.
Nel caso di specie, l’imputato, uomo sposato, aveva intrapreso una relazione con la nuova compagna dicendole di essere separato dalla moglie, di avere chiesto il divorzio e di avere concrete prospettive di un annullamento da parte della Sacra Rota, sicchè erano iniziati i preparativi del matrimonio, con rito religioso, fra i due ed era stato concepito un figlio; qualche mese più tardi stante il ritardo della documentazione attestante il divorzio e l’annullamento del primo matrimonio, la donna insieme ai genitori effettuano autonome indagini e scoprono che l’uomo non soltanto non si era mai separato dalla moglie ma aspettava un figlio anche da lei.
Il giudice del merito aveva ritenuto che la condotta dell’uomo non fosse univocamente indirizzata a contrarre un matrimonio avente effetti giuridici in costanza di un altro vincolo matrimoniale anch’esso con effetti civili, quanto piuttosto fosse diretta ad illudere la nuova compagna di essere libero, allo scopo di continuare la relazione sentimentale con costei; di qui la riqualificazione del fatto, originariamente contestato come tentata bigamia, in sostituzione di persona.
L’articolo 494 c.p. sanziona, fra l’altro, la condotta di chi, al fine di procurare a sè o ad altri un vantaggio o di recare un danno, si attribuisca un falso nome o un falso stato o una falsa qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici.
La condizione di uomo libero o sposato o divorziato o non più legato da un matrimonio religioso annullato dalla Sacra Rota rappresenta certamente uno status dell’individuo, a cui, fra l’altro, la legge attribuisce effetti giuridici (senza volere, con ciò, confondere i termini della norma, in quanto, ai fini di integrazione del reato, ha rilevanza l’attribuzione di un falso stato tout court mentre è soltanto in relazione alla falsa qualità che viene richiesto l’ulteriore requisito per cui deve trattarsi di una qualità cui la legge attribuisce effetti giuridici).
E’ quindi provato che l’imputato si attribuì, negli anni, un falso stato di uomo libero (dapprima separato, poi divorziato, poi non più legato da matrimonio religioso) e sul punto non pare vi siano contestazioni neppure da parte della difesa, che nega, invece, la sussistenza dell’ulteriore elemento rappresentato dal fine di procurare a sè o ad altri un vantaggio.
Si sostiene che l’iniziare una relazione affettiva ed il mantenerla non costituisce un vantaggio a cui la legge attribuisca una tutela giuridica.
Il delitto di sostituzione di persona appartiene al novero dei delitti contro la fede pubblica ma ha natura plurioffensiva, in quanto tutela anche gli interessi del soggetto privato nella cui sfera giuridica l’atto (nel nostro caso l’attribuzione del falso stato) sia destinato ad incidere concretamente.
Il delitto si consuma nel momento in cui taluno è indotto in errore con i mezzi indicati nella norma a prescindere dal fatto che il vantaggio avuto di mira dall’agente sia stato o meno conseguito.
La nozione di vantaggio è stata interpretata dalla giurisprudenza della Corte di legittimità in termini piuttosto ampi ricomprendendo qualunque forma di vantaggio, anche lecito e di natura non patrimoniale (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 182 del 03/02/1970).
Da ultimo si è ritenuto che:
“Integra il delitto di sostituzione di persona (articolo 494 c.p.) la condotta di colui che crea ed utilizza un “profilo” su social network, utilizzando abusivamente l’immagine di una persona del tutto inconsapevole, associata ad un “nickname” di fantasia ed a caratteristiche personali negative. (In motivazione, la Corte ha osservato che la descrizione di un profilo poco lusinghiero sul “social network” evidenzia sia il fine di vantaggio, consistente nell’agevolazione delle comunicazioni e degli scambi di contenuti in rete, sia il fine di danno per il terzo, di cui è abusivamente utilizzata l’immagine)” Cass., Sez. 5, n. 25774 del 23/04/2014 “Integra il delitto di sostituzione di persona (articolo 494 c.p.) la condotta di colui che si attribuisca un falso nome in modo da poter avviare una corrispondenza con soggetti che, altrimenti, non gli avrebbero concesso la loro amicizia e confidenza. (Nella specie, l’imputato aveva inviato lettere a terze persone fingendosi una donna vittima di violenze sessuali)” Cass., Sez. 5, n. 36094 del 27/09/2006.
“Il dolo specifico del delitto di sostituzione di persona consiste nel fine di procurare a sè o ad altri un vantaggio patrimoniale o non patrimoniale, ovvero di recare ad altri un danno. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione impugnata che ha ravvisato gli estremi del reato di cui all’articolo 494 c.p. con riferimento alla condotta di un calciatore che, al fine di prendere parte ad una partita nonostante fosse stato squalificato, si era attribuito la identità di altro giocatore)” Cass., Sez. 5, n. 41012 del 26/05/2014.
E’ di tutta evidenza come la nozione di vantaggio, tracciata nelle sentenze riportate, implichi un miglioramento che non necessariamente deve essere quantificabile in termini economici ma, in senso lato, deve corrispondere ad un mutamento esistenziale percepito come positivo dall’agente o ad un accrescimento delle opportunità (quindi l’agevolazione dei contatti in rete, la corrispondenza con persone altrimenti inavvicinabili, la possibilità di scendere in campo, l’evitare la cancellazione del proprio nome dall’elenco dei donatori di sangue).
Non si vede per quale motivo possa essere escluso dalla nozione di vantaggio, in questi termini delineata, l’avere instaurato o comunque mantenuto, per un apprezzabile lasso di tempo, una relazione affettiva e di convivenza.
Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza 10 agosto 2016, n. 34800