La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza in commento si sofferma nuovamente ad affrontare la tematica inerente il reato di diffamazione consumato, nel caso di specie, attraverso l’invio di una e-mail.
Si osserva come, nella materia inerente il reato di diffamazione, la giurisprudenza di legittimità abbia posto in evidenza, nel corso degli anni e in diverse pronunce, che il requisito della comunicazione con più persone possa ritenersi integrato anche “non simultaneamente”, ossia parlando in tempi diverse con due persone differenti.
Deve comunque essere integrato il requisito minimo richiesto dalla legge, ovvero della comunicazione del contenuto diffamatorio ad almeno due persone.
In altre pronunce la Suprema Corte di Cassazione ha affermato che il reato di diffamazione possa ritenersi consumato anche solo parlando con una persona affinché questa ripeta la notizia diffamatoria ad altri che poi effettivamente la ricevano.
Inoltre il reato di diffamazione si realizza anche nell’ipotesi in cui il soggetto agente, parlando ad alta voce affinché altri, non direttamente partecipi alla conversazione, tuttavia ascoltino.
Infine la giurisprudenza di legittimità ha affermato che ai fini della formazione del numero delle persone richieste diverse dal destinatario, per la consumazione del reato de quo, possa concorrere anche un congiunto sia del diffamante che del diffamatore.
Il nucleo comune di tutte le fattispecie appena richiamate risiede, dunque, nel fatto che in tanto si realizza il connotato tipico della diffamazione, ossia la diffusività della notizia denigratoria, in quanto questa raggiunga in concreto un numero di persone superiore alla unità, posto che diversamente, il colloquio fra due soggetti privati a proposito di terzi rimane, di regola, oggetto del prevalente interesse alla riservatezza delle comunicazioni costituzionalmente garantito.
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 5 Num. 15542 Anno 2011