Giorgio De Chirico e la Metafisica

Giorgio De Chirico e la Metafisica

Intorno al lavoro di Giorgio de Chirico si sviluppa la Meatafisica. Per alcuni anni egli conduce la propria ricerca sostanzialmente isolato. Dal 1916 però, altri grandi artisti ispirandosi alle sue opere, elaborano un loro linguaggio personale.

Per Giorgio de Chirico, l’uomo e il mondo sono un enigma. I luoghi sono sognati, solo apparentemente reali, tutto è immobilizzato:

qui non possono abitare uomini, ma solo manichini, che degli uomini hanno l’aspetto, non l’essenza né il cuore.

Tra i quadri di Giorgio de Chirico ricordiamo Le Muse inquietanti, Ettore e Andromaca, Canto d’amore, L’enigma di un pomeriggio d’autunno, L’enigma dell’oracolo.

In De Chirico troviamo elementi di cultura nordica non pittorica (Nietzsche, Schopenhauer, Weininger) ed elementi di cultura pittorica classicista e visionaria (N. Poussin, C. Lorrain, C. D. Friedrich) che lo inducono a creare un’atmosfera magica pur nella concreta individuazione delle singole presenze.

Il primo a seguire l’esempio di Giorgio de Chirico è Carlo Carrà. E’ la fine del Futurismo ad indurre Carrà al graduale recupero dell’integrità degli oggetti, alla “poetica delle cose ordinarie”: Il gentiluomo ubriaco, L’idolo ermafrodito, L’amante dell’ingegnere.

Quindi, è la volta di Giorgio Morandi che giunge alla formula metafisica seguendo una logica interna alla sua ricerca formale, al di fuori d’immediate motivazioni storiche.

Le sue nature morte sono caratterizzate da manichini, sfere, squadre, ma nelle sue opere successive, restano metafisiche soltanto la geometria delle composizioni, la severità della tavolozza e l’atmosfera assorta.

Filippo De Pisis usa sovente il collage, secondo una tecnica derivata dal dadaismo, ma con intenzioni e risultati lirici: Poeta folle, Natura morta con guanto, L’ora fatale.

A conferire alla Metafisica un inquadramento sul piano teorico è Alberto Savinio  fratello di Giorgio de Chirico nel poema intitolato “Les Chants de la Mi-Mort” dove annuncia la presenza d’uomini senza voce, occhi e volto. Fantasmi che lo stesso poeta dipinge in un quadro dal nome “Senza titolo”.

Il sodalizio tra gli artisti non dura a lungo. Carrà, che proviene dal Futurismo, vuole stupire comunicando un’immagine o un oggetto quotidiano attraverso il rigore della forma come nella Musa metafisica e in Ovale delle apparizioni. De Chirico e suo fratello invece cercano un altro genere di suggestione più intetica e filosofica. La rottura ideologica avviene nel 1919, dopo la pubblicazione del libro di Carrà “La pittura metafisica” in cui Giorgio de Chirico non viene neanche citato.

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