File Sharing

file sharingLa Corte di Cassazione con le sentenze in commento si sofferma sulla divulgazione, per via telematica, mediante un programma di “file sharing”, di filmati di contenuto pedo-pornografico.

Va ricordato, a tale proposito, come la giurisprudenza della Corte di Cassazione abbia già avuto modo di chiarire, in diverse pronunce, che la sussistenza del reato di cui all’art. 600ter, comma terzo, C.p. deve essere esclusa nel caso di semplice utilizzazione di programmi di file sharing, che comportino nella rete internet l’acquisizione e la condivisione con altri utenti dei files contenenti materiale pedo-pornografico, quando difettino ulteriori elementi indicativi della volontà dell’agente di divulgare tale materiale.

Come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, affinché sussista il dolo del reato di cui all’art. 600 ter, comma 3, C.p. occorre che sia provato che il soggetto abbia avuto, non solo la volontà di procurarsi materiale pedopornografico, ma anche la specifica volontà di distribuirlo, divulgarlo, diffonderlo o pubblicizzarlo, desumibile da elementi specifici e ulteriori rispetto al mero uso di un programma di file sharing.

Occorre verificare le particolari modalità di acquisizione e condivisione di file mediante le piattaforme di file sharing, la cui mera utilizzazione non implica necessariamente la consapevolezza della condivisione con altri utenti.

Va ricordato, infatti, che l’art. 600 ter, comma 3, C.p. punisce, tra l’altro, chiunque “con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza” il materiale pedopornografico.

Si tratta, nei singoli casi concreti, di una questione interpretativa abbastanza delicata.

Il sistema dovrebbe essere razionalmente ricostruito giungendo a soluzioni che tengano conto delle effettive caratteristiche e delle concrete modalità di utilizzo di programmi di file sharing da parte degli utenti e che, nello stesso tempo, soddisfino l’esigenza di contrastare efficacemente una assai grave e pericolosa attività illecita, quale la diffusione di materiale pornografico minorile.

Allo stesso tempo occorre evitare di coinvolgere soggetti che possono essere in piena buona fede o che comunque possono non avere avuto nessuna volontà o addirittura consapevolezza di diffondere materiale illecito, soltanto perché stanno utilizzando questi (e non altri) programmi, e cercando altresì di evitare che si determini di fatto la scomparsa di programmi di file sharing.

Una diversa interpretazione, secondo cui la semplice volontà di procurarsi un file illecito utilizzando un programma di file sharing implicherebbe necessariamente anche la volontà di diffonderlo porterebbe a configurare una sorta di presunzione iuris et de iure di volontà di diffusione o una sorta di responsabilità oggettiva, fondate esclusivamente sul fatto che, per procurarsi il file, il soggetto sta usando un determinato programma di condivisione e non un programma o un metodo diversi.

Cassazione n. 45914 Anno 2015

Cassazione n. 46736 Anno 2012

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