Libertà e segretezza delle comunicazioni e della corrispondenza

libertàLa libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altro mezzo di comunicazione costituiscono un diritto dell’individuo, rientrante tra i valori supremi costituzionali, tanto da essere espressamente qualificato dall’art. 15 della Costituzione come diritto inviolabile.

La stretta attinenza di tale diritto al nucleo essenziale dei valori di personalità comporta una duplice caratterizzazione della sua inviolabilità.

In base all’art. 2 della Costituzione, il diritto a una comunicazione libera e segreta è inviolabile, nel senso generale che il suo contenuto essenziale non può essere oggetto di revisione costituzionale, in quanto incorpora un valore della personalità avente un carattere fondante rispetto al sistema democratico voluto dal Costituente.

In base all’art. 15 della Costituzione, lo stesso diritto è inviolabile nel senso che il suo contenuto di valore non può subire restrizioni o limitazioni da alcuno dei poteri costituiti se non in ragione dell’inderogabile soddisfacimento di un interesse pubblico primario costituzionalmente rilevante, sempreché l’intervento limitativo posto in essere sia strettamente necessario alla tutela di quell’interesse e sia rispettata la duplice garanzia che la disciplina prevista risponda ai requisiti propri della riserva assoluta di legge e la misura limitativa sia disposta con atto motivato dell’autorità giudiziaria.

L’esigenza di reprimere i reati, quale interesse pubblico primario, costituzionalmente rilevante, può giustificare anche il ricorso a un mezzo dotato di formidabile capacità intrusiva, quale l’intercettazione telefonica.

Tuttavia, proprio perché si tratta di uno strumento estremamente penetrante e in grado di invadere anche la privacy di soggetti terzi, del tutto estranei ai reati per i quali si procede, le restrizioni alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni conseguenti alle intercettazioni telefoniche sono sottoposte a condizioni di validità particolarmente rigorose, commisurate alla natura indubbiamente eccezionale dei limiti apponibili a un diritto personale di carattere inviolabile, quale la libertà e la segretezza delle comunicazioni (art. 15 della Costituzione).

Pertanto, l’atto dell’autorità giudiziaria con il quale vengono autorizzate le intercettazioni telefoniche deve essere “puntualmente motivato”, quanto che l’utilizzazione in giudizio come elementi di prova delle informazioni raccolte con le intercettazioni legittimamente disposte nell’ambito di un processo deve essere circoscritta alle informazioni strettamente rilevanti al processo stesso.

Dalla tutela della libertà di comunicazione deriva dunque che, in via di principio, è vietata l’utilizzabilità dei risultati di intercettazioni validamente disposte nell’ambito di un determinato giudizio come elementi di prova in processi diversi, per il semplice fatto che, ove così non fosse, si vanificherebbe l’esigenza che l’atto giudiziale di autorizzazione delle intercettazioni debba essere puntualmente motivato nei sensi e nei modi precedentemente chiariti.

CORTE COSTITUZIONALE SENTENZA 11-23 LUGLIO 1991 N. 366

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