Potere discrezionale del giudice nell’applicazione della pena

potere discrezionaleLa Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento si pronuncia in merito all’esercizio del potere discrezionale del giudice nell’applicazione della pena.

Ai sensi dell’art. 132 Codice Penale: “Nei limiti fissati dalla legge, il giudice applica la pena discrezionalmente; esso deve indicare i motivi che giustificano l’uso di tale potere discrezionale. Nell’aumento o nella diminuzione della pena non si possono oltrepassare i limiti stabiliti per ciascuna specie di pena, salvi i casi espressamente determinati dalla legge“.

Ai sensi del successivo art. 133 Codice Penale: “Nell’esercizio del potere discrezionale indicato nell’articolo precedente, il giudice deve tener conto della gravità del reato, desunta:
1) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall’oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell’azione;
2) dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato;
3) dalla intensità del dolo o dal grado della colpa.
Il giudice deve tener conto, altresì, della capacità a delinquere del colpevole, desunta:
1) dai motivi a delinquere  e dal carattere del reo ;
2) dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato ;
3) dalla condotta contemporanea o susseguente al reato ;
4) dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo“.

Per costante giurisprudenza di legittimità, “la graduazione della pena, anche rispetto agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 Codice Penale, sicché è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena”.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno altresì puntualizzato che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto.

Corte di Cassazione Penale Ord. Sez. 7 Num. 50943 Anno 2016

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