L’esimente della Provocazione è disciplinata dall’art. 599, comma 2, C.p.: “Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti dall’articolo 595 nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso“.
Secondo i principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità “ai fini della configurabilità dell’attenuante della provocazione occorrono: a) lo “stato d’ira”, costituito da un’alterazione emotiva che può anche protrarsi nel tempo e non essere in rapporto di immediatezza con il “fatto ingiusto altrui”; b) il “fatto ingiusto altrui”, che deve essere connotato dal carattere della ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarietà a regole giuridiche, morali e sociali, reputate tali nell’ambito di una determinata collettività in un dato momento storico e non con riferimento alle convinzioni dell’imputato e alla sua sensibilità personale; c) un rapporto di causalità psicologica e non di mera occasionalità tra l’offesa e la reazione, indipendentemente dalla proporzionalità tra esse, sempre che sia riscontrabile una qualche adeguatezza tra l’una e l’altra condotta” (cfr. da ultimo Cass., Sez. 1, n. 21409 del 27/03/2019); (cit. Cass. n. 17958/2020).
Al riguardo, ai fini del riconoscimento dell’esimente della provocazione nei delitti contro l’onore, sebbene sia sufficiente che la reazione abbia luogo finché duri lo stato d’ira suscitato dal fatto provocatorio, non essendo necessaria una reazione istantanea, è richiesta tuttavia l’immediatezza della reazione, intesa come legame di interdipendenza tra reazione irata e fatto ingiusto subito, sicché il passaggio di un lasso di tempo considerevole può assumere rilevanza al fine di escludere il rapporto causale e riferire la reazione ad un sentimento differente, quale l’odio o il rancore (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 7244 del 06/07/2015, che, nella specie, ha ritenuto sussistente lo stato d’ira per le offese pronunciate all’indirizzo della persona offesa lo stesso giorno della condotta provocatoria, a seguito di un incontro casuale in strada, ma non per le dichiarazioni diffamatorie rese ai giornali il giorno dopo, le quali, persa la natura di sfogo immediato per l’ingiustizia subita, avevano assunto la veste di mera ritorsione vendicativa); (cit. Cass. n. 3204/2021).
Sotto altro profilo, nel rammentare che la causa di non punibilità della provocazione di cui all’art. 599, comma 2, C.p. sussiste, non solo quando il fatto ingiusto altrui integra gli estremi di un illecito codificato, ma anche quando consiste nella lesione di regole di civile convivenza, purché apprezzabile alla stregua di un giudizio oggettivo, con conseguente esclusione della rilevanza della mera percezione negativa che di detta violazione abbia avuto l’agente (Cass., Sez. 5, n. 21133 del 09/03/2018).
Inoltre secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, l’esimente della provocazione, di cui all’articolo 599 C.p. è applicabile anche nel caso in cui la reazione dell’agente sia diretta nei confronti di persona diversa dal provocatore quando quest’ultimo sia legato all’offeso da rapporti tali da giustificare la reazione offensiva nei suoi confronti (Cass., Sez. 5, n. 37950 del 20/06/2017; Sez. 5, n. 12308 del 28/11/2012).