La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente la sussistenza o meno del reato di atti persecutori di cui all’art. 612 bis C.p. nell’ambito di un rapporto amicale tra il vittima e il suo “persecutore“.
Nel caso di specie tra la vittima e il persecutore vi era un rapporto amicale sebbene al di fuori di una relazione ormai percepita come morbosa, e ciò a giudizio della giurisprudenza di legittimità esclude il reato di stalking, considerato il fatto, che la persona offesa non ha modificato le sue abitudini di vita a causa della sua condotta, che costituisce uno degli eventi richiesti dalla norma incriminatrice.
Invero, ai sensi dell’art. 612 bis C.p. ai fini della configurazione della condotta è necessario che si verifichi un “perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita“.
Inoltre non veniva rilevato alcuno stato d’ansia o paura da parte della vittima, elemento anch’esso necessario ai fini dell’integrazione del reato di atti persecutori.
Per quanto concerne la sussistenza dell’elemento psicologico del reato, deve ribadirsi che, nel delitto di atti persecutori, che ha natura di reato abituale di evento, l’elemento soggettivo è integrato dal dolo generico, il cui contenuto richiede la volontà di porre in essere più condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell’abitualità del proprio agire, ma non postula la preordinazione di tali condotte – elemento non previsto sul fronte della tipicità normativa – potendo queste ultime, invece, essere in tutto o in parte anche meramente casuali e realizzate qualora se ne presenti l’occasione (Cass., Sez. 5, n. 43085 del 24/9/2015; Cass., Sez. 5, n. 18999 del 19/2/2014).
Corte di Cassazione penale, sentenza n. 36621/2019