Appropriazione nel delitto di peculato
Dispositivo dell’art. 314 C.p.
Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e sei mesi.
Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.
Secondo l’orientamento della Corte di legittimità il peculato è integrato non da qualsiasi forma di appropriazione realizzata dal pubblico ufficiale, ma solo da quella che abbia ad oggetto denaro o cose di cui questi abbia la disponibilità diretta e rispetto alle quali egli abbia un «potere di firma» (Cass., Sez. 6, n. 4055 del 02/03/2021). In sostanza, il peculato sanziona il tradimento della fiducia di colui al quale l’ordinamento ha conferito la possibilità di disporre in autonomia del denaro o della cosa affidatagli e che abbia abusato della sua funzione.
A fronte di procedimenti complessi, come appunto le ordinarie procedure di spesa pubblica, che vedono il frazionamento tra più persone fisiche, risponde comunque del delitto di peculato il pubblico agente che abbia il possesso e la disponibilità del denaro, per determinati fini istituzionali, come antecedente della condotta illecita, mentre nella truffa l’impossessamento della cosa è solo l’effetto degli artifici e raggiri. Ciò che differenzia le due figure criminose è il modo con il quale il funzionario infedele acquista il possesso (materiale o giuridico) del denaro oggetto del reato perché nel peculato il presupposto è costituito dall’averne legittimamente la disponibilità, per ragione dell’ufficio o del servizio, facilitandone la sua successiva appropriazione, anche se con forme di fraudolenza, fatte sempre salve eventuali ulteriori ipotesi di reato eventualmente concorrenti; mentre nella truffa aggravata il momento consumativo coincide con il conseguimento del possesso quale diretta conseguenza dell’inganno (Cass., Sez. 6, n. 34517 del 05/07/2023).
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 6 n. 19106 del 2024