Immissioni sonore anche in assenza della consulenza tecnica d’ufficio
Il superamento del limite di tollerabilità delle immissioni non presuppone necessariamente un attento e scrupoloso accertamento peritale ovvero ad una prova testimoniale.
Nel caso di specie non era stato possibile esperire una consulenza tecnica utile al fine di verificare il rispetto dei limiti di tollerabilità delle immissioni avendo i convenuti rimosso gli animali asseritamente produttivi delle immissioni. Dopo aver richiamato la differenza che concerne i limiti di tollerabilità fissati da norme speciali e quelli, invece, necessari ai fini del rispetto della norma di cui all’art. 844 c.c., ben potendo ravvisarsi la violazione dell’art. 844 c.c. anche nel caso in cui i primi siano rispettati, osservava la Corte territoriale che poteva addivenirsi ad una valutazione favorevole agli attori, anche in assenza di rilevamenti fonometrici, ove però altri elementi di giudizio confortino la valutazione sul punto. Ne derivava quindi anche l’esistenza di un danno in re ipsa.
Opinare diversamente, e precludere quindi al giudice, nell’ambito del potere allo stesso riservato di apprezzamento delle emergenze probatorie, di riconoscere il carattere della intollerabilità, anche avvalendosi di mezzi di prova diversi dalla consulenza tecnica d’ufficio, equivarrebbe ad attribuire alla condotta unilaterale del danneggiante la possibilità di vanificare il diritto al risarcimento del danno, impregiudicata in ogni caso la necessità che dalle prove offerte emerga l’effettiva dimostrazione dei caratteri delle immissioni tali da generare il diritto al risarcimento del danno
Secondo il principio, anche di recente ribadito dalla Corte di legittimità secondo cui (Cass. n. 23754/2018) i parametri fissati dalle norme speciali a tutela dell’ambiente (dirette alla protezione di esigenze della collettività, di rilevanza pubblicistica), pur potendo essere considerati come criteri minimali inderogabili, al fine di stabilire l’intollerabilità delle emissioni che li superino, non sono sempre vincolanti per il giudice civile il quale, nei rapporti fra privati, può pervenire al giudizio di intollerabilità ex art. 844 c.c. delle dette emissioni anche qualora siano contenute nei summenzionati parametri, sulla scorta di un prudente apprezzamento che tenga conto della particolarità della situazione concreta e dei criteri fissati dalla norma civilistica, hanno nella fattispecie proceduto a tale verifica, con accertamento connotato da logicità e coerenza, che in quanto tale, come precisato nel precedente appena richiamato, costituisce accertamento di merito insindacabile in sede di legittimità.
Inoltre anche di recente è stato affermato che (Cass. n. 1606/2017) in tema di immissioni (nella specie di rumori ed esalazioni provocati dallo svolgimento di attività di officina), i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità ex art. 844 c.c. costituiscono tipicamente accertamenti di natura tecnica che, di regola, vengono compiuti mediante apposita consulenza d’ufficio con funzione “percipiente“, in quanto soltanto un esperto è in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone, l’intensità dei suoni o delle emissioni di vapori o gas, nonchè il loro grado di sopportabilità per le persone, ma nella specie, come emerge dalla vicenda processuale pacificamente in atti, i convenuti immediatamente dopo la notifica dell’atto di citazione, avevano spontaneamente rimosso le cause delle asserite immissioni intollerabili, di guisa che ogni indagine di natura tecnica si rendeva impossibile, mancando lo stesso oggetto su cui svolgere le indagini peritali.
Soccorre a tal fine il diverso principio sempre affermato della Corte secondo cui (Cass. n. 2166/2006) in tema di immissioni (nella specie di rumori provocati dallo svolgimento di attività sportive), i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità previsto dall’art. 844 c.c. non debbono essere necessariamente di natura tecnica, non venendo in rilievo l’osservanza dei limiti prescritti dalle leggi speciali (in particolare la L. n. 477 del 1995 sul cosiddetto inquinamento acustico) la cui finalità è quella di garantire la tutela di interessi collettivi e non di disciplinare i rapporti di vicinato, e ciò tanto più nell’ipotesi in cui – trattandosi di emissioni rumorose discontinue e spontanee – le stesse difficilmente sarebbero riproducibili e verificabili su un plano sperimentale.
Risarcimento delle immissioni sonore anche in assenza di un danno biologico
Quanto poi al riscontro del pregiudizio, occorre ricordare che (Cass. n. 20927/2015) il danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti, la cui tutela è ulteriormente rafforzata dall’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, norma alla quale il giudice interno è tenuto ad uniformarsi a seguito della cd. “comunitarizzazione” della Cedu.
Trattasi di affermazione che ha ricevuto l’avallo anche delle Sezioni Unite, che nella sentenza n. 2611/2017 hanno affermato che l’assenza di un danno biologico documentato non osta al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite, allorchè siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione ed il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, quali diritti costituzionalmente garantiti, nonchè tutelati dall’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, la prova del cui pregiudizio può essere fornita anche con presunzioni, confermando la decisione di merito, che aveva riconosciuto sussistente una turbativa della vita domestica degli originari attori, conseguente alle immissioni sonore e luminose provenienti da un palco montato ad un metro di distanza dalla relativa abitazione (conf. Cass. n. 10861/2018).
Nella fattispecie in esame, i giudici di appello, una volta escluso che le immissioni avessero determinato delle conseguenze incidenti direttamente sull’integrità psico fisica degli attori, hanno però comunque riscontrato la compromissione delle abitudini di vita quotidiana, per effetto delle medesime immissioni, liquidando il danno in via equitativa, in una somma di pari importo per ognuno degli attori, senza che ciò implichi un’omessa valutazione delle peculiarità del singolo danneggiato, avuto riguardo al fatto che tutti gli attori occupavano per finalità abitative l’immobile sottoposto alle immissioni moleste.
Corte di Cassazione, Sezione II Civile, ordinanza 28 luglio 2021, n. 21621