La Gioconda. Opera di Gabriele D’Annunzio

La Gioconda Ho sostato talvolta nelle grotte La Ciociara La cena triste L'ordinamento dei beni e la morale Sulla porta Antico Inseguimento dell'estraneo La vecchia ubriaca A vortice s’abbatte Scapataggini Vorrei essere ciò Sul muro grafito Upupa Canto che amaviLa Gioconda. Opera di Gabriele D’Annunzio

La Gioconda è una tragedia in quattro atti del 1898, opera di Gabriele D’Annunzio.

La prima rappresentazione avviene al teatro Bellini di Palermo il 15 aprile del 1899 con la collaborazione lavorativa tra Eleonora Duse ed Ermete Zacconi (rispettivamente nei protagonisti principali di Silvia Settala e Lucio Settala).

Ambientata in Toscana, tra Firenze e la marina di Pisa, luoghi molto amati dal poeta pescarese, la tragedia ruoto intorno al dramma interiore vissuto dallo scultore Lucio Settala che lo porta ad un tentativo di suicidio, salvato dalla (amorevole) moglie Silvia Settala. Tale dramma scaturisce dalla incapacità di interrompere la relazione extraconiugale con la sua musa-modella, Gioconda.

Messo in disparte l’uomo (insofferente nello stile dannunziano) la scena si concentra sul confronto (più che realistico) tra l’amante e la moglie, con la vittoria della prima e il sacrificio della seconda: Silvia perde le sue belle mani che tanto hanno contribuito a salvare e a curare l’amato marito dal tentativo di suicidio.

D’altronde, celebre è la frase

“la poesia è la realtà assoluta. Quanto più una cosa è poetica, tanto più è reale”.

D’Annunzio scrive La Gioconda ispirandosi ad Eleonora Duse.

Eleonora Duse (Vigevano, 3 Ottobre 1858 – Pittsburgh, 21 Aprile 1924) è stata la più famosa e popolare attrice teatrale italiana del Diciannovesimo Secolo, nota anche per la sua relazione sentimentale con Gabriele D’Annunzio che per lei scrive le opere Il sogno di un mattino di primavera, La Gioconda, Francesca da Rimini, La città morta, e, infine,  La figlia di Iorio.

Una relazione impetuosa e passionale, piena di trasporto e al contempo di avversione della bella attrice nei confronti di colui che apostrofa come il “Poeta infernale”.

La loro relazione si chiude con gran dolore racchiuso in quella celebre frase dell’attrice:

“Gli perdono di avermi sfruttata, rovinata, umiliata. Gli perdono tutto, perché ho amato.”

Eleonora Duse muore a Pittsburgh durante una tournèe negli Stati Uniti D’America il 21 Aprile 1924.

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