Luna di miele da incubo
La luna di miele da incubo porta al risarcimento del danno non patrimoniale da vacanza rovinata.
Ciò è quanto stabilito dalla giurisprudenza di legittimità e di merito.
La questione centrale è se, nell’ipotesi di inadempimento o inesatta esecuzione del contratto rientrante nella disciplina che regola, in adempimento della direttiva n. 90/314/CEE, i “pacchetti turistici” (contenuta nel d.lgs. n. 111 del 1995, rilevante ratione temporis, poi riprodotta, senza modificazioni, per la parte di interesse, nel d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, “Codice di consumo”), il danno non patrimoniale da vacanza rovinata, in senso stretto, quale pregiudizio conseguente alla lesione dell’interesse del turista di godere pienamente del viaggio organizzato come occasione di piacere e di riposo, e quindi, quando non vengano in rilievo lesioni all’integrità psicofisica tutelate dall’art. 32 Cost., sia risarcibile, ex art. 2059 cod. civ., che, secondo l’interpretazione della giurisprudenza di legittimità, stante il carattere tipico della tutela di interessi non connotati da rilevanza economica, necessita di una fonte normativa ordinaria espressa, o del fondamento costituzionale, in riferimento ai diritti inviolabili della persona (art. 2 Cost., 4, 13, 29, 30), e al diritto alla salute (art. 32 Cost.), o di una fonte comunitaria, in ragione della prevalenza del diritto comunitario su quello interno (Sez. Un. 11 novembre 2008, n. 26972).
La giurisprudenza di legittimità ha già ritenuto la legittimità di tale danno non patrimoniale.
Ha individuato il fondamento, “non nella generale previsione dell’art. 2 Cost., ma proprio nella cosiddetta vacanza rovinata (come legislativamente disciplinata)” (Cass. 4 marzo 2010, n. 5189). Da ultimo (Cass. 20 marzo 2012, n. 4372) ha cassato una decisione che lo aveva negato, affermando che la risarcibilità di tale danno “è prevista dalla legge, oltre che costantemente predicata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea”. In effetti, la legislazione di settore concernente i “pacchetti turistici”, emanata in attuazione della normativa comunitaria di tutela del consumatore, nell’ambito dell’obiettivo dell’avvicinamento delle legislazioni degli Stati membri della Comunità Europea, come interpretata dalla Corte di Giustizia CE, ha reso rilevante l’interesse del turista al pieno godimento del viaggio organizzato, come occasione di piacere o riposo, prevedendo il risarcimento dei pregiudizi non patrimoniali (disagio psicofisico che si accompagna alla mancata realizzazione in tutto o in parte della vacanza programmata) subiti per effetto dell’inadempimento contrattuale.
La Corte di Giustizia, già nel 2002 (sentenza 12 marzo 2002, n. 168), pronunciandosi in via pregiudiziale sull’interpretazione dell’art. 5 della direttiva n. 90/314/CEE, ha affermato che il suddetto articolo “deve essere interpretato nel senso che in linea di principio il consumatore ha diritto al risarcimento del danno morale derivante dall’inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in occasione di un viaggio tutto compreso”, mettendo in evidenza che nel settore dei viaggi turistici si segnalano spesso “danni diversi da quelli corporali”, “al di là dell’indennizzo delle sofferenze fisiche” e che “tutti gli ordinamenti giuridici moderni [riconoscono]..un’importanza sempre maggiore alle vacanze”.
Alla luce di tale pronuncia, la dottrina e la giurisprudenza di merito, hanno letto le espressioni generiche contenute nel d.lgs. n. 111 del 1995 (artt. 13 e 14) come comprensive anche del danno non patrimoniale. Oggi, in una visione d’insieme, il Codice del turismo (d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79, emanato in attuazione della direttiva 2008/122/CE,), prevede espressamente (art. 47) il danno da vacanza rovinata per il caso di inadempimento o inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico. In particolare, si prevede che, qualora l’inadempimento “non sia di scarsa importanza ai sensi dell’art. 1455 del codice civile, il turista può chiedere, oltre e indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all’irripetibilità dell’occasione perduta”.
Questione collegata sul presupposto che, in ipotesi di inadempimento integrante la risoluzione del contratto la gravità della lesione è implicita, è se, nel caso di inesatta esecuzione del contratto, la lesione dell’interesse alla vacanza contrattualmente pattuita, che trova riconoscimento nella disciplina normativa del pacchetto turistico, posta a tutela del consumatore, debba o meno avere il carattere della gravità, nel senso che l’offesa di tale interesse, per essere risarcibile, debba superare una soglia minima di tollerabilità. In linea di principio, a stretto rigore normativo, la risposta non può non essere negativa. Limiti non emergono né dalla lettera normativa, né dall’interpretazione fornitane dalla Cotte di Giustizia. Tuttavia si ritiene che limiti discendano sempre dall’art. 2 Cost.
In riferimento ai diritti inviolabili della persona, la necessità della gravità della lesione dell’interesse, che per essere risarcibile deve superare una soglia minima di tollerabilità, trova fondamento nel dovere di solidarietà, di cui all’art. 2 Cost., che impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza (Sez. Un. n. 26972 del 2008), e, quindi, in riferimento al rapporto tra singolo individuo e singoli, ma indifferenziati, individui componenti la società civile.
In riferimento al diritto alla vacanza contrattualmente pattuita, invece, la necessità della gravità della lesione dell’interesse e il superamento di una soglia minima di tollerabilità, trova fondamento nella sempre più accentuata valorizzazione della regola di correttezza e buona fede oggettiva, cioè della reciproca lealtà di condotta, che (secondo gli orientamenti attuali di dottrina e giurisprudenza, es. Sez. Un. 15 novembre 2007, n. 23726), accompagna il contratto in ogni sua fase; regola specificativa – nel contesto del rapporto obbligatorio tra soggetti determinati – degli inderogabili doveri di solidarietà, di cui all’art. 2 Cost., e la cui violazione può essere indice rivelatore dell’abuso del diritto, nella elaborazione teorica e giurisprudenziale.
La richiesta di risarcimento di danni non patrimoniali per disagi e fastidi da qualificarsi minimi, avuto presente la causa in concreto del contratto, contrasterebbe con i principi di correttezza e buona fede e di contemperamento dei contrapposti interessi contrattualmente pattuiti, e costituirebbe un abuso, in danno del debitore, della tutela accordata al consumatore/creditore. In mancanza di delimitazioni normative, spetta al giudice del merito – salvo il controllo di legittimità in ordine alla logicità della motivazione – individuare il superamento o meno di tale soglia, avuto riguardo alla causa in concreto – costituita dalla “finalità turistica”, che qualifica il contratto “determinando l’essenzialità di tutte le attività e dei servizi strumentali alla realizzazione del preminente scopo vacanziero” (Cass. 24 luglio 2007, n. 16315) – emergente dal complessivo assetto contrattuale, e considerando l’autonoma valutabilità dell’interesse allo svago e riposo rispetto al danno patrimoniale subito, atteso che il primo, a seconda del peso della prestazione contrattuale non adempiuta, può ben superare il secondo e non può appiattirsi su questo.
Nel caso di “luna di miele da incubo” il giudizio sul superamento della soglia minima di lesione è implicito nella sua irripetibilità.
Corte di Cassazione, Sezione III Civile, sentenza 8 febbraio – 11 maggio 2012, n. 7256