La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento si sofferma ad analizzare la sussistenza o meno del reato di diffamazione nell’ ipotesi di invio di missiva denigratoria da un ordine professionale.
Ed invero il tema portato all’ attenzione della Suprema Corte di Cassazione si inserisce all’interno di un ormai consolidato alveo giurisprudenziale.
Come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, integra il reato di diffamazione la condotta di colui che invii una missiva denigratoria ad un ordine professionale.
In tal caso sussiste, infatti, il requisito della comunicazione con più persone, considerato che la destinazione alla divulgazione può trovare il suo fondamento oltre che nella esplicita volontà del mittente autore, anche nella natura stessa della comunicazione, in quanto propulsiva di un determinato procedimento (giudiziario, amministrativo, disciplinare) che deve essere portato a conoscenza di altre persone, diverse dall’ immediato destinatario, sempre che l’autore della missiva denigratoria prevedesse o volesse la circostanza che il contenuto relativo sarebbe stato reso noto a terzi.
Né in tal caso può ricorrere l’esimente del diritto di critica, il quale sussiste solo allorché i fatti esposti siano veri o quanto meno l’accusatore sia fermamente e incolpevolmente, ancorché erroneamente, convinto della loro veridicità.
La scriminante dell’ esercizio del diritto di critica evidenzia che “per sua natura il diritto di critica non può che essere fondato su un’interpretazione necessariamente soggettiva dei fatti o comportamenti“. Quel che rileva, infatti, come si è detto, è che i fatti esposti siano veri o, quanto meno, che l’accusatore sia, senza colpa, convinto della loro veridicità.
Infine, con riguardo al tema della continenza delle espressioni utilizzate, che va sempre tenuto presente in materia di esercizio del diritto di critica, occorre rilevare che il limite della continenza nel diritto di critica è superato in presenza di espressioni che, in quanto gravemente infamanti e inutilmente umilianti, trasmodino in una mera aggressione verbale del soggetto criticato.
Pertanto il delitto di diffamazione può escludersi solo quando sono stati rispettati i limiti connaturati al diritto di critica, ex art. 51 C.p., ed, in particolare, quando, attraverso un esposto indirizzato ad un ordine professionale, si esprimano dubbi e perplessità sulla correttezza professionale di un appartenente all’ ordine stesso, preordinati ad ottenere il controllo di eventuali violazioni delle regole deontologiche.
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 5 n. 33289 del 2016