Il reato di Molestia o disturbo alle persone è disciplinato dall’art. 660 C.p., secondo cui Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516.
Si tratta di una norma che intende tutelare l’ordine pubblico, ovvero tutelare la tranquillità pubblica ed indirettamente alla tutela della sfera della vita privata.
Trattandosi di una condotta a forma libera, è necessario valutare tutti gli elementi costitutivi del reato ex art. 660 C.p., rilevanti sia sotto il profilo dell’elemento oggettivo sia sotto il profilo dell’elemento soggettivo. Invero sotto il profilo oggettivo il reato de quo implica che l’agente rechi molestia o disturbo “in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo …” ove per petulanza si intende “un atteggiamento di arrogante invadenza e di intromissione continua ed inopportuna nell’altrui sfera di libertà” (ex multis Cass., n. 7993/2021) mentre per altro biasimevole motivo si intende ogni altro movente riprovevole.
Sotto il profilo dell’elemento soggettivo è invece richiesto il dolo specifico ovvero la cosciente volontà di porre in essere contestata di “invadenza nella sfera di tranquillità della vittima tanto da provocare una alterazione del proprio equilibrio fisico o psichico“.
Sul punto cit. Corte di Cassazione, Sez. I, n. 15553 del 2018, ove nel caso di specie, veniva contestato all’imputato la trasmissione di lettere anonime, che venivano depositate nella cassetta delle lettere della vittima. Ne deriva che l’azione perturbatrice dell’imputato non si concretizzava in un luogo pubblico o aperto al pubblico, né veniva arrecata mediante l’uso del telefono, con la conseguenza di rendere privi di rilievo penale i comportamenti emulativi dell’imputato e insussistente la fattispecie oggetto di contestazione, così come prefigurata dalla giurisprudenza di legittimità consolidata (Cass., Sez. 1, n. 30294 del 24/06/2011; Cass., Sez. 1, n. 26303 del 06/05/2004).