Omessa notifica del decreto penale di condanna all’imputato
Nel caso di specie il ricorrente eccepisce la nullità assoluta degli atti processuali per l’omessa notifica del decreto penale di condanna nei confronti dell’imputato. Solo il difensore ha ricevuto la notifica del decreto penale di condanna e ha presentato l’opposizione, senza che l’imputato ne fosse a conoscenza, non avendo mai ricevuto la notifica del decreto.
Il Tribunale ha rigettato l’eccezione ritenendo che l’omessa notifica del decreto penale di condanna concretizzi una nullità di ordine generale sanata dalla presentazione dell’opposizione che, però, non avrebbe contenuto alcuna eccezione di nullità. Secondo il ricorrente, l’art. 179, comma 1, cod. proc. pen., quando contempla tra le nullità assolute quelle derivanti dall’omessa citazione dell’imputato, farebbe riferimento ad un concetto di citazione inteso quale informazione dell’imputato per la partecipazione cosciente ad attività fondamentali del procedimento. Tale interpretazione sarebbe più coerente con i principi convenzionali e costituzionali e risulterebbe più adeguata proprio nel caso del decreto penale di condanna, la cui notifica costituisce il primo atto con cui l’imputato viene a conoscenza del procedimento e dell’accusa a suo carico, degli elementi che la sostengono e della facoltà difensive a lui riconosciute.
Tale interpretazione sarebbe avvalorata dall’art. 460, comma 4, cod. proc. pen. che prevede la revoca del decreto e la trasmissione degli atti ai Pubblico Ministero, in caso di irreperibilità dell’imputato. Poiché l’imputato non aveva conoscenza del decreto, il giudice avrebbe dovuto revocarlo e trasmettere gli atti al Pubblico Ministero, così correttamente applicando tale norma.
Questi argomenti sarebbero validi anche nel caso in cui si accedesse alla tesi della nullità a regime intermedio, non essendo condivisibile la tesi adottata dal Tribunale della sanatoria ex art. 183 cod. proc. pen. che equipara l’atto di opposizione ad un atto di impugnazione. L’atto di opposizione avverso al decreto penale di condanna non sarebbe equiparabile ad un atto di impugnazione, perché, diversamente da quanto avviene nel caso in cui l’imputato si trovi di fronte ad un atto di impugnazione, nel caso di opposizione avverso il decreto penale di condanna l’imputato ha la possibilità di prendere varie decisioni: presentare opposizione con richiesta di giudizio immediato, chiedere la definizione riti alternativi, l’oblazione ed altri istituti.
Secondo al Corte di legittimità per le nullità e le inutilizzabilità vige il principio di tassatività.
L’art. 177 cod. proc. pen., prevede che «L’inosservanza delle disposizioni stabilite per gli atti del procedimento è causa di nullità soltanto nei casi previsti dalla legge».
Quanto all’inutilizzabilità, la legge delega n. 81 del 16 febbraio 1987 impose la «previsione espressa sia delle cause di invalidità degli atti che delle conseguenti sanzioni processuali». Vi sono, infatti, norme processuali la cui violazione non comporta alcuna sanzione.
Ai sensi dell’art. 179 cod. proc. pen. sono nullità assolute, insanabili e rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del processo, solo quelle previste dall’art. 178, comma 1, lett. a), cod. proc. pen.: quelle concernenti l’iniziativa del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale, quelle derivanti dall’omessa citazione dell’imputato o dall’assenza del suo difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza, o quelle definite assolute da specifiche disposizioni di legge.
La tesi difensiva, che equipara la notifica del decreto penale di condanna all’omessa citazione dell’imputato, è manifestamente infondata perché in antitesi al principio di tassatività delle nullità; è, altresì, contraria al costante orientamento della giurisprudenza.
Il decreto penale di condanna non costituisce la citazione dell’imputato al processo ma è, appunto, una condanna in un procedimento a contraddittorio differito.
La condanna si evita mediante l’opposizione, che apre la fase del giudizio, mediante l’emissione del decreto di giudizio immediato o del decreto di citazione a giudizio, nei casi di procedimenti per i quali è prevista la citazione diretta.
Di conseguenza, la giurisprudenza ha affermato che l’omessa notificazione del decreto penale di condanna all’imputato integra una nullità di ordine generale, la quale è sanata dall’opposizione presentata dal difensore di fiducia che non denunci l’omissione, sì da far ritenere che la parte abbia accettato gli effetti dell’atto (Cfr. Sez. 5, n. 43757 del 21/09/2010).
In motivazione, la Corte di cassazione ha chiarito che in relazione all’omessa notifica del decreto penale di condanna avverso cui è proposta opposizione opera una duplice sanatoria: ex art. 183, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. poiché la parte, mediante l’opposizione presentata dal difensore, ha dimostrato di aver accettato gli effetti dell’atto nullo, nonché ex art. 183, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. poiché, stante l’equiparazione dell’opposizione ad un mezzo di impugnazione e l’unicità del diritto di impugnazione, l’avvenuta presentazione dell’opposizione da parte del difensore di fiducia fa sì che la parte si sia avvalsa della facoltà cui era preordinato l’atto nullo.
La successiva giurisprudenza ha ritenuto che anche l’omessa notifica del decreto penale di condanna al difensore sia sanata dalla presentazione dell’opposizione che non è soggetta, in tal caso, all’osservanza del termine previsto dall’art. 461 cod. proc. pen. (così Sez. 4, n. 16611 del 24/01/2019).
Anche per Sez. 3, n. 22768 del 11/04/2018, in tema di decreto penale di condanna, l’omessa notifica al difensore è sanata dalla presentazione dell’opposizione e quest’ultima non è soggetta all’osservanza del termine previsto dall’art. 461 cod. proc. pen.
Nel caso in esame il decreto penale di condanna era stato notificato al difensore di fiducia il quale ha presentato l’opposizione.
L’opposizione risulta presentata dall’imputato tramite il suo difensore: ai sensi dell’art. 461 cod. proc. pen. l’opposizione si presenta personalmente o a mezzo del difensore di fiducia, come avvenuto.
Come affermato dalla sentenza n. 16611 del 24/01/2019, l’art. 460, comma 3, cod. proc. pen., in attuazione dei principi del «giusto processo», ha introdotto l’obbligo di notifica del decreto penale di condanna al difensore di fiducia, se nominato, o a quello d’ufficio, con lo scopo di assicurare all’imputato una difesa tecnicamente qualificata che possa indicargli le possibili opzioni processuali, fra cui rientra ovviamente quella dell’opposizione al decreto.
Dunque, è del tutto irrilevante che al momento della proposizione dell’opposizione il decreto penale di condanna non fosse stato ancora notificato all’imputato, avendo quest’ultimo a mezzo del difensore di fiducia, che ne aveva il potere, non occorrendo la procura speciale, proposto l’opposizione, così rinunciando ai riti alternativi ed alle ulteriori facoltà concesse dalla legge.
A prescindere dalla correttezza o meno della qualificazione dell’opposizione al decreto penale di condanna quale impugnazione, la presentazione dell’opposizione è stata il frutto di una scelta difensiva specifica e voluta, non necessitata dalla scadenza dei termini perché l’assenza della notifica del decreto penale di condanna all’imputato avrebbe determinato che i termini per proporre opposizione e per la richiesta di accedere ai riti alternativi non sarebbero decorsi.
Pertanto, la scelta di proporre l’opposizione ex art. 461 cod. proc. pen., da parte del difensore di fiducia, a ciò legittimato dalla nomina, senza la richiesta di accesso a riti alternativi e prima ancora che fossero decorsi i termini per proporla, è il frutto della linea difensiva che ha determinato la conseguenza processuale della preclusione all’accesso a tali riti o all’uso di altri strumenti processuali definitori.
Va, altresì, rilevato che l’imputato, pur avendo ricevuto personalmente la citazione a giudizio, contenente, come risulta dagli atti, la richiesta di decreto penale di condanna, e dovendo ritenersi di conseguenza a conoscenza dell’opposizione presentata dal proprio difensore di fiducia, non ha mai manifestato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, la volontà di accedere ai riti alternativi, di richiedere l’oblazione o la sospensione del processo per la messa alla prova, o di essere rimesso in termini per l’esercizio di tali diritti; né ha dedotto che il termine per proporre l’opposizione, esclusivamente finalizzata alla richiesta di riti alternativi o procedure estintive, non fosse mai decorso.
Ciò conferma che l’opposizione al decreto penale di condanna è stata presentata nel suo interesse e che egli ha aderito a tale scelta difensiva, accettando gli effetti dell’atto, non avendo mai manifestato una volontà contraria, pur essendo stato messo a conoscenza formalmente della vocatio in iudicium dopo la richiesta del Pubblico ministero di decreto penale di condanna.
Corte di Cassazione Sez. 3 n. 6330 del 15/02/2023