Rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena e detenzione domiciliare
L’esecuzione di una pena può essere differita:
1) se è presentata domanda di grazia, e l’esecuzione della pena non deve essere differita a norma dell’articolo precedente;
2) se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita contro chi si trova in condizioni di grave infermità fisica;
3) se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita nei confronti di madre di prole di età inferiore a tre anni.
Il differimento facoltativo dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica ai sensi dell’art. 147, comma 1, n. 2, cod. pen. e la detenzione domiciliare ex art. 47-ter, comma 1-ter, legge 26 luglio 1975, n. 354 si fondano sul principio costituzionale di uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge senza distinzione di condizioni personali (art. 3 Cost.), su quello secondo cui le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato (art. 27 Cost.) e, infine, su quello secondo il quale la salute è un diritto fondamentale dell’individuo (art. 32 Cost.).
Il giudice, quindi, al cospetto di una richiesta di differimento dell’esecuzione della pena — o di sua esecuzione nelle forme della detenzione domiciliare — per grave infermità fisica, è tenuto a valutare se le condizioni di salute del condannato, oggetto di specifico e rigoroso esame, possano essere adeguatamente assicurate all’interno dell’istituto penitenziar o o, comunque, in centri clinici penitenziari e se esse siano o meno compatibili con le finalità rieducative della pena, con un trattamento rispettoso del senso di umanità, tenuto conto anche della durata del trattamento e dell’età del detenuto, a loro volta soggette ad un’analisi comparativa con la pericolosità sociale del condannato (Cass., Sez. 1, n. 53166 del 17/10/2018).
In questo senso è, del resto, univocamente attestata la giurisprudenza di legittimità, ferma nel ritenere che «In tema di differimento facoltativo della pena detentiva, ai sensi dell’art. 147 cod. pen., comma primo, n. 2), è necessario che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave, cioè tale da porre in pericolo la vita o da provocare rilevanti conseguenze dannose e, comunque, da esigere un trattamento che non si possa facilmente attuare nello stato di detenzione, operando un bilanciamento tra l’interesse del condannato ad essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività (Cass., Sez. 1, n. 2337 del 13/11/2020; Sez. 1, n. 789 del 18/12/2013)».
La decisione deve essere frutto, allora, dell’equilibrato contemperamento di interessi tra le esigenze di certezza ed indefettibilità della pena e la salvaguardia del diritto alla salute e ad un’esecuzione penale rispettosa dei criteri di umanità, che non consente il mantenimento della restrizione carceraria che finisca con il rappresentare una sofferenza aggiuntiva intollerabile da vivere in condizioni umane degradanti (in questo senso cfr. tra le altre, Cass., Sez. 1, n. 3262 del 01/12/2015, dep. 2016), dovendosi tenere conto tanto dell’astratta idoneità dei presidi sanitari e terapeutici disponibili quanto della concreta adeguatezza della possibilità di cura ed assistenza che, nella situazione specifica, è possibile assicurare al condannato, valutando anche le possibili ripercussioni del mantenimento del regime carcerario in termini di aggravamento del quadro clinico (Cass., Sez. 1, n. 37062 del 09/04/2018).
Per quanto concerne, poi, i criteri che presiedono, in presenza delle condizioni di legge, alla scelta tra il differimento della pena e la sua esecuzione nelle forme della detenzione domiciliare, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito — in assenza di specifica indicazione normativa e sul postulato della sussistenza, in capo all’organo decidente, di un’ampia discrezionalità — che «il giudice che abbia riconosciuto la sussistenza del presupposto dell’incompatibilità con il carcere delle condizioni di salute del detenuto può disporre la detenzione domiciliare di quest’ultimo in luogo del rinvio dell’esecuzione della pena, chiesto in via principale, solo ove ritenga che l’esigenza di contenere la sua residua pericolosità con un presidio detentivo sia prevalente rispetto a quella di tutela della salute» (Cass., Sez. 1, n. 21355 del 01/04/2021).
Corte di Cassazione Sez. 1 n. 45974, del 05/12/2022