Valutazione della lieve entità del fatto. Sostanze stupefacenti o psicotrope
Come avviene la valutazione della lieve entità del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309?
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329“.
Per consolidata giurisprudenza, il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, può essere riconosciuto solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (Cass., Sez. U., n. 35737 del 24/06/2010; Cass., Sez. U., n.17 del 21/06/2000).
Anche la più recente pronuncia resa da Cass., Sez. U., n. 51063 27/09/2018 ha fatto applicazione di tali principi, affermando che la diversità di sostanze stupefacenti oggetto della condotta non è di per sé ostativa alla configurabilità del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, in quanto l’accertamento della lieve entità del fatto implica una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta, selezionati in relazione a tutti gli indici sintomatici previsti dalla disposizione.
Sulla base di tali coordinate ermeneutiche, è agevole concludere nel senso che la valutazione della lieve entità del fatto va compiuta sulla base di un giudizio complessivo della condotta, rispetto alla quale i dati qualitativi e ponderali della sostanza stupefacente costituiscono un elemento dirimente solo ove di per sé incompatibili con la minima offensività della condotta.
Nel caso di specie, l’imputato è stato trovato in possesso di un quantitativo di sostanza stupefacente assolutamente minimo, né sono stati evidenziati elementi ulteriori idonei ad escludere l’applicabilità dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. L’imputato risulta, infatti, incensurato e non sono state addotte circostanze di fatto che consentano di ritenere uno stabile inserimento dello stesso nell’attività di spaccio. In definitiva, la Corte di merito ha espresso un giudizio di gravità slegato dai dati di fatto, sminuendo l’unico dato obiettivo consistente nel modesto quantitativo di stupefacente detenuto dall’imputato. Quanto detto comporta la derubricazione del fatto contestato nell’ipotesi di cui all’art.73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Corte di Cassazione, Sez. 6, n. 2595 del 20.01.2023