Obbligazione assunta da un coniuge. Lavori di ristrutturazione della casa familiare
Costituisce principio reiteratamente ribadito nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui (cfr. Cass. n. 6118/1990) nella disciplina del diritto di famiglia, introdotta dalla L. 19 maggio 1975, n. 151, l’obbligazione assunta da un coniuge, per soddisfare bisogni familiari, non pone l’altro coniuge nella veste di debitore solidale, difettando una deroga rispetto alla regola generale secondo cui il contratto non produce effetti rispetto ai terzi, ed operando tale principio indipendentemente dal fatto che i coniugi si trovino in regime di comunione dei beni, essendo la circostanza rilevante solo sotto il diverso profilo dell’invocabilità da parte del creditore della garanzia dei beni della comunione o del coniuge non stipulante, nei casi e nei limiti di cui agli artt. 189 e 190 c.c. (conf. Cass. n. 3471/2007).
Con la sola eccezione dei debiti contratti da un singolo coniuge al fine del soddisfacimento dei bisogni primari dei figli, per i quali si ritiene operante la solidarietà tra entrambi i coniugi (cfr. Cass. n. 25026/2008), resta fermo il principio per cui dell’obbligazione risponde solo quello tra i coniugi che l’ha contratta.
Trattasi di piana applicazione del principio per cui (cfr. anche Cass. n. 3407/2007) la disciplina del diritto di famiglia, introdotta dalla L. 19 maggio 1975, n. 151, non contiene alcuna deroga rispetto alla regola generale secondo cui il contratto non produce effetti rispetto ai terzi.
E’ però in ipotesi consentito estendere la qualità di parte anche al coniuge che non abbia direttamente concluso il contratto ma nell’ipotesi in cui (cfr. Cass. n. 5063/1992) sovvenga l’apparenza del diritto, e cioè allorquando vi siano circostanze idonee ad indurre nel ragionevole convincimento della stipulazione del contratto anche in rappresentanza di detto altro coniuge, e, non essendo però sufficiente la sola sussistenza del rapporto coniugale e l’indicata destinazione del bene compravenduto (in termini si veda anche Cass. n. 7501/1995, che ricorda come accanto all’apparenza possa supportare la responsabilità solidale solo il conferimento, in forma espressa o tacita, una procura a rappresentarlo).
E’ stato quindi ribadito il principio ora esposto pervenendosi alla conferma della sentenza di merito che, relativamente al contratto stipulato dalla resistente con un artigiano per un trasloco, aveva escluso la sussistenza di un obbligo del marito, non essendo emerso né che la moglie avesse assunto l’obbligazione in nome del coniuge, né che la stessa avesse da lui ricevuto mandato, né che sussistesse una situazione di apparenza giuridica che facesse ritenere che ella operasse per conto del marito, né infine che fosse emersa una responsabilità del coniuge ai sensi degli artt. 143 e 144 c.c. per obbligazioni relative all’indirizzo concordato (così Cass. n. 19947/2004).
Viceversa, è stata affermata la responsabilità solidale per il credito vantato dalla collaboratrice domestica assunta dalla moglie, da cui promanavano le quotidiane direttive del servizio, anche in capo al marito, datore della provvista in danaro ordinariamente utilizzata per la corresponsione della retribuzione sì da ingenerare l’affidamento di essere l’effettivo datore di lavoro. (così Cass. n. 10116/2015).
Nel caso di specie venivano commissionati da uno degli ex coniugi, il marito, dei lavori di ristrutturazione nella casa coniugale, di proprietà esclusiva della moglie, in tal senso occorre capire se tali lavori vincolano uno o entrambi gli ex coniugi, in via solidale, al pagamento della ditta appaltatrice (?).
Tuttavia, una volta esclusa, per quanto sopra ricordato, la possibilità di fondare una solidarietà per la sola destinazione del bene al soddisfacimento dei bisogni familiari (e nella specie quindi non può assurgere ad elemento determinante la circostanza che l’abitazione, sebbene di proprietà esclusiva della moglie, fosse adibita a casa familiare, ben potendo anche il coniuge non proprietario farsi carico degli obblighi manutentivi in vista del soddisfacimento dei bisogni del nucleo familiare), è la stessa destinazione a casa familiare che legittimava la presenza della moglie durante l’esecuzione dei lavori, di tal che tale circostanza non risulta connotata da elementi di significatività tali da legittimare un’apparenza circa l’assunzione della qualità di committente anche da parte sua.
Corte di Cassazione Civile n. 37612 del 30/11/2021