Revisione dell’assegno divorzile. Nuova convivenza more uxorio
Qualora sopravvengano giustificati motivi dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, in camera di consiglio e, per i provvedimenti relativi ai figli, con la partecipazione del pubblico ministero, può, su istanza di parte, disporre la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli e di quelle relative alla misura e alle modalità dei contributi da corrispondere ai sensi degli articoli 5 e 6.
Secondo l’orientamento della Corte di legittimità il giudice richiesto della revisione dell’assegno divorzile che incida sulla stessa spettanza del relativo diritto (precedentemente riconosciuto), in ragione della sopravvenienza di giustificati motivi dopo la sentenza che abbia pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, deve verificare se tali motivi giustifichino, o meno, la negazione del diritto all’assegno a causa della sopraggiunta “indipendenza o autosufficienza economica” dell’ex coniuge beneficiario, desunta da una serie di indici, tra i quali ben può essere ricompresa anche una stabile convivenza more uxorio. Il tutto sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte dall’ex coniuge obbligato, sul quale incombe il corrispondente onere probatorio, fermo il diritto all’eccezione e alla prova contraria dell’ex coniuge beneficiario (Cass. n. 15481/2017).
La Corte di legittimità ha altresì chiarito, in tema di revisione dell’assegno divorzile, ai sensi dell’art. 9 della Legge n. 898 del 1970, che il mutamento sopravvenuto delle condizioni patrimoniali delle parti attiene agli elementi di fatto e rappresenta il presupposto necessario che deve essere accertato dal giudice perchè possa procedersi al giudizio di revisione dell’assegno, da rendersi, poi, in applicazione dei principi giurisprudenziali attuali. Ne consegue che consentire l’accesso al rimedio della revisione attribuendo alla formula dei “giustificati motivi” un significato che includa la sopravvenienza di tutti quei motivi che possano far sorgere un interesse ad agire per conseguire la modifica dell’assegno, ricomprendendo tra essi anche una diversa interpretazione delle norme applicabili avvallata dal diritto vivente giurisprudenziale, è opzione esegetica non percorribile poichè non considera che la funzione della giurisprudenza è ricognitiva dell’esistenza e del contenuto della “regola iuris“, non già creativa della stessa (Cass., n. 1119/2020)
Corte di Cassazione civile ordinanza n. 1983 del 2022