Riservatezza tra cronaca, critica e satira

riservatezzaAtteso che ogni libertà civile trova il proprio limite nell’altrui libertà e nell’interesse pubblico idoneo a fondare l’eventuale sacrificio dell’interesse del singolo, deve anzitutto osservarsi che la tutela del diritto alla riservatezza va contemperata in particolare con il diritto di ed alla informazione, nonché con i diritti di cronaca, di critica, di satira e di caricatura, questi ultimi trovanti a loro volta limite nel diritto all’identità personale o morale del soggetto cui l’informazione si riferisce.

Il diritto alla riservatezza, che tutela il soggetto dalla curiosità pubblica, essendo volto a tutelare l’esigenza che quand’anche rispondenti a verità i fatti della vita privata non vengano divulgati, sin dall’emanazione della Legge n. 675 del 1996 ( poi abrogata e sostituita dal D.lgs. n. 196 del 2003 ) ha visto ampliarsi il proprio contenuto venendo a compendiarsi anche del diritto alla protezione dei dati personali, il cui trattamento è soggetto a particolari condizioni.

Con il D.lgs. n. 196 del 2003 il legislatore ha introdotto un sistema informato al prioritario rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali e della dignità della persona, e in particolare della riservatezza e del diritto alla protezione dei dati personali nonché dell’identità personale o morale del soggetto.

In tale quadro, assume rilievo il bilanciamento tra contrapposti diritti e libertà fondamentali, dovendo al riguardo tenersi conto del rango di diritto fondamentale assunto dal diritto alla protezione dei dati personali, tutelato agli artt. 21 e 2 Cost. nonché all’art. 8 Carta dei diritti fondamentali dell’ Unione Europea, quale diritto a mantenere il controllo sulle proprie informazioni che, spettando a “chiunque” ( art. 1 D.lgs. n. 196 del 2003 ) e ad “ogni persona” ( art. 8 Carta ), nei diversi contesti ed  ambienti di vita, “concorre a delineare l’assetto di una società rispettosa dell’altro e della sua dignità in condizioni di eguaglianza”.

Il D.lgs. n. 196 del 2003 ha pertanto sancito il passaggio da una concezione statica a una concezione dinamica della tutela della riservatezza, tesa al controllo dell’utilizzo e del destino dei dati.

L’interessato è divenuto compartecipe nell’utilizzazione dei propri dati personali. I dati personali oggetto di trattamento debbono essere: a) trattati in modo lecito e secondo correttezza; b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi; c) esatti e, se necessario, aggiornati; d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati; e) conservati in una forma che consenta l’identificazione dell’interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati.

La liceità del trattamento trova fondamento anche nella finalità del medesimo, quest’ultima costituendo un vero e proprio limite intrinseco del trattamento lecito dei dati personali, che fonda l’attribuzione all’interessato del potere di relativo controllo. L’interessato ha diritto a che l’informazione oggetto di trattamento risponda ai criteri di proporzionalità, necessità, pertinenza allo scopo, esattezza e coerenza con la sua attuale ed effettiva identità personale o morale ( c.d. principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza ). Gli è pertanto attribuito il diritto di conoscere in ogni momento chi possiede i suoi dati personali e come li adopera, nonché di opporsi al trattamento dei medesimi, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta, ovvero di ingerirsi al riguardo, chiedendone la cancellazione, la trasformazione, il blocco, ovvero la rettificazione, l’aggiornamento, l’integrazione (art. 7 D.lgs. n. 196/2003).

Al di là delle specifiche fonti normative, è in ogni caso il principio di correttezza (quale generale principio di solidarietà sociale, che trova applicazione anche in tema di responsabilità extracontrattuale) a fondare in termini generali l’esigenza del bilanciamento in concreto degli interessi, e, conseguentemente, il diritto dell’interessato ad opporsi al trattamento, quand’anche lecito, dei propri dati. Se l’interesse pubblico sotteso al diritto all’informazione ( art. 21 Cost. ) costituisce un limite al diritto fondamentale alla riservatezza ( artt. 21 e 2 Cost. ), al soggetto cui i dati appartengono è correlativamente attribuito il diritto all’oblio, e cioè a che non vengano ulteriormente divulgate notizie che per il trascorrere del tempo risultino ormai dimenticate o ignote alla generalità dei consociati.

Atteso che il trattamento dei dati personali può avere ad oggetto anche dati pubblici o pubblicati, il diritto all’oblio salvaguarda in realtà la proiezione sociale dell’identità personale, l’esigenza del soggetto di essere tutelato dalla divulgazione di informazioni (potenzialmente) lesive in ragione della perdita ( stante il lasso di tempo intercorso dall’accadimento del fatto che costituisce l’oggetto ) di attualità delle stesse, sicché il relativo trattamento viene a risultare non più giustificato ed anzi suscettibile di ostacolare il soggetto nell’esplicazione e nel godimento della propria personalità.

Rispetto all’interesse del soggetto a non vedere ulteriormente divulgate notizie di cronaca che lo riguardano si pone peraltro l’ipotesi che sussista o subentri l’interesse pubblico alla relativa conoscenza o divulgazione per particolari esigenze di carattere storico, didattico, culturale o più in generale deponenti per il persistente interesse sociale riguardo ad esse. Un fatto di cronaca può, a tale stregua, assumere rilevanza quale fatto storico, il che può giustificare la permanenza del dato mediante la conservazione in archivi ( es., archivio storico ).

Ai sensi dell’art. 11, comma 1 lett. b), D.lgs. n. 196 del 2003 i dati raccolti e trattati per una determinata finalità possono essere in effetti successivamente utilizzati per altri scopi, con la prima compatibili. Anche in tale ipotesi essi debbono essere peraltro trattati in modo lecito e secondo correttezza, nonché conservati in forma che consenta l’identificazione del soggetto cui gli stessi appartengono per un periodo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti e trattati.

Corte di Cassazione Civile Sent. Num. 5525 Anno 2012

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